Grandioso. Come al solito. :-)
Ordinaria ingiustizia a Ostia Lido.
Pubblico un esposto (l'ultimo di una lunga serie ignorata) per far valere i miei diritti negati e schiacciati dall'apparato burocratico e istituzionale di Ostia Lido, aggrappata all'ultimo barlume di speranza rappresentato dalla magistratura.
Lucia Salvati
AL SIG. COMANDANTE
DELLA POLIZIA MUNICIPALE
XIII GRUPPO OSTIA LIDO (ROMA)
e, p. c.:
AL SIG. PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO
IL TRIBUNALE DI ROMA
AL SIG. SINDACO DI ROMA
ON. WALTER VELTRONI
AL SIG. COMANDANTE
DELLA POLIZIA MUNICIPALE
DI ROMA
Oggetto: Esposto per segnalazione presunto abuso edilizio ed inquinamento da rumore conseguente ad esso.
Io sottoscritta SALVATI Lucia, nata a Gorgoglione (MT) il 17/12/1940 e residente in Roma alla Via Peio, 30, riferisco alla S.V. quanto segue:
Manifesto, prima di inoltrarmi nei particolari piuttosto inquietanti che hanno tessuto la trama dell’intera vicenda che vado a esporre, tutto il mio disappunto, nonché la mia profonda delusione per le irregolarità presunte (da accertarsi comunque nelle sedi competenti), che hanno costellato e viziato tutto l’iter procedurale imposto dalla normativa vigente che, alla luce dei fatti, è stato disatteso o quantomeno percorso in maniera distorta e superficiale.
Delusione e disappunto accresciuti in maniera esponenziale dal fatto di avere sempre creduto nell’apparato istituzionale (in un’epoca storicamente incerta e di abbondante sfiducia e diffidenza da parte dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione), che ho sempre servito con lealtà, abnegazione e senso del dovere innato, in quanto dipendente statale da poco in pensione, pretendendo sempre, sopra ogni cosa il rispetto della legalità e della trasparenza.
Sono proprietaria di una delle due unità abitative di un immobile del tipo villa bifamiliare, sito in Via Peio, 30. Dell’unità abitativa adiacente, che trovasi al civico 34 della medesima via, risulta essere proprietaria la signora Falqui Angela, che la divide con suo marito De Prosperis Alfonso e con il loro figlio De Prosperis Marco. Negli scorsi anni sono state realizzate dagli stessi ristrutturazioni, presumo di normale manutenzione, all’immobile, per la cui realizzazione sono stati prodotti rumori fastidiosi, ma che pur se eccedenti i limiti della normale tollerabilità, il mio, e quello dei miei congiunti, senso civico dei rapporti di buon vicinato, li hanno fatti rientrare in tali limiti. Come se non bastasse, alle spalle dello stesso immobile, confinante con la mia proprietà (anzi la copertura sconfina di circa 40-50 cm), è stata edificata una costruzione di circa 70 mq, in regime di totale abusivismo, salvo poi condonarla successivamente, ma senza richiedere il parere di terzi (nella fattispecie interessati e penalizzati), come da normativa vigente. Nel tempo comunque, nonostante la mia personale tolleranza, e quella dei miei cari, nei confronti di abusi e soprusi da parte dei signori De Prosperis, sono stata oggetto di numerose minacce per futili motivi (acqua piovana, una zuffa fra cani, ecc.), sfociata tra l’altro in tentativi di estorsione, a volte soddisfatti per quieto vivere, peraltro anche tramite lettere manoscritte, a rafforzare l’impianto probatorio delle condotte deprecabili poste in essere. Da parte mia, sempre in virtù del mantenimento dei rapporti di buon vicinato e per il quieto vivere, non sono mai state presentate querele.
Frattanto, approfittando della nostra correttezza e del sorvolare sui nostri diritti, si è giunti ai fatti in oggetto del presente esposto, profondamente e gravemente lesivi nei confronti miei e della mia famiglia. Verso la fine del mese di aprile c.a. mi accorgevo che veniva allestito un cantiere nel giardino antistante lo stabile in questione. Infatti veniva abbattuto il muro di cinta con l’impiego altresì di apparecchiature ad energia pneumatica, provocando rumori insostenibili che disturbavano le normali occupazioni e il riposo della mia famiglia, costringendoci a mantenere sempre chiuse le finestre e i balconi, anche quando verso la fine di maggio iniziava a fare più caldo, al fine di alleviare i disagi provocati da tale attività. Faccio presente che nel neonato cantiere non era esibito né il permesso di costruire, né vi era apposto il prescritto cartello, con lapalissiana violazione del D.P.R. 380 del 6 giugno 2001.
Da ciò traevo la logica conseguenza che ci trovavamo presumibilmente in regime di abusivismo edilizio. A questo punto, nutrendo delle legittime perplessità sulla regolarità dei lavori, ma soprattutto per conoscere le intenzioni progettuali coltivate dai committenti, chiedevo al signor Alfonso De Prosperis, cosa stesse accadendo. Questi mi rassicurava dicendomi che aveva fatto abbattere il muro per ricavare più spazio per il parcheggio delle autovetture. Sempre fedele alla logica dei buoni rapporti, pur potendo essere danneggiata dall’abbattimento del muro di cinta (anche solo per motivi di sicurezza, ma anche per l’immagine dell’immobile) sorvolai senza approfondire sull’eventuale abuso edilizio, cercando di sopportare pazientemente le emissioni rumorose, nella speranza di una circoscrizione ad un non lungo arco temporale.
Faccio presente che da circa un anno soffrivo di disturbi audiologici, con accentuata ipoacusia bilaterale più marcata a destra, che proprio in quel periodo , dopo una severa terapia medica, aveva registrato un sensibile miglioramento. Quando all’incirca tra la fine di maggio e i primi giorni di giugno mi sono accorta purtroppo che non si trattava soltanto del proclamato lavoro esterno all’immobile, in quanto i rumori assordanti si erano trasferiti all'interno dello stabile, ho capito che c’era qualcosa che non quadrava. Per cercare di mantenere ancora dei rapporti, pur se ormai lacerati dagli eventi, essendo impossibile espletare qualsiasi normale occupazione quotidiana, (addirittura per poter parlare al telefono era necessario recarsi in giardino con il cordless), chiesi lumi al signor Alfonso De Prosperis e a suo figlio Marco De Prosperis che inizialmente cercarono di prendere tempo dicendo che avrebbero provato a limitare le emissioni rumorose, senza però esternare le loro reali intenzioni edificative. Ciò non avvenne, anzi la situazione peggiorò, e i rumori strumentali si accavallarono addirittura, tra l’altro proprio all’altezza del muro interno di confine tra le due abitazioni (martelli pneumatici, frullini, picconi, mazzette, ecc.), snodandosi secondo una scansione temporale ininterrotta nel periodo in questione, con notevole apporto di stress. Frattanto l’iter clinico dei miei disturbi uditivi dopo l’impennata di miglioramento, aveva subito una regressione di pari passo con l’intensificarsi dell’attività demolitrice e assordante delle macchine edili, sprofondando in un peggioramento ipoacustico fino ad ora rivelatosi irreversibile. A questo punto mi illusi che in presenza di irregolarità palesi a livello di edilizia, di rumori assordanti conseguenti a lavori che presumibilmente non erano stati autorizzati, e quindi in violazione dell’art. 659 C.P., essendoci acquisita giurisprudenza inopinabile in merito (ad esempio sentenza Cassazione, sez, I, 14 maggio 2002 n. 18351), supportata dall’esistenza dell’art. 844 C.C., senza contare che era messa a repentaglio la mia incolumità fisica, tenendo conto che la protezione della salute è recepita come diritto soggettivo assoluto, relativo alla personalità dell’individuo e fondato sull’art. 32 della Costituzione, richiedendo l’intervento dell’autorità deputata, la Polizia Municipale, avrei ottenuto giustizia e avrei posto fine all’ineffabile tortura psicofisica. Iniziò il valzer delle telefonate all’Ufficio Edilizia della Polizia Municipale del XIII Gruppo di Ostia Lido, e delle risposte, a volte scoraggianti, a volte però rassicuranti, che non hanno poi avuto comunque alcun riscontro concreto di intervento, lasciandomi in preda all’impotenza e alla disperazione di dover regolare l’andamento della mia giornata in base alle esigenze lavorative del cantiere, e preoccupata per la mia salute, nonostante la normativa vigente, almeno in teoria mi tutelasse dalle emissioni di intensità eccessiva (vedi altresì l’art. 844 C.C.). Tra telefonate di protesta e promesse di intervento sono trascorse diverse settimane. Frattanto ero venuta a conoscenza che il signor De Prosperis Alfonso, con l’artifizio raggirante dell’allargamento dello spazio di parcheggio, aveva in realtà in mente di trarre un ingiusto profitto realizzando all’interno della sua porzione di immobile quattro unità abitative, con grave danno economico risultante dal fatto che da bifamiliare lo stabile sarebbe diventato pentafamiliare, con conseguente e logico deprezzamento.
Alla luce di ciò, viste incredibilmente svanite le speranze di intervento da parte della Polizia Municipale, in data 4 agosto presentai un esposto scritto, che però non sortì ugualmente effetti significativi. Chiesi quindi l’accesso agli atti ai sensi della legge 241/90 e scoprii che era stata presentata una D.I.A. recante la data del 7/7/2005, dopo quasi tre mesi dall’inizio reale dei lavori, per una realizzazione di “frazionamento in n. 4 appartamenti e di cambio di destinazione d’uso al piano seminterrato da garage a cantina e centrale termica”. Dall’analisi di tale materiale documentale si evincono inoppugnabili risultanze che partoriscono robusti elementi dubbiosi sul modus operandi e sulla linearità dell’intera vicenda. Innanzitutto se la D.I.A. reca la data del 7/7/2005 l’inizio effettivo dei lavori avrebbe dovuto aver luogo non prima del 7/8/2005, come previsto dall’articolo 23 comma 1 del D.P.R. 380/01. Si dà il caso che il cambio di destinazione d’uso richiesto con tale D.I.A. sia stato realizzato ormai da decenni, in quanto io non ricordo la presenza di un garage nell’immobile predetto da quando mi sono stabilita nell’attuale residenza (circa 20 anni or sono). Senza addentrarci nello specifico delle opere in realizzazione, se previste o non dalla regolamentazione della D.I.A. (che in ogni caso può essere concessa salvo la lesione di diritti di terzi, che nella fattispecie appare palese), da accertare successivamente nelle sedi competenti e con personale abilitato a pronunciarsi in merito, la compiuta disamina del materiale acquisito ha messo a fuoco un nitido quadro probatorio di presunte irregolarità, che purtroppo fanno sorgere spontanei e logici quesiti, in ordine agli adempimenti di cui al comma 4 dell’art. 27 del D.P.R. 380 del 6 giugno 2001. Per prima cosa, chi ha più volte dichiarato di essere intervenuto, come ha fatto a non accorgersi dell’assenza del prescritto cartello, apposto solo in data 12 ottobre c.a. recante il numero 58952 e la data 7/7/2005 della D.I.A., il nominativo del direttore dei lavori geom. Marco D’Avello, ma non la data di inizio lavori? Come ha fatto, se è intervenuto prima del 7 agosto (o anche dopo) a non rendersi conto che i lavori erano già abbondantemente avviati, in barba alla data di presentazione della denuncia di inizio attività, nonché alla data in cui avrebbero dovuto effettivamente iniziare i lavori e come ha fatto a non accorgersi che il cambio di destinazione d'uso del piano seminterrato era già avvenuto in epoca alquanto remota? Come è stato autorizzata, in virtù di quanto appena descritto, l’esecuzione dei lavori? E se invece tutte queste presunte irregolarità sono state accertate e se come previsto sempre dall’art. 27 comma 4 del predetto D.P.R., sia stata data immediata comunicazione all’autorità giudiziaria, al competente organo regionale e al dirigente del competente ufficio comunale, o almeno all’autorità giudiziaria, come mai i lavori sono proseguiti bellamente, arrecando alla sottoscritta e ai suoi familiari danni personali, nonché strutturali (più volte siamo stati costretti a richiedere l’intervento dei Vigili del Fuoco, per essere rassicurati sulla stabilità dell’immobile in seguito all’apparire di numerose crepe nei muri, comparse a più riprese nell’arco temporale dell’attività di cantiere) e di deprezzamento del proprio immobile? Non vado oltre, ma lascio alla Sua competenza, dettata dall’importante ruolo istituzionale rivestito, di verificare ed acclarare le presunte violazioni e irregolarità con l’adozione di ogni più opportuno provvedimento di legge.
Roma 23/11/2005
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Presentato il programma elettorale
Il direttore di Italymedia.it Antonello De Pierro, candidato al 13° Municipio di Roma nella lista "Verdi per Veltroni" ha presentato il suo programma per il mandato che con ogni probabilità gli sarà conferito dai risultati delle urne
Bagno di folla per il popolare giornalista Antonello De Pierro, candidato al 13° Municipio di Ostia Lido nella lista "Verdi per Veltroni", che ha ufficializzato le ragioni della scelta di candidarsi, presntando il suo programma. Il tutto è avvenuto in un noto locale della zona alla presenza di 675 persone, che hanno accompagnato il suo intervento con ovazioni e applausi scroscianti, a testimoniare i consensi suscitati dalla sua candidatura alla carica di consigliere nel Municipio di Ostia e dintorni. Da sempre impegnato giornalisticamente sul fronte dei diritti sociali e della cultura, De Pierro si è soffermato con decisione sui temi della sanità e del lavoro, senza tralasciare il degrado della pineta, per cui ha ingaggiato da anni una vera e propria battaglia con le istituzioni locali, sottolineando la latitanza istituzionale del presidente uscente Bordoni sul tema di scottante attualità. Grande commozione hanno suscitato i riferimenti alla cultura con le proposte di integrazione per i portatori di handicap.
Ecco di seguito i punti salienti del discorso:
"Cari amici,
sono qui per comunicarvi i motivi che mi hanno spinto ad accettare la candidatura alla carica di consigliere al 13° Municipio di Ostia Lido.
Amo Roma come me stesso e ancor di più Ostia e dintorni, dove sono nato e risiedo. Negli ultimi 5 anni siamo stati costretti ad assistere ad una gestione praticamente inesistente della cosa pubblica da parte dell’amministrazione di centrodestra guidata da Davide Bordoni.
Nei rari casi in cui si è tentato di fare qualcosa, ci si è mossi in modo totalmente errato, sfiorando spesso, addirittura il paradosso.
E intanto il territorio, già afflitto da problemi di origine atavica, è stato stritolato dal degrado e dall’immobilismo totale di chi avrebbe dovuto invece adeguarlo alle esigenze sempre più pressanti dei cittadini.
Visti i personaggi sul palcoscenico politico, tutto ciò non mi meraviglia affatto.
Giornalisticamente mi sono adoperato, insieme ai miei collaboratori, per denunciare inefficienze, abusi, soprusi, ma la risposta istituzionale è stata praticamente inesistente.
Quando per esempio mi sono occupato del degrado della pineta, polmone verde per l’intera città di Roma , il presidente Bordoni ha declinato l’invito a partecipare rispondendo tranquillamente, tramite il suo addetto stampa, che non gli interessava intervenire.
E così, le testate da me dirette, rimasero orfane del punto di vista e di un’eventuale promessa d’impegno (parola un po’ rara nel frangente) da parte del massimo rappresentante istituzionale sul territorio.
Per rendersi conto del totale abbandono del prezioso gioiello verde del 13° Municipio basta collegarsi al seguente indirizzo http://www.italymedia.it/articoli/attualita&cronaca/0063.htm .
Si può fare molto, anzi si deve, e questo è un mio preciso e inderogabile impegno elettorale dopo l’ingresso nel consiglio comunale.
Altro problema che mi sta particolarmente a cuore è legato al sacrosanto diritto alla salute, sancito all’articolo 32 della Carta Costituzionale, e regolarmente calpestato nelle strutture sanitarie pubbliche del territorio.
È giusto e di rigore adempiere i doveri, ma quando si parla di diritti, vanno rispettati senza indugi e nessuno può e deve permettersi di negarli.
Abbiamo assistito ad una interminabile e dolorosa sequenza di carenze nell’ambito della sanità pubblica, per cui, spesso gli utenti (o pazienti, è proprio il caso di dire) sono stati dirottati dalle impellenti esigenze, verso le strutture private.
Questa è una vergogna che deve finire, insieme all’alto prezzo pagato dai cittadini.
Mi impegno su questo terreno a non fare sconti a nessuno.
Passando all’articolo 4 della Costituzione, che tutela il diritto al lavoro e prevede che lo stato si adoperi affinché questo venga rispettato, abbiamo assistito negli ultimi 5 anni del Governo Berlusconi, ad un vero e proprio attentato nei confronti di questo precetto costituzionale.
Il baratro di un futuro all’insegna del precariato e dell’incertezza si è sempre più allargato sul percorso professionale e biologico delle nuove generazioni.
A livello locale purtroppo non si può fare molto in questo senso, però mi impegno da un lato a proporre un trattamento privilegiato alle aziende del territorio che garantiranno contratti a tempo indeterminato, regalando quindi una concreta speranza di stabilità futura, e dall’altro una severa penalizzazione delle strutture che continueranno a sostenere la vergogna dei contratti a termine, tanto cari al Centrodestra per meri fini statistici.
Per concludere, alla luce dei fatti, sembrerebbe quasi che la destra di Bordoni sul territorio si sia impegnata, fortunatamente invano, per mantenere la gente nell’ignoranza favorendo il sonno delle coscienze.
Metodi che risalgono a secoli addietro.
Gli appuntamenti culturali sono stati lesinati come l’acqua nel deserto a una cittadinanza che fortunatamente possiede invece una naturale predisposizione verso lo scibile e una fertile vocazione nei confronti della crescita umana e intellettuale.
È ora di promuovere la cultura, quella vera, nel XIII Municipio, con l’incentivare eventi di grande spessore, non tralasciando mai la crescita umana e l’integrazione sociale dei portatori di handicap con iniziative mirate.
Una di queste potrebbe essere la realizzazione di un progetto che da anni porta avanti la nota attrice Tiziana Sensi, che prevede spettacoli teatrali per non vedenti e non udenti, al fine di favorire il processo integrativo delle categorie in questione anche attraverso l’arte.
Per realizzare tutto ciò serve l’impegno di tutti voi, nel votarmi e nel sostenermi dopo l’elezione al Consiglio Municipale.
Grazie a tutti."
antonellodepierro.italymedia.it
Vi raccontiamo l’assurdo dramma di un onesto cittadino
Dragona: zona offshore per i diritti
Il signor Vincenzo Salvati sta lottando da tempo contro un provvedimento inspiegabile del Municipio di Ostia Lido, che sembrerebbe ledere seriamente alcuni diritti sacrosanti, con il costante rischio di provocare danni molto gravi alle persone e all’ambiente
Roma. Dragona, una borgata di circa 10.000 anime, nella periferia ovest della capitale, che si estende dalla tristemente nota Via del Mare al letto del Tevere. Un lenzuolo di territorio quasi dimenticato nell’estesa pianura che dalla città apre verso il mare, popolato da gente semplice, operosa, spesso indifesa, lontana mille miglia dai fasti e dalle esternazioni retoriche e demagogiche del potere, che a volte con bieco cinismo calpesta diritti ed esigenze primarie. Persone che si confrontano e si scontrano costantemente con le difficoltà dell’esistenza quotidiana, votate interamente al vangelo del lavoro, alla sacralità dei valori familiari, che si battono a denti stretti sugli impervi sentieri della vita per garantirsi un dignitoso percorso biologico.
In questo contesto vive da quarantacinque anni il sig. Vincenzo Salvati, una vita professionale dedicata interamente e senza risparmio di energie alla Pubblica Amministrazione, con la divisa della Polizia di Stato, ex sottufficiale ora in pensione. Lo incontriamo nella sua casa, il volto segnato dallo stress di quanto subito, dalla delusione e dallo sconforto trasparenti in ogni suo sguardo, in ogni espressione, serpeggianti in ogni parola. Non riesce a darsi pace: ”Quarantadue anni dedicati al rispetto della legge, al trionfo della giustizia, ed ora assisto impotente sulla mia pelle al tramonto di quei valori che avevo sposato col giuramento di fedeltà allo Stato”. Il signor Salvati, che abita con sua moglie in un immobile acquistato nel lontano 1961, ha denunciato alle autorità competenti, insieme ai suoi due figli che dimorano al piano superiore della stessa casa con le rispettive famiglie, i responsabili dell’Ufficio Tecnico di Ostia Lido, competente per territorio, a capo del quale vi è l’ing. Cesare Tabacchiera. Sembrerebbe che lungo il confine della sua proprietà, in passato un grosso canale trasportasse le acque piovane fino ai canali di irrigazione consorziali giacenti nella zona di Ostia Antica. Successivamente, a quanto pare il signor Salvati ed altri proprietari di terreni limitrofi, fecero installare a proprie spese dei tubi di cemento del diametro di circa 80 cm per la raccolta delle acque chiare.
L’anziano e arzillo signore ci racconta con soddisfazione e nostalgia i decenni trascorsi in quella abitazione, commosso ci apre le porte di casa, ci conduce in cantina, nell’orto; i sacrifici di una vita sono tutti lì, tra quelle mura. Mentre passeggia tra i ricordi sorride a sua moglie Pina che annuisce col capo e si asciuga con il fazzoletto qualche lacrima furtivamente sfuggita al controllo delle palpebre. Il suo viaggio sui viali della memoria si interrompe e il ritorno al presente turba la sua serenità e riappaiono le nubi della preoccupazione e dello sconforto.
Diversi mesi or sono, un giorno d’estate, una squadra di operai si presentava sul posto ed effettuava dei lavori su Via Carlo Casini, lungo il muro di cinta dell’abitazione dell’onesto cittadino Salvati, sembrerebbe per convogliare le acque piovane nella rete fognaria.
“Non capisco la ragione di un intervento del genere” osserva Salvati “visto che il canale preesistente ha svolto perfettamente la sua funzione in tutti questi anni, e poi a quanto mi risulta esiste una legge che vieta il deflusso nella rete fognaria delle acque piovane”. Fatto sta che da quel momento sono iniziati i guai per l’ex sottufficiale di Polizia e per tutta la sua famiglia. Ad ogni pioggia più consistente segue un allagamento da acque nere, con comprensibile e inopinabile apprensione da parte degli interessati, e per danni economici lapalissiani, e per pericolo plausibile di danni alla salute. Una situazione drammatica ben documentata qualche tempo fa altresì dalle telecamere dell’emittente televisiva lidense Canale 10, alla presenza del consigliere municipale Andrea Storri.
Dalla denuncia presentata ai Carabinieri dal signor Salvati si evince che gli interessati hanno avuto un incontro con il dirigente dell’ U.O.T. di Ostia Lido ing. Cesare Tabacchiera che avrebbe ammesso di aver richiesto ed autorizzato i lavori, riconoscendo la necessità di intervenire nuovamente. A distanza di oltre un anno è rimasto tutto fermo, nessuno conoscerebbe i motivi di questi lavori ordinati apparentemente senza una ragione precisa ed eseguiti con i soldi dei contribuenti, il signor Salvati attende delle risposte che gli spetterebbero di diritto, ma che non arrivano, mentre lo spettro di nuovi allagamenti si cela dietro l’angolo in agguato, terrorizzando la malcapitata famiglia: il signor Vincenzo, tra l’altro cardiopatico, ormai vive attanagliato dalla paura, ha iniziato a soffrire di insonnia e ha visto peggiorare notevolmente il quadro clinico generale relativo alle sue patologie, rischiando gravi complicazioni che potrebbero risultargli fatali. E intanto giorni fa un motociclista ha rischiato di morire a causa della buca che è rimasta sul manto stradale dopo i lavori.
Dragona, 10.000 anime semplici e laboriose, brava gente, salvaguardare i loro diritti è un dovere per le istituzioni, anche perché questa gente nell’onestà e nella giustizia ci crede. Deluderli sarebbe davvero umanamente e socialmente inaccettabile e deleterio.