Facciamoci sempre riconoscere
Da un imperdibile Bananas di Marco Travaglio su l'Unità del 16 giugno: «....Altra new entry all’insegna della legalità: Gianni De Michelis, condannato a 1 anno e 6 mesi per corruzione (mazzette autostradali in Veneto) e finanziamento illecito (maxitangente Enimont). Tangenti - scrivono i giudici veneziani – impiegate “per alimentare il suo principesco tenore di vita”.»
Facciamoci sempre riconoscere
È col cuore spezzato che annunciamo la dipartita dal proscenio europeo di Jas Gawronski, sconfitto dalla prestigiosa Iva Zanicchi. Gli è stato fatale l’appello al voto di Giuliano Ferrara e Carlo Rossella, noti trascinatori di folle, che invitavano a eleggere il gagà subalpino in quanto “è bello, simpatico, intelligente, colto, alla mano e poco snob, coraggioso il primo e unico ad avere davvero intervistato il Papa (falso: l’ha fatto anche Vittorio Messori, ndr), coraggioso”; e poi “è nipote del Beato Piergiorgio Frassati, è nipote di Alfredo Frassati fondatore della Stampa, è amico fedele della famiglia Agnelli, è un berlusconiano della prima ora, è anche un nostro amico... Grazie per un eventuale riscontro”. Riscontro non pervenuto. Appena letto l’appello, gli elettori sono corsi a votare la Zanicchi, che almeno non è amica nè di Ferrara nè di Rossella, il che non guasta. Fra l’altro l’appello dimenticava un particolare: furono gli Agnelli a scippare La Stampa a Frassati per ordine di Mussolini, della qual cosa Gawronski pare essersi dimenticato.
Altri incolmabili vuoti lasciano, al Parlamento europeo, le mancate elezioni di Marcella Bella, della bionda Peroni, di Emanuela Di Centa e di Clarissa Burt (tutte scoperte da An, per la sezione “giovani promesse”), del noto intellettuale Cecchi Pavone (FI-Mediaset) e di Pietro Mennea, passato nel giro di un anno da Di Pietro a FI al Partito dei belli Sgarbi-La Malfa. Ma, più che gli assenti, vanno segnalati i presenti. Perchè la delegazione italiana a Bruxelles, formata da 76 eletti, contiene una cospicua rappresentanza di pregiudicati, imputati e indagati. Ne abbiamo contati nove, ma il calcolo è per difetto (alcuni altri potrebbero essere ripescati fra i non eletti dopo la rinuncia, obbligata, di Berlusconi e quelle di altri vincitori in più collegi). Nove su 76 equivale all’11.84 per cento. Un record mondiale, superiore anche al 10 per cento di condannati e imputati presenti nel Parlamento italiano (una novantina su 945). La pattuglia più nutrita è quella imbarcata dall’Udc, nell’ambito dello slogan “Io c’entro”. Più che uno slogan, una confessione. Eletto a pieni voti Totò Cuffaro “vasa vasa” (bacia-bacia), che negli ultimi due anni ha collezionato tre avvisi di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d’ufficio, corruzione e altre quisquilie. Segue a ruota Vito Bonsignore, siciliano trapiantato a Torino, già ras degli andreottiani sotto la Mole, ora ras delle autostrade: il dirigente dell’Italastat Mario Alberto Zamorani raccontò di averli consegnato una tangente da 200 milioni nascosta in una scatola di cioccolatini in piazza Montecitorio; inoltre, per le mazzette sugli appalti del nuovo ospedale di Asti, è stato condannato a 2 anni definitivi per tentata corruzione: lo presero prima di incassare i soldi. Lui fa notare che “la corruzione era solo tentata”: ora gli elettori gli concedono un’altra chance.
Sempre nell’Udc è eletto Lorenzo Cesa, già consigliere comunale della Dc a Roma, già consigliere dell’Anas vicino al ministro Gianni Prandini, per gli amici “Prendini”. Nel marzo ‘93 i giudici romani tentarono d’arrestarlo per una presunta mazzetta autostradale di 600 milioni in Sardegna, ma lui si diede alla latitanza per qualche giorno, poi si consegnò e finì a Regina Coeli. Cesa – riferì l’Ansa – ammise i fatti, sostenendo però che i soldi non erano per lui. Il 21 giugno 2001 fu condannato, insieme a Prandini e altri, a 3 anni e 8 mesi per concussione: in tutto, le mazzette contestate al processo ammontavano a 35 miliardi (finiti ai partiti di governo) per opere Anas da 750 miliardi. Ma nel 2002 la Corte d’Appello annullò la sentenza per una nuova interpretazione dell’incompatibilità del Gup. Ottime speranze che, prima del nuovo processo, scatti la prescrizione. Degnamente rappresentata anche la Lega Nord. Umberto Bossi ha una condanna definitiva a 8 mesi per il finanziamento illecito di 200 milioni da Carlo Sama. Mario Borghezio vanta una condanna a 5 mesi dal tribunale di Torino per aver incendiato dolosamente, durante una “ronda padana”, alcune baracche sotto il ponte della Dora dove dormivano alcuni extracomunitari.
Di Silvio Berlusconi si sa, ma si sa pure che a Bruxelles non potrà metter piede. In mancanza del premier, di Dell’Utri e di altri galantuomini inopinatamente esclusi dalle liste forziste, tiene alto l’onore degli imputati azzurri Giuseppe Castiglione, vicepresidente della Regione Sicilia, arrestato e poi condannato dal tribunale a 10 mesi di reclusione per gli appalti truccati dell’ospedale di Catania (turbativa d’asta).
Scontato lo sbarco del pregiudicato Paolo Cirino Pomicino, ultimo acquisto dell’Udeur, al quale l’incensurato Mastella cederà volentieri il seggio. Il Cirino non è stato soltanto molte volte assolto, come va ripetendo a reti unificate: è stato pure condannato a 1 anno e 8 mesi per finanziamento illecito (5.5 miliardi dal gruppo Ferruzzi), ha patteggiato una pena per corruzione (600 milioni dai fondi neri dell’Eni) e s’è salvato grazie alla prescrizione da una serie di altri processi. Altra new entry all’insegna della legalità: Gianni De Michelis, condannato a 1 anno e 6 mesi per corruzione (mazzette autostradali in Veneto) e finanziamento illecito (maxitangente Enimont). Tangenti - scrivono i giudici veneziani – impiegate “per alimentare il suo principesco tenore di vita”. Ora lo esportiamo in Europa. Come diceva Alberto Sordi, “facciamoci sempre riconoscere”.