L'articolo di Piero Ostellino pubblicato sul Corriere del 24 (e riportato qui sotto) è molto interessante. Dimostra infatti a che livello sia caduta l'informazione italiana in generale, una firma storica del Corriere in particolare. Ostellino prende spunto dalla risoluzione europea sulla libertà di informazione per uno spot elettorale, piegando la realtà a vantaggio delle propria idee. Delle tre macro-considerazioni di Ostellino, la più sorprendente è la terza: "il conflitto di interessi di Berlusconi c'è. Ma poiché è, almeno per il momento, ineliminabile, ciò che si dovrebbe fare seriamente - più da parte nostra, di noi italiani, che da parte europea - è, a mio avviso, cercare di appurare quanto empiricamente esso pesi sul corretto funzionamento della nostra democrazia, compreso il sistema informativo.
E qui, basta accendere la televisione per scoprire che - dall' "Infedele" di Lerner, a "Ballarò" di Floris, e persino a "Porta a porta" di Vespa - all' opposizione non manchino di certo le occasioni per manifestare liberamente la propria opinione sull' operato del governo. Basta affacciarsi a un' edicola per constatare - da Repubblica al Manifesto, dall' Unità a Liberazione - quanto sia libera e agguerrita la stampa nel nostro Paese. Vivaddio. L' Italia è un Paese libero e democratico. Lo era prima di Berlusconi, lo è adesso, col Cavaliere al comando". La presenza in Rai e in edicola di alcun e voci d'opposizione è sufficiente - per Ostellino - per dichiarare che il conflitto di interessi non influisce sulla libertà della nostra informazione. Come se un paio di discorsi di Rutelli e Fassino potessero compensare zilioni di ore di telegiornali sbilanciati, di notizie non date, di verità capovolte.
Ma non solo. Un'altra anomalia, altrettanto grave, è sotto gli occhi di tutti. Il conflitto di interessi non devasta solo l'informazione - imponendo ai giornalisti scelte di campo che di fatto ne indirizzano la carriera - ma influisce pesantemente su tutti gli ambiti del lavoro (la maggior parte) in cui esistono interessi del Presidente del Consiglio. Ma insomma, chi può essere tanto folle da mettersi in concorrenza con uno che ha dimostrato di non aver scrupoli a fare e disfare leggi a proprio uso? Delle due l'una: ci si allea - con tutte le ripercussioni monopolistiche del caso, vedi Telecom - o si rinuncia. Ma per Ostellino va bene così, se a Porta a Porta e in un paio di altri programmi l'opposizione può dire la sua, vuol dire che Berlusconi non nuoce. Quello che mi sconvolge sempre è che quelli come Ostellino (o Guzzanti) danno l'impressione di crederci proprio a questa favola. Poi ci penso, no, non può essere possibile.
Corriere della Sera
24 Aprile 2004
Il dubbio
Opinioni di parte e strani sospetti
Misurare il grado di indipendenza del sistema informativo è un' impresa complessa
Piero Ostellino
La risoluzione del Parlamento europeo - votata dalle sinistre, più Verdi e liberali, che denuncia gli «evidenti rischi di violazione grave e persistente del diritto alla libertà di espressione e di informazione nell' Unione Europea e in particolare in Italia» - non è la sentenza di un tribunale. Non ha valore prescrittivo di legge. E' un documento politico. Un' opinione. Di parte. Di una parte politica ostile al governo di centrodestra italiano. Legittima, ma opinabile. Che fa il pari con quella di chi sostenesse che, rispetto al Cavaliere, il candidato dell' Ulivo è alto, biondo e di coscia lunga. Misurare empiricamente il grado di indipendenza e di libertà del sistema informativo in un Paese di garanzie costituzionali e di policentrismo politico come il nostro è un' impresa complessa e difficile, se non impossibile. Che, in ogni caso, difficilmente può credibilmente affrontare un'assemblea politica. Ciò non di meno, la risoluzione del Parlamento europeo si presta ad alcune considerazioni.
Prima: l' Europa unita, che non è uno Stato federale, non ha alcun titolo per esprimere giudizi di merito, e tanto meno censure di natura strettamente politica, su uno Stato membro, una volta assodato che i princìpi del suo ordinamento giuridico e i suoi comportamenti, in ambito comunitario, corrispondano a quelli previsti dall' adesione e dall' appartenenza all' Unione (e contenuti nella sua stessa Costituzione, una volta che essa sia auspicabilmente approvata). Era già accaduto dopo il successo elettorale del partito liberal-nazionale di Jörg Haider, nell' ottobre del 1999, quando l' Austria era stata arbitrariamente messa in una sorta di quarantena, nella convinzione che, da quel momento, essa rappresentasse una anomalia, se non un pericolo, per la democrazia in Europa. Poi si è visto come è andata a finire. L'Ue ci ha fatto una gran brutta figura e gli austriaci, nella loro sovranità, hanno provveduto democraticamente e liberamente essi stessi a ridimensionare il fenomeno Haider.
Seconda: il voto del Parlamento europeo solleva un pesante, quanto immotivato, sospetto sulla professionalità e la moralità dei giornalisti italiani. Ed è davvero singolare che i loro organismi professionali e sindacali - sempre pronti a sottolinearne la natura «laica, democratica e antifascista» - non facciano ora una piega di fronte a una risoluzione che, di fatto, finisce con accusarli di essere (potenzialmente) dei servi del governo, come in un qualsiasi Stato autoritario. Francamente, troverei già offensivo che a rivolgermi tale accusa fosse un parlamentare italiano. Figurarsi se posso accettare che lo faccia un parlamentare di un altro Paese. Il mio non è né anacronistico nazionalismo, né anti-europeismo di riporto. E' solo una legittima difesa della mia dignità e di quella dei miei colleghi.
Terza: il conflitto di interessi di Berlusconi c'è. Ma poiché è, almeno per il momento, ineliminabile, ciò che si dovrebbe fare seriamente - più da parte nostra, di noi italiani, che da parte europea - è, a mio avviso, cercare di appurare quanto empiricamente esso pesi sul corretto funzionamento della nostra democrazia, compreso il sistema informativo. E qui, basta accendere la televisione per scoprire che - dall' «Infedele» di Lerner, a «Ballarò» di Floris, e persino a «Porta a porta» di Vespa - all' opposizione non manchino di certo le occasioni per manifestare liberamente la propria opinione sull' operato del governo. Basta affacciarsi a un' edicola per constatare - da Repubblica al Manifesto, dall' Unità a Liberazione - quanto sia libera e agguerrita la stampa nel nostro Paese. Vivaddio. L' Italia è un Paese libero e democratico. Lo era prima di Berlusconi, lo è adesso, col Cavaliere al comando. Lo sarà domani, se il centrosinistra tornerà al potere. Se, poi, qualcuno non lo crede, può sempre votare Ulivo. Cercando magari di convincermi che il giornalismo di Michele Santoro fosse un esempio di imparzialità.