C'è bisogno di far esplodere mezza Italia per intrattenere e stupire? Parrebbe di sì dopo aver completato - con fatica - la lettura di "
Grande Madre Rossa" di
Giuseppe Genna, un libro che proprio non mi è riuscito di capire e apprezzare. L'idea di base non è male (un 9/11 nostrano con l'esplosione del Palazzo di Giustizia milanese), ma l'autore si perde in una trama talmente assurda da impedire qualunque coinvolgimento.
Altro limite non da poco: una totale mancanza di caratterizzazione psicologica dei personaggi. Oltretutto Genna ha una scrittura spezzettata, che non abbandona mai, neppure nei discorsi diretti, cosicché poliziotti, terroristi e comparse diventano un plotone di robottini tutti uguali. Insomma, si simpatizza più con le oche di allevamento inchiodate sulla tavola di legno (tanto per citare uno dei vari excursus di cui peraltro ti chiedi "ma che diavolo c'entra?") piuttosto che con l'agente segreto torturato e ucciso dalla (improbabile e dannatamente snob) terrorista Margaret Leicester Savioli. Finalmente raggiunta la fine, l'ultimo scoglio prima di archiviare definitivamente il volume nella sezione "con te ho chiuso" è rappresentato dalle due pagine di ringraziamenti (tra cui non mancano Cesare Battisti e la lobby postmoderna di
Carmilla), tutti molto ermetici, tutti snob almeno quanto la madame terrorista (a Giusè, ma i ringraziamenti alla parrocchietta non te li potevi fare a voce?). Il libro è pubblicato da Mondadori, casa editrice di proprietà del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che anche Giuseppe Genna (comunque in buona compagnia: Camilleri, D'alema, Fo, Ginsborg, Guccini, Guzzanti, ecetera) contribuisce ad arricchire (a questo proposito suggerisco una lettura meno blasonata, ma ben più utile a chiarirsi le idee su come gira il fumo: "C'era una volta un re" di Massimo Del Papa, edito da
Diple, con particolare attenzione alle pagine "Ragioni di paglia").