Anche Alberto Asor Rosa lascia i DS
Con una lettera aperta a Piero Fassino pubblicata oggi da l'Unità, poco dopo Vattimo e Tranfaglia, anche Alberto Asor Rosa lascia i DS. Una frase fa riflettere:
"mi limito a constatare che la vostra lunga e faticosa marcia di allontanamento dall’originaria matrice, quella comunista, si è finalmente conclusa. Del passato non conservate davvero più nulla. Curioso. Quando eravamo tutti nel Pci, non c’è stato un solo momento, in cui uno come me si sia sentito pienamente identificato con la politica, con la strategia e con la cultura del partito cui appartenevo. Per molti di voi, invece, - gruppo dirigente Ds, futuro gruppo dirigente del «partito riformista», - l’identificazione fu pressoché assoluta. Oggi, come qualcuno ha detto e scritto, non avreste mai voluto essere comunisti. E io, al contrario, penso che, senza conservare il senso, assolutamente storico, beninteso, di quell’esperienza e di quell’eredità, correte il rischio di essere come gli altri, come tutti gli altri".
Ho raccolto la lettera da
l'Unità online. Come sempre invito chi la legge ad acquistare una copia de l'Unità in edicola.
LETTERA APERTA AL SEGRETARIO DEI DS
Alberto Asor Rosa
Caro Piero,
già nell’aprile scorso, quando
la maggioranza Ds si astenne sull’invio
di un contingente militare italiano
in Iraq, io manifestai pubblicamente
ilmio dissenso, scrivendo: sulle
questioni della pace e della guerra
fate quel che volete, ma non fatelo a
nome mio.
La decisione di ieri di non votare sul
rifinanziamento delle missioni militari
italiane all’estero, compresa quella
in Iraq (ovvero, di uscire dall’aula, di
restare in aula incrociando le braccia,
ecc. ecc., questo poco importa), al di
là delle svariate sfumature tecniche,
assume il significato, in buona sostanza,
di una decisione di non votare no
sulla questione decisiva all’ordine del
giorno. Alla mancanza di coraggio e
di chiarezza si è solo aggiunta una
punta consistente di ipocrisia, ma, ripeto,
la sostanza resta la stessa.
Poichè non si tratta di una singola, particolare controversia,
sempre possibile in politica, ma di un atteggiamento
mentale ed etico-politico complessivo, sarebbe
scorretto e farisaico da parte mia non far seguire i fatti alle
parole.
Rimetto perciò nelle tue mani la mia tessera d’iscritto ai Ds.
Viene meno così, e con mio enorme rammarico, un lungo
percorso comune. Mi sono iscritto alla gioventù comunista
nel 1953. Ne sono uscito nel 1956, perché nessuno riuscì a
persuadermi che fosse giusto difendere il socialismo sparando
sugli operai di Budapest in sciopero.
Sono rientrato nel Pci nel 1972, quando mi sembrò che il
gruppo dirigente di quel partito avesse seriamente liquidato
la dottrina dell’Urss come paese del «socialismo reale». Ho
accompagnato tutte le vicende successive di quel partito e di
quelli che ne sono via via scaturiti, spesso dissentendo ma
sempre, credo, lealmente e costruttivamente.
Ne esco ora di nuovo, perché nessuno può persuadermi che
la causa della pace e della democrazia si possa utilmente
difendere, affiancando un nostro corpo militare di occupazione
alle armate, ben più consistenti e significative, di quelle
nazioni occidentali, le quali hanno scatenato la «guerra preventiva
», fondandola sulla menzogna e sugli interessi economici
(in particolare americani) da proteggere e sviluppare.
Trovo scandaloso per giunta che si possa rinunciare a schierarsi
nettamente in un’occasione del genere contro il governo
più vergognoso che la nazione italiana abbia conosciuto
dalla notte dei tempi, consentendogli di parlare legittimamente
di un Parlamento che, quasi all’unanimità, si schiera a
favore della politica estera e militare impostaci da questa
maggioranza.
Non posso nasconderti, caro Piero, che se questo è il biglietto
da visita con cui la nuova concentrazione riformistico-moderata
si presenta al Paese, c’è da temere che per il futuro se
ne debbano vedere di peggiori, anzi, di molto peggiori.
Ho già detto recentemente cosa penso in generale di questa
operazione: non vedo perché, se ci sono politici e individui
che la pensano nello stesso modo, non debbano unirsi/fondersi/
confederarsi per pensare e agire meglio ai loro fini. A
te, in particolare, do atto della moderazione con cui conduci
tale operazione. Se non c’è una sinistra in grado di controllare,
riequilibrare, arginare gli esiti di tale operazione, la responsabilità
non è certo vostra, che non siete la sinistra ma
un’altra cosa.
La prospettiva, tuttavia, si profila poco esaltante. Mettiamo
pure sul conto positivo e da non disperdere l’obiettivo da
tutti condiviso di abbattere il più presto possibile il governo
della vergogna (anche se è lecito dubitare che scelte come
quella di rinunciare a votare no sulla guerra siano propizie
alla causa conclamata). Sul resto non vedo per ora dove
siano l’accordo e il consenso. Ma di questo parleremo, com’è
giusto, un’altra volta.
Ora mi limito a constatare che la vostra lunga e faticosa
marcia di allontanamento dall’originaria matrice, quella comunista,
si è finalmente conclusa. Del passato non conservate
davvero più nulla. Curioso. Quando eravamo tutti nel Pci,
non c’è stato un solo momento, in cui uno come me si sia
sentito pienamente identificato con la politica, con la strategia
e con la cultura del partito cui appartenevo. Per molti di
voi, invece, - gruppo dirigente Ds, futuro gruppo dirigente
del «partito riformista», - l’identificazione fu pressoché assoluta.
Oggi, come qualcuno ha detto e scritto, non avreste mai
voluto essere comunisti. E io, al contrario, penso che, senza
conservare il senso, assolutamente storico, beninteso, di quell’esperienza
e di quell’eredità, correte il rischio di essere
come gli altri, come tutti gli altri. Ho continuato a lungo ad
ascoltarvi, e per molti versi mi sforzo di farlo ancora: non vi
riconosco più. Anzi: non so più chi siate. In queste condizioni
meglio interrogarsi e parlarsi da lontano, come io, siine
certo, continuerò a fare.
Con i migliori auguri di buon lavoro
il tuo Alberto Asor Rosa