Essere laici
ma non solo a parole
Calogero Martorana
Sento parlare di laicità in modo anche compulsivo da non più di tre o quattro anni, e proprio in un'Italia che questa parola se l’era scordata e qualche volta la confonde con l'ateismo e quindi col male assoluto.
Vorrei sommessamente ricordare che laici, noi cittadini, lo siamo sempre
stati fin dalla promulgazione della Costituzione italiana, non è una novità degli ultimi tempi. Ma, paradossalmente, è proprio adesso che urge una comprensione migliore di questa condizione tanto inalienabile quanto bistrattata. Cerchiamo di porre attenzione a tutte le implicazioni "estensive" che dichiarsi laico comporta. Io abito a Napoli e, nonostante sindaco e governatore non perdano occasione per ribadire la propria laicità, quando li vedo in processione compunti e ispirati dietro la statua di san Gennaro, un dubbietto che siano troppo "amici" della Curia per essere liberamente laici, mi affiora.
Il personale della scuola pubblica dove lavoro è, oltre che tutta brava gente, anche gente laica. Purtuttavia non è capace di capire che le proprie credenze religiose se le deve tenere per sé e non esportarle nel luogo di lavoro, e allora la mia scuola da laica diventa scuola cristiana, con buona pace della pluralità di sensibilità che accoglie.
Stessa cosa nelle sezioni comunali, nei tribunali, negli ospedali (qui con l’aggravante di monopolizzare la sofferenza) e perfino in mezzo alle strade dove le statue di Padre Pio, compiuto il colpo di stato a danno di quelle del Cristo, si pavoneggiano in tutto il loro splendore kitch alla faccia della varietà spirituale dei passanti.
Tutto ciò per dire che chi difende davvero la laicità viene percepito come un aggressore della normalità, un immorale, uno che odia la religione e si produce per sconfiggerla. Bene, questa funzione pugnace e ricattatoria non appartiene ai veri laici. Io sono anche ateo, che in Italia è delle peggiori aggravanti, e penso che vivere in una comunità moderna debba significare distinguere assai bene la sfera religiosa da quella civile e politica. Capisco gli opportunismi e le convenienze di un "volemose bbene" che richiama la commistione stato-chiesa di molti secoli della storia occidentale. Ma oggi questa sinergia fallisce, giacché disprezza la convivenza esaltando le divisioni, giacché difende il pensiero magico e vorrebbe umiliare la razionalità, giacché si vorrebbe diffondere in tutta l'Europa del futuro attraverso posticce "radici cristiane".
Io dico no a questa usurpazione della storia e del futuro. Facciamo davvero qualcosa, anche da questa parte di sinistra che ammette equivoche convivenze. Svegliamoci dal torpore del politically correct e riscopriamo finalmente il gusto della lotta per i giusti ideali!
Io, proprio per aver voluto vivere nella vera laicità ed aver dichiarato di essere ateo, ho subito per un anno quello che ora si chiama mobbing in una struttura statale. Mi sono dovuto licenziare ed è comunque stato un bene perchè ora lavoro in modo sereno, incredibilmente, in una cooperativa sociale di ispirazione cattolica dove conoscono come la penso e non ne hanno fatto un problema essendo composta da credenti veri, che vivono la loro fede nel rispetto degli altri. Il mondo a volte è strano!
Ho sentito più ciellini bigottoni in 5 anni di liceo statale che in 4 stage di cattolici estremisti. Mi sono sentita urlare che sarei finita all'inferno a 7 anni perchè avevo osato obiettarne l'esistenza, che ero empia perchè esonerata dall'ora di religione; se avessi mai trattato loro come loro hanno sempre trattato me, io sarei in prigione, adesso.