In una
serata triste mi sono fatto trascinare alla Festa dell'Unità (un piccolo cedimento sulle mie posizioni radicali per salvaguardare la pace in famiglia). Come l'anno scorso è popolata da Worwerk Folletti e vasche da bagno, pochissime associazioni e ancor meno stand istituzionali. Confermo l'impressione negativa, anche in relazione alla festa dei rifondaroli, molto più cazzarona e viva. Ho provato - da vero padre impegnato - a partecipare al dibattito sulla scuola coordinato da Piera Capitelli (parlamentare DS), che ha affrontato l'argomento in modo sensato: "oltre a opporci alla Moratti, ci vogliamo chiedere che faremo una volta si passasse a governare?"
L'intervento migliore è stato quello del rappresentante di
Rete Scuole Milano (associazione di valore, impegnatissima a resistere e proporre, attiva in Rete con un sito di notevole valore) che ha evitato di cadere nei grandi temi fumosi, concentrandosi invece sui problemi pragmatici (tra cui uno a me caro, ovvero la pericolosità del traffico milanese, l'impossibilità per i bambini di giocare in strada e andare a scuola in pace). Peccato che gli altri (assessora bresciana, assessora torinese, sindaco monzese) si siano limitati a raccontare quanto sono bravi loro e quanto bene stanno facendo nonostante le immani difficoltà (suprema l'assessora bresciana che è scaduta in una lamentazione sul sacrificio di farsi rieleggere rinunciando alla sua vocazione di insegnante). Il dibattito è stato pertanto abbandonato a metà per sonnolenza incipiente.
Per fortuna, sulla via del ritorno, la meritata ricompensa.
Allo spazio cinema aveva appena cominciato il suo intervento
Moni Ovadia, artista e uomo di cultura,
«studioso di spiritualità». Pragmatico e spirituale al contempo (
«è l'utilizzo delle religioni come strumento di potere che va combattuto, non le religioni»), come un fiume impetuoso ha ricordato il valore della vita, della pace, degli scambi.
«Per parlare di Islam con rigore - ha detto - occorre una grande pazienza e la conoscenza dell'arabo». Moni si è poi lanciato in una straordinaria arringa contro ogni discriminazione:
«Quando sento dire "arabi", percepisco già del razzismo. Quando sento dire "donne", sento pericolo di stupro. Quando sento dire "ebrei" avverto il pericolo di un altro sterminio». Tutti esseri umani, tutti uguali dunque. Ed è
«una vergogna che dei sedicenti cristiani possano invocare le cannonate contro navi di poveri disperati senza che si levi una sola voce di condanna». La sala gremita pendeva dalle sue labbra e gli ha tributato un'ovazione alla conclusione. Tutti ipnotizzati, tranne un tizio anche lui al tavolo dei relatori, che sbadigliava, leggiucchiava qua e là, ridacchiava con la vicina, si guardava attorno. Ho capito dopo, quando ha preso la parola per le ovvietà di rigole, che si trattava del nuovo segretario provinciale dei DS,
Franco Mirabelli. La sala gli ha tributato un doveroso esodo, lasciandolo a parlare a una sfilata di sedie vuote. Amen.