Lele, Repubblica e il 2 giugno
Lele Fiano è una delle migliori persone tra quelle che siedono in consiglio comunale a Milano. In forza ai DS, riesce da sempre a coniugare con intelligenza e sensibilità la necessità di essere fassiniano con un sano spirito critico. Mi era sfuggito di citare una sua bella lettera pubblicata da Repubblica il primo giugno e bloggata anche su
Progetto in Comune. Anche se a posteriori, mi sembra valga la pena di leggerla. A margine: Lele ha organizzato un incontro interessante in programma il 9 giugno a titolo "Vivere a Milano, vivere in centro: mobilità, spazio, cultura" a cui parteciperanno Alessandro Amadori (sociologo, autore dello splendido
Mi Consenta), Vittorio Gregotti (architettone), Moni Ovadia (uno dei miei eroi), Ennio Rota (Legambiente). L'incontro si terrà alle 18 del 9/6 a Palazzo Visconti,
via Cino del Duca 8 (MI). Interessante.
Il 2 giugno sia la festa della libertà e della legge
di EMANUELE FIANO
Consigliere comunale Ds
"Caro direttore, di questi tempi è frequente imbattersi in una discussione sul "come" celebrare il 2 Giugno. E il "cosa" rischia di scomparire in una parata militare che omologa questa data ad altre occasioni celebrative.
Il 2 giugno 1946, in Italia, si è consumata una scelta politica, pacifica e irreversibile, a favore della Repubblica.
Scelta non violenta, quella del referendum, che tuttavia rinviava alla storia lacerata dell´Italia del fascismo, della Resistenza e della guerra civile.
Oggi, la retorica culturale che ha portato in discussione l´antifascismo, attaccandolo e relativizzandolo da tutte le parti, proprio su tale questione incontra delle difficoltà. Perché tutta la discussione su fascismo e antifascismo in Italia nell´ultimo decennio si è costruita sull'immagine che ogni scelta individuale fu legittima, che essa era fondata sull´idea di lealtà a una parola data o a una convinzione.
Tutto ciò implica un processo in qualche modo chiuso. Dove non ci sono più sostanzialmente buoni o cattivi, ma giovani tutti meritevoli di pietà umana. Questo ovviamente per il relativismo imperante, e per il premier che passa il 25 Aprile in villa, in Sardegna.
Ma nel momento in cui la discussione si accende sulla questione dei fondamenti politici della repubblica e ritorna il dibattito sulla modifica costituzionale, allora le forme in cui si celebra la Festa della Repubblica cessano di essere indifferenti e acquistano una funzione pubblica che rompe il sistema delle buone maniere.
Niente da eccepire sulla sfilata militare o sull'omaggio ai caduti, resta il fatto che il 2 giugno non segna il passaggio naturale da una forma istituzionale a un´altra, ma è il segno traumatico di un crollo e l´indicazione ferma di una scelta. Quella a favore di una patria repubblicana.
E proprio oggi va sottolineata la differenza tra la concezione liberale e quella repubblicana di libertà. Perché mentre la prima si definisce come assenza di interferenza da parte di qualcuno, la seconda si connota per l´assenza di dominio, cioè impedire di essere sottoposti alla volontà arbitraria di qualcun altro. Ciò significa che i sostenitori della Repubblica non vedono un'incompatibilità tra libertà e legge. La legge non costituisce un'interferenza che limita la libertà, come è invece per molti pensatori liberali di oggi.
Accorsi ad Assago ad applaudire il nuovo. Tra due anni celebreremo i 60 anni della Repubblica, a ridosso di una elezione la cui campagna è iniziata adesso. Qualcuno intanto la costituzione tenterà di riscriverla. A proprio uso. Sarà bene che lo teniamo presente".