Noccioline e sangue
Un salotto, con un gruppo di adolescenti ispirati a Charlie Brown & C. Sono la scusa con cui Fausto Paravidino racconta il G8 nel suo
Noccioline. L'ho visto stasera allo splendido Litta di Milano, fresco di restauro. Un testo scarno e d'effetto - soprattutto nella seconda parte, quella "tosta" - che potrebbe essere recitato meglio. I ragazzi in scena, e lo dico con simpatia, non sono quasi mai all'altezza della situazione, sembra un po' la recita della scuola. Manca un regista forte o un attore esperto (ci starebbe bene forse un Elio De Capitani) in mezo a loro, a dare impronta e carattere alla recitazione.
Al di là di questo, c'è il merito di aver messo in scena l'aggiacciante notte di Bolzaneto, facendone un simbolo della repressione poliziesca in ogni angolo di mondo. L'uomo qualunque, diventato celerino per campare, punta la pistola alla testa di un ragazzo già devastato da paura e percosse, ripetendogli la lezione mandata a memoria: "ogni tanto bisogna fare cose un po' brutte per difendere la democrazia dai cittadini". Ricorda tanto il carabinierino Placanica, sbattuto da un potere vigliacco in una situazione più grande di lui, trasformato da sbirro in assassino.
Il lavoro si chiude con "Fra Martino", il motivetto che gli aguzzini assatanati di Bolzaneto imponevano alle loro vittime. Parte sommessamente, poi cresce, incazzato, diventa un canto di lotta, fa dimenticare la recitazione un po' così. Il pubblico, agghiacciato, applaude a scena aperta chi ha avuto il coraggio di ridare visibilità a uno degli episodi più vergognosi dell'Italia repubblicana.