Non ho intenzione di condividere il lutto. Quattro morti sul lavoro al giorno, il triste bilancio quotidiano in Italia, si è spostato un po', non troppo: 1,57 morti in più al mese, 0,05 al giorno per il 2003. Con la differenza che in genere le vittime facevano un lavoro normale, con attrezzi normali. Questi avevano scelto il pericolo - per sé e per gli altri - e attrezzi che hanno la funzione di intimidire, picchiare, uccidere. L'hanno scelto loro, questo lavoro, ne conoscevano i rischi e le contraddizioni, un lavoro che li aveva già portati a Genova nel 2001, con quegli stessi attrezzi, li abbiamo visti tutti nei filmati, dieci accaniti su un ragazzo a terra, uno a sparare in faccia a Carlo, cento a caricare un corteo di inermi, un gruppo a cantare gli odiosi motivetti del ventennio. Provo compassione per le famiglie di questi 19 disgraziati, ma poca o niente per loro. Fare lo "sbirro" è una scelta critica, pochi sono all'altezza di mantenere il controllo (penso a Carlo Alberto Dalla Chiesa), la maggior parte rischia di finire alla Placanica. Il coro schifoso della retorica spicciola - i vari Ferrara, Ostellino, Romano, giù giù fino al mercenario Feltri - ci dice che sono eroi, morti in una missione giusta, per la pace. Non è vero. Sono 19 vittime della guerra e della violenza, dell'egoismo e della bramosia di potere e ricchezze, come migliaia di bambini, donne, vecchi, inermi distrutti dalle "bombe intelligenti" e dalle raffiche di mitra sparate a casacciol. Le missioni di pace, quelle vere, sono
altre.