Dal Corriere Della Sera del 3/5/2004
«Io brutto? Sono giovane e biondo Mi sento un cartone animato»
Lucio Dalla: ho svelato i segreti della musica a Berlusconi e ai suoi manager Il mio mito resta Berlinguer ma la sinistra che ignora la Fallaci è debole e bigotta
Aldo Cazzullo
URBINO - Racconta Lucio Dalla che lui certe cose le sente. E non solo quelle propriamente sue - ogni disco dal 1971 a oggi è stato in testa alle classifiche, nessun italiano vivente ha venduto oltre nove milioni di copie di una canzone, Caruso -. «Quando scrissi "L' anno che verrà" mi pareva inevitabile che qualcuno sarebbe sparito. Eravamo alla vigilia del sequestro Moro». Dalla ne parla con pudore, nella paura che gli è cara di prendersi troppo sul serio, però crede alla legge dei numeri, è affascinato dalla cabala, studia l' astrologia. Il suo primo album si intitolava 1999; Ciao, uno dei suoi maggiori successi, è uscito il 9/9/99. «E' stato come un lampo/ solo in mezzo al cielo/ era blu cobalto, liscio/ liscio senza un pelo...». «Ciao l' ho pensata su un gommone in mezzo all' Adriatico, al passaggio di un aereo che andava a bombardare la Jugoslavia. Ma l' immagine che avevo in mente l' avrei vista in tv solo due anni dopo, il crollo delle Torri nel cielo cobalto di New York». E adesso, Dalla? «Accadono cose di cui ci sfugge il senso. Perché l' 11 settembre? Perché la guerra in Iraq? Io non sono un pacifista. Non mi sono unito alla campagna contro l' intervento, così come non ho preso parte a quella contro Berlusconi. Mi considero pacifico. E' diverso. Lasciare Saddam al potere non è pace. Lo stallo, la ripetitività, la mediocrità non sono pace, sono una dichiarazione di guerra. Questo non significa che non ci sia pericolo, anzi, si avverte il sentore di qualcosa che potrebbe distruggerci». Da ragazzo, quando dormiva sulle sedie di vimini di via Veneto, in tasca le 60 lire per il giornale e il cappuccino, e suonava il clarinetto per Chet Baker fino a quando lo notò Gino Paoli, Dalla era affascinato dall' America nera, dal jazz. «Ma è un mondo che dà segni di cedimento, come l' impero austroungarico. Anche in America è l' ora degli islamici e dei loro eroi, Muhammad Ali, Kareem Abdul Jabbar». Una cultura in espansione con cui l' Occidente deve confrontarsi forte e consapevole della propria. «Ho letto "La rabbia e l' orgoglio" e l' ho trovato un libro straordinario. Così l' ho fatto sapere a Oriana Fallaci attraverso la Rizzoli, che è anche il mio editore. Qualche giorno fa la Fallaci mi ha mandato "La forza della ragione", con una dedica affettuosa: "a Lucio Dalla, mai incontrato sempre ascoltato". Un' altra folgorazione. Una ricchezza di scrittura, una forza di argomentazione che mi ricorda Céline. Un Céline filosemita. La sinistra che ignora Céline, Pound, Evola, la Fallaci è una sinistra debole, bigotta. Ritardataria». Di sinistra Dalla è stato, è, sarà. «Sempre votato Pci, poi Ulivo, e così farò in futuro, tranne a Bologna dove non ho ancora deciso ma non posso votare contro Guazzaloca. Però la sinistra non ha ancora preso il vento del tempo, non sente come la gente comune, non le parla. Non condivido la furia antiberlusconiana anche perché riconosco in Berlusconi un genio della comunicazione. Per capirlo non si deve leggere Paul Ginsborg ma Luciano Canfora, la biografia di Cesare. Berlusconi non è affatto in declino, anche se certo è più bravo a comunicare che a governare. L' ho conosciuto nel 1987. Mi invitò ad Arcore l' antivigilia di Natale. Mi accompagnava il mio produttore, ma fu lasciato fuori dalla porta». «Berlusconi preferiva vedermi da solo. Pensai a una proposta di lavoro. Voleva solo conoscermi. Parlammo per ore, di musica, di me, del mondo dello spettacolo. Ha assorbito un poco della mia forza. Mi ha chiesto di insegnare alla scuola dei suoi manager, come poi ho fatto. E devo riconoscere che qualche anno prima il mio mito, l' unico politico di cui tengo la foto a casa, Enrico Berlinguer, non mi aveva fatto la stessa impressione». «Mi portò da lui Walter Veltroni, insieme con Francesco De Gregori. Un gelo terribile. Qualche parola di tanto in tanto, qualche sguardo. Per spezzare il silenzio gli dissi che trovavo simpatico Cossiga. Sapevo che erano cugini alla lontana, pensavo di fargli piacere. Credo però che avessero litigato, perché Enrico ci rimase malissimo. Siccome non poteva finire così, Veltroni ci riprovò». «Ci invitò a cena, e quella volta parlammo. Berlinguer si era preparato. A De Gregori chiese la differenza tra una chitarra acustica e una elettrica. A me domandò chi avrebbe vinto il campionato di basket. E comunque un mito è un mito. Non deve essere simpatico». Dalla fa eccezione. Un mito simpaticissimo. Si ferma a chiacchierare con tutti quelli che lo salutano per strada. Qui a Urbino dove insegna all' università - un corso di tecniche pubblicitarie da cui ha tratto un libro per Franco Angeli, «Gesù, San Francesco, Totò: la nebulosa della comunicazione» -, o a Bologna, dove sotto casa - «l' antro di un moderno mago miliardario» come da definizione di Stefania Rossini, tele di Grosz e Guttuso, disegni di Fellini, fotografie appunto di Berlinguer - soggiornano musicisti di strada, nella speranza di essere scritturati come accadde un giorno a uno di loro. Tra i fan, Dalla ha una predilezione per gli handicappati, che chiama «mongolini», cui ha appena dedicato una canzone per Pubblicità Progresso («mi mettono una straordinaria allegria»), e per le vecchine, con cui prosegue le gag sperimentate in tv, a «La bella e la besthia». La bella era Sabrina Ferilli. «Ma io non mi sento affatto brutto, anzi. Sono giovane e, come vede, biondo». Lucio si è infatti tinto il parrucchino. «Biondo e con i bermuda, come quando ho presentato Ciao all' Arena di Verona, sono un cartone animato». La sua vita raccontata da lui medesimo è un romanzo fantasy. Da piccolo voleva fare il cane. Poi ne ha avuto uno per quindici anni, Piero, che non l' ha mai riconosciuto come padrone (con gli attuali, Billy e Brilla, va un po' meglio). Gioca a travestirsi, ad esempio da «figlio di bottana smarocchinata», come le donne conosciute nelle sue vacanze in Puglia che gli hanno ispirato 4 marzo ' 43. Sua madre però non aveva 16 anni come nella canzone ma 42, non parlava con gli sconosciuti ma con padre Pio; suo papà non veniva dal mare ma faceva il rappresentante. «O forse l' aviatore, non ricordo bene. Aveva il brevetto da pilota ed era anche il direttore del tiro a volo di Bologna. Un gran cacciatore di quaglie e di fagiani», come in un' altra canzone. Da ragazzo Dalla era ossessionato dalla paura del tetano. «Mi spaventava la parola. Chiamavo di continuo la Croce Rossa. La quindicesima volta mi hanno mandato al diavolo». Il suo genio pare talora confinare con la follia. Ha perso le amicizie antiche con quelli che furono i suoi colleghi, i Guccini e i De Gregori, «li rispetto ma a me piace cambiare mestiere»: scrittore («Bella Lavita», Rizzoli 2002), editorialista, gallerista d' arte moderna, attore (con i Taviani), regista teatrale (al Piccolo), pilota alla Millemiglia (prima con Bergonzoni ora con Oliviero Toscani: si parte giovedì), compositore. Dopo la rivisitazione della Tosca, in arrivo a Napoli, ora scrive le musiche per una fiction Rai sulla Contessa di Castiglione e parte in tournée con un gruppo jazz. I suoi discorsi sono coerentemente frenetici e sfuggenti. Ha lavorato con Pavarotti e con Califano, è amico di Claudio Abbado e di Maz Gazzé. Ammira Prodi e rimpiange Craxi, «mi chiedeva di suonare per lui ma solo a casa sua, mai alle feste di partito. Non mi ha mai neppure chiesto il voto, tanto sapeva che l' avrei dato al Pci». E' incredibilmente umile per un artista. A chi gli fa i complimenti per il violino di 4 marzo ' 43 risponde che è solo una variazione degli stornelli del Sor Capanna. Una volta definì Caruso, quella da nove milioni di dischi, «la mia canzone più brutta»: «Intendevo dire che ormai non ce la faccio più a sentirla». Ama Sanremo tranne l' ultima edizione, «ogni volta ci telefoniamo con Baglioni, Bersani, Luca Carboni per commentare». Di Sanremo ha conosciuto anche il lato oscuro: «Ero vicino di camera di Tenco, la notte in cui se ne andò. Fui io a dare l' allarme, a capire che stava male; ma non avevo capito tutto, pensavo avesse bevuto. Non ne ho mai più parlato», non è un ricordo preciso, è un' immagine confusa, una storia affastellata; è il modo di Lucio Dalla di sentire le cose, di confonderle, di crearle; è il modo degli artisti, e noi ascoltiamo.
DALLA INCONTRI IN ITALIA Sotto casa sua, a Bologna, ci sono sempre dei musicisti di strada Soggiornano lì, con la speranza di essere scritturati, come accadde un giorno a lui che venne notato da Gino Paoli «Ero vicino alla camera di Tenco, la notte in cui se ne andò Fui io a dare l' allarme, ma non avevo capito, pensavo solo che avesse bevuto. Non ne ho mai più parlato»
LA VITA LA CARRIERA SANREMO Febbraio ' 72, Lucio Dalla canta «Piazza grande» a Sanremo. L' anno prima si era classificato terzo con «4 marzo 1943», il pezzo che porta la sua data di nascita CON DE GREGORI Nel ' 79 Dalla e De Gregori suonano assieme nel tour Banana Republic. I due cantautori «di sinistra», grazie a Walter Veltroni, conobbero Enrico Berlinguer
IN TELEVISIONE Lucio Dalla nel 2002 sul set di «La bella e la besthia», con Sabrina Ferilli. Dopo quell' esperienza in tivù il poliedrico Dalla si è dedicato all' opera «Tosca» CRAXI «Mi chiedeva di suonare per lui, ma solo a casa sua. Non mi ha mai chiesto il voto: sapeva che l' avrei dato al Pci»
GUAZZALOCA «Sono e sarò per l' Ulivo, tranne che a Bologna dove non ho ancora deciso, ma non posso votare contro il sindaco»
ho sempre pensato che dalla fosse un perfetto idiota. con questa intervista supera ogni immaginazione. evola? fallaci? altre merde in giro? vada all'inferno
La Persona Dalla è morta diversi lustri or sono. Ora resta la macchietta, la figura da cartolina...
Dalla? bidubuddibudiladidula!
Che la scarsa altezza influisca sull'intelletto (vedi Berlusca)?
Dalla e' dalla. Non si tocca. Merita solo rispetto ed ammirazione.
Poi quello che dice e' anche vero. Finiamola una volta per tutte con questa sinistra vecchia e poco interessante! Basta con le solite "due palle" di discorsi fini solo a se stessi.
Insomma, essere pacifisti per forza, oppure votare per uno che si prtesenta con un partito i sinistra ma che non conosce la realta' nella quale va a rappresentare gli elettori... e' solo ipocrita e definitivamente poco intelligente. Basta con tutte queste etichette "sinistra" "destra" "centro"... e' roba vecchia!
Può piacere o non piacere, ma Lucio dice sempre ciò che pensa, anche quando è scomodo.
Per esempio, è sempre stato di sinistra ma non si allinea al tiro al piccione contro Berlusconi (ma, intelligentemente, dice che sa comunicare meglio di come governa), non ammicca per forza ai cosiddetti pacifisti (essere pacifici è un'altra cosa. Saddam al potere significa forse pace? Hai ragione, Lucio).
Certo, ha i suoi vezzi, i suoi umani difetti, ma è più genuino di tanti colleghi e tanti compagni idioti ed integralisti, nostalgici di un sistema che ha fallito ed affamato la gente non meno del capitalismo.
E poi Dalla come artista è indiscutibile, il n. 1. Nessuno ha fatto solo capolavori, neanche chi è stato beatificato perchè morto.
Max, non entro nel merito del valore artistico di Dalla (su cui ogni opinione è rispettabile). Ma le tue considerazioni su Saddam e pace sono talmente superficiali e antistoriche da indurmi a suggerti di informarti un po' su quanto è davvero successo da quelle parti.
PIENAMENTE D'ACCORDO CON LUCIO!!!!
FINALMENTE UNA PERSONA INTELLIGENTE CHE HA IL CORAGGIO DI PENSARE AUTONOMAMENTE SENZA FARSI SUGGESTIONARE DA PACIFISTI A OLTRANZA E FILOISLAMICI DI OGNI RAZZA (TREMENDA) E SPECIE....
ANCHE SE IN REALTA' UNA POSITIVA FUNZIONE SOCIALE CE L'HANNO AVUTA ANCHE LORO: PRIMA INFATTI PER AVERE UN'IDEA DELLA PERCENTUALE DI IDIOTI IN ITALIA SI CONTAVA CHI GUARDAVA IL GRANDE FRATELLO, ADESSO, CON LE BANDIERE DELLA PACE, SAPPIAMO PURE DOVE ABITANO!
Anche nel giudizio su Cofferati e sui fatti di Bologna Lucio dimostra grande equilibrio e coerenza: essere di sinistra non significa dimenticare che non c'è libertà senza legalità e che i contestatori a tutti i costi (Disobbedienti, Antagonisti et similia) sono una zavorra per qualsiasi schieramento politico serio. Agitare la piazza può andar bene una volta, ma alla lunga è un boomerang (vedi gli schiaffi dei no global a Fassino e l'accusa di fascista - !!! - al Cinese).
Se il centro sinistra avesse soltanto gente come Veltroni, Cofferati, D'Alema e Rutelli vincerebbe le elezioni a mani basse: purtroppo ha anche Cento, Pecorario Scanio, Cossutta e Diliberto...
Lucio ha votato Guazzaloca (pur senza risparmiargli critiche) ma apprezza con molta onestà l'operato di Cofferati, dicendo giustamente che la legalità non è di destra o di sinistra.
Ultima cosa: occhio, la gente sta con il Cinese, pertanto è preferibile che la parte migliore dell'Unione lasci le pagliacciate a personaggi come Moretti e colga le vere esigenze dei cittadini. Altrimenti si consegnerà per altri 5 anni l'Italia al Cavaliere...
Penso che la cosa più bella sia sempre....sempre....la libertà di espressione.
Lucio Dalla ha detto delle cose anche molto personali, si è esposto, cosa che molti suoi colleghi non "rischiano", in un certo senso sono liberi di esprimersi, ma non lo fanno (per paura di cosa? cali di vendite?)
Lucio, una persona sfegatatamente di sinistra, riesce ad essere obiettiva su Craxi e Berlusconi, allora tanto di cappello!
Non toccarmi Cazzullo.