La rivincita di Berlinguer
di Elio Veltri
Bruno Gravagnuolo, su l'Unità
del 19 Settembre, scrive che
Berlinguer avrebbe potuto
portare il Pci al governo, con Craxi
premier, «radicalizzando
la revisione
ideologica
e senza rinunziare
in nulla alla
questione morale»
e a riprova ricorda
una offerta
socialista in
tal senso che, Tatò
prima, e Berlinguer
dopo,
hanno rifiutato.
Dell'offerta di Craxi, fatta tramite
Scalfari, parla Antonio Tatò nel libro
«Caro Berlinguer, note e appunti
riservati di Tatò a Enrico Berlinguer,
19691984». Tatò la commenta
a Berlinguer con sarcasmo e accusa
Craxi di usare un tono «mussolinesco,
minatorio e ricattatorio e gli
chiede di non prenderla nemmeno
in considerazione. La proposta è del
10 marzo 1981, ricco di avvenimenti
poco edificanti che dimostrano
quanto Craxi e il Psi, ormai largamente
«craxizzato», fossero del tutto
inaffidabili.
Le vicende del Psi craxiano, le
ho vissute in prima persona fino al
mese di ottobre del 1981, quando,
insieme a un gruppo di compagni
del comitato centrale, tra i quali ricordo
Codignola, Enriques Agnoletti,
Bassanini, Amendola, Leon, Ballardini,
fummo buttati fuori dal Psi,
con un telegramma di Antonio Natali,
presidente della Commissione
di controllo, inventore del sistema
di tangentopoli, nel quale era scritto:
«In relazione a notizie di stampa
circa la tua adesione a iniziative scissionistiche
sei convocato presso la
sede della Commissione centrale di
controllo per fornire entro le ore 18
di martedì (lo stesso giorno!) tue
spiegazioni ed eventuali smentite».
Alla nostra cacciata reagirono in
molti: Giolitti, Lombardi, De Martino,
Mancini, Bobbio, Bocca. Craxi,
però, sulla questione morale, ragione
prima della nostra opposizione,
non tollerava critiche. Perciò, attaccò
con inaudita violenza e definì gli
oppositori: «piccoli trafficanti, girovaghi
e avventurieri della politica».
Il congresso di Palermo della primavera
del 1981 avvia il controllo
totale di Craxi sul partito, avendo il
segretario chiesto e ottenuto di cambiare
lo statuto e di essere eletto direttamente
dal congresso. Il partito
sembra un altro e chi come me ne
osserva l'andamento dalla presidenza,
si rende conto della mutazione
genetica che ha subito. L'autofinanziamento,
l'anagrafe patrimoniale
dei dirigenti, il Progetto socialista
per l'alternativa del congresso di Torino,
il dibattito culturale di Mondo
Operaio, sono solo ricordi. Vittime
della «modernità» sono la storia socialista,
i suoi valori, i suoi uomini
più rappresentativi. D'ora in poi la
politica ha un solo scopo: rimanere
a tutti i costi al governo e accumulare
denaro e potere, ritenuti strumenti
indispensabili per conquistare la
presidenza del Consiglio.
Appena
terminato il congresso, Forlani, capo
del governo, rende pubbliche le
liste della P2, evitando, su richiesta
di Craxi di farlo prima, perché gli
avrebbe rovinato la festa. Nelle liste
ci sono i nomi di 35 socialisti, alcuni
dei quali il segretario conosceva da
tempo, ma aveva taciuto, perché gli
servivano per stravincere il congresso.
Scoppia lo scandalo, Craxi adotta
la linea morbida e affida il caso
alla Commissione di controllo presieduta
dal fido Natali che di fatto
assolve tutti.
Davanti alla Commissione
Anselmi, nel 1984, Craxi sosterrà
di saperne poco e definirà la
P2 «un elemento del sistema massonico,
non rispettoso delle regole degli
altri ordinamenti, una sorta di
placca di controllo e d'influenza sulle
attività pubbliche con disegni velleitari
e megalomaniaci». Ammette
di avere incontrato Gelli «una sola
volta» e di considerarlo una sorta di
«grand commis, di segretario generale».
Sempre nel 1981 scoppia lo
scandalo del conto protezione e viene
arrestato Calvi, il quale ai giudici
di Milano confessa di avere dato 21
milioni di dollari al Psi. Craxi, a
quel punto, supera se stesso: va alla
Camera, attacca i magistrati di Mila
no e conclude il suo intervento con
queste parole: «Quando si mettono
le manette a finanzieri che rappresentano
in modo diretto o indiretto
i gruppi che contano per quasi la
metà del listino di borsa, è difficile
non prevedere incontrollabili reazioni
psicologiche e varchi aperti per le
correnti speculative».
La campagna
d'estate contro i magistrati che «si
muovono in nome e per conto del
partito comunista» è violenta e anticipa
di molti anni, anche nelle parole,
oltre che nelle argomentazioni, le
campagne berlusconiane.
Il 1983, atto
di nascita del governo Craxi, è
segnato dagli scandali di Torino e
Savona, che mettono in evidenza la
corruzione galoppante nel partito.
A Torino si vuole mandare a casa il
sindaco Novelli, difeso in piazza da
Berlinguer, perché ha consigliato
agli imprenditori taglieggiati di andare
dai magistrati e a Savona, Teardo,
si dichiara prigioniero politico.
Il Psi alle elezioni prende l'11,4 %
dei voti: la «modernità», di cui gli
affari e la corruzione costituiscono
un elemento strutturale, non paga.
Il governo Craxi esordisce con il
condono edilizio, spiegato e giustificato
da Amato.
Il 1984 è l'anno della
grande abbuffata degli enti e i partiti
di governo si dividono: Bnl, Comit,
Credito Italiano, Casse di risparmio
di Roma e di Torino, Eni, Agip,
Iri, Stet, Sip, Enel, Finsider, Ina,
Enea, Cassa del mezzogiorno. Oltre
alla Rai, a proposito della quale,
Ugo Zatterin, nel lasciare la direzione
del telegiornale, in un'esilarante
intervista dice: «Sono stato per sei
anni il direttore lottizzato di un telegiornale
lottizzato di un'azienda lottizzata».
Se i protagonisti si somigliano,
i fatti si ripetono, per cui scoppia
anche un caso Biagi, il quale ha
la cattiva idea di intervistare nel programma
Linea Diretta, Biffi Gentili
e Teardo, protagonisti arrestati de
gli scandali di Torino e di Savona.
Intervengono Martelli e Pillitteri e
attaccano Biagi che replica paragonando
Martelli a Goebbels.
Ma il
pezzo forte del governo sono le tv
del Cavaliere, oscurate da tre pretori
perché fuorilegge. Craxi, non perde
tempo e dall'aereo che da Londra lo
porta in Italia, fa sapere che il Consiglio
dei ministri, convocato nei giorni
successivi approverà un decreto
legge che permetta alle tv del suo
amico Silvio di riprendere le trasmissioni.
Ci penserà Giuliano Amato a
inventare il trabocchetto giuridico
contenuto in ben tre decreti legge
che il Parlamento non aveva alcuna
voglia di approvare e che alla fine
ingoia, perché Craxi ne fa una questione
di vita o di morte. L'occupazione
degli organi d'informazione
diventa una sorta di ossessione: i
giornalisti amici si promuovono e si
premiano, i nemici, che poi sono
quelli autonomi, come Andrea Bar
bato, si cacciano. I corrispondenti
di Le Monde e Der Spiegel vengono
messi alla porta e, di Philippe Pons
(le Monde), si chiede il trasferimento
in Nicaragua perché ha scritto
degli affari oscuri del Psi con Calvi.
Il sogno di Craxi (come di Berlusconi)
è mettere le mani sul Corriere
della Sera, che cerca di far comprare
dai suoi amici e che combatte quando,
dopo la vicenda P2, diventa direttore
Cavallari, che non è manovrabile.
A Pansa e a Padellaro i quali
gli chiedono una intervista, risponde
che la concederà quando Scalfari
e Cavallari non saranno più direttori.
Intanto il debito pubblico esplode
e nei quattro anni di Craxi a palazzo
Chigi raddoppia. I richiami degli
economisti, anche amici, e di
Ciampi, che presenta le dimissioni
dopo l'incidente del venerdì nero
della lira, non sortiscono alcun effetto.
Spaventa, Andreatta e Pedone,
in un forum di Repubblica lanciano
l'allarme perché «un deficit senza
freni, avviato verso un milione di
miliardi, mina la stabilità del governo
e l'economia». Ma il capo del
governo va avanti
per la sua strada.
Pertanto, se
si valutano i fatti
attentamente,
risulta evidente
che era impossibile
qualsiasi collaborazione,
senza
correre il rischio
di diventare
complici, dal
momento che la
degenerazione della politica negli affari,
nell'occupazione dello Stato,
nella corruzione diffusa, era diventata
parte costitutiva della «modernità»
craxiana. La sconfitta sulla scala
mobile, da sola, non autorizza a parlare
di scacco matto a Berlinguer. Le
vicende successive dimostrano che
se Berlinguer fosse vissuto fino al
1992 si sarebbe presa la sua grande
rivincita sulla Questione Morale,
magari avendo anticipato di qualche
anno la svolta di Occhetto. In
ogni caso, nessuno spiega la cancellazione
del Psi, il più antico partito
italiano della sinistra, che aveva resistito
a tutte le repressioni, nel momento
in cui, dopo il crollo del comunismo,
il socialismo in Europa
ha mantenuto le posizioni e in alcuni
paesi si è rafforzato.
A meno di sposare la tesi del
complotto dei giudici, che serve solo
a giustificare il fallimento della
strategia Craxiana.
Very good words, written with heart and mind.
Glory to Enrico Berlinguer!!!
Roberta
Hi_please_visit_http://www.your-furniture.biz