Bipolarismo e Cdl in crisi. Irreversibile
di GIANNI DE MICHELIS
Ricapitoliamo: il risultato elettorale del 12 e 13 giugno, con l'appendice dei ballottaggi di domenica scorsa e soprattutto con il risultato, invero clamoroso, di Milano, ha messo in luce la crisi, crediamo irreversibile, non solo del peculiare sistema bipolare che ha caratterizzato gli anni della Seconda Repubblica, ma anche in modo specifico dell'intesa che aveva nel 2001 consentito la vittoria della Casa delle Libertà.
Il difficile equilibrio che ha tenuto assieme per oltre tre anni da un lato l'alleanza nordica tra Forza Italia e la Lega e dall'altro il cosiddetto sub governo AN-UDC grazie soprattutto alla capacità di sintesi garantita dalla leadership di Berlusconi, è definitivamente saltato. L'azione di governo è stata inadeguata Con il senno di poi si può dire che la ragione di tale crisi deve essere addebitata soprattutto alla inadeguata efficacia dell'azione di governo sviluppata in questi anni che ha sostanzialmente reso impossibile l'attuazione di quel vasto programma di riforme liberali che, almeno sulla carta, aveva rappresentato la base dell'alleanza e la ragione del mandato popolare ricevuto alle elezioni politiche. Oramai rincollare tale patto sulla base delle intese a suo tempo stipulate risulta chiaramente impossibile e quindi per il Presidente del Consiglio deve essere chiaro che la scelta sta solo tra il fallimento della esperienza di governo o, sul versante opposto la capacità di indurre gli alleati a rinegoziare, su basi totalmente nuove, il patto programmatico sul quale fondare il governo del Paese per l'ultimo biennio della legislatura.
Per come stanno le cose in questo momento sembra essere esclusa la possibilità di un mero tirare a campare, basato sulla semplicistica considerazione del mandato a governare per cinque anni ottenuto dagli elettori.
Il Paese ha bisogno di certezze Apparentemente la possibilità di rinegoziare il patto programmatico pare essere una impresa disperata, ma a favore di tale impresa disperata milita l'oggettivo interesse del Paese che in realtà non può permettersi il lusso né di ulteriori due anni di sostanziale galleggiamento e tirare a campare, né di una interruzione traumatica della legislatura proprio alla vigilia di una nuova delicatissima fase del confronto politico europeo.
Certo è che le carte stanno soprattutto in mano a Silvio Berlusconi. Centrali dovranno ovviamente essere i due dossier della politica economica e sociale e dei lineamenti di una profonda ed efficace riforma istituzionale e costituzionale che comprenda una nuova legge elettorale capace di aiutare la miglior ridefinizione del panorama politico del paese. Il punto è che nell'avanzare le sue proposte il Presidente del Consiglio dovrà finalmente tenere conto del fatto che egli è il capo di una vera e propria coalizione tra forze con identità e nature diverse. Non si tratta di un compito impossibile e di fronte ad una proposta ragionevole difficilmente i partners potranno tirarsi indietro o arroccarsi testardamente sulle reciproche specifiche posizioni. Inoltre con ogni probabilità tale decisione comporterebbe il vantaggio supplementare di fare esplodere le contraddizioni di una opposizione che oggi canta vittoria solo perché le divisioni della maggioranza permettono loro di sommare i consensi a prescindere dalle incompatibilità programmatiche.