L’Ombra di Prodi
Furio Colombo
Dopo giorni di profonda incertezza in cui in tanti ci siamo domandati come si è creata, quando, perché una tensione fra Romano Prodi e l’Ulivo, abbiamo ricevuto ieri una risposta illuminante dall’editoriale del giornale Il Riformista . I lettori sanno che a volte ci siamo domandati ad alta voce a che cosa serve Il Riformista. Avevamo torto e lo diciamo senza ironia. Serve a raccogliere e diffondere punti di vista autorevoli che a noi non arriverebbero, perché richiedono un rapporto di fiducia. E nei grandi giornali trapelano solo quando il notista è fortunato o svelto e raccoglie una confidenza. Il testo del Il Riformista a cui ci riferiamo è, nel gergo anglosassone, un “position paper” . Ci annuncia, in modo organico e motivato, perché l’Ulivo fino a pochi giorni fa era una coalizione che stava per diventare una federazione e aveva un leader - Romano Prodi - e adesso forse diventerà una federazione ma il leader non c’è.
O almeno il nuovo nome non è stato rivelato a chi non ha le buone fonti del Riformista. L’articolo può essere riassunto in alcuni punti. Ciascuno contiene una rivelazione e cercheremo di essere recensori accurati.
1. Prodi era stato scelto non per risolvere problemi ma per coprirli. Niente rivalità interne, niente conti con il passato. Un ariete per sfondare un po’ alla cieca le palizzate berlusconiane e poi via come prima. Si sente un certo disprezzo per quel “prima”, dal modo in cui vengono fatti i nomi di Visco, di Bassanini, della Bindi di cui - ci dice Il Riformista - non c’è proprio niente da rimpiangere.
2. Prodi avrebbe potuto legittimarsi, nonostante una nascita così poco gloriosa alla nuova guida dell’Ulivo, se solo avesse fatto una vera scelta riformista. Gli suggeriscono anche le parole: avrebbe dovuto dire e ripetere ad alta voce: «Il mercato non è un problema ma è la soluzione».
Disgraziatamente Prodi non l’ha detto, forse perché conosce benino la situazione dei 40 milioni di americani - tra cui un mare di bambini - tagliati fuori, per esosità delle compagnie di assicurazione o per precariato e “outsourcing” cronico del lavoro, dal mercato della salute. Forse perché ha notato la rivolta delle classi medie tedesche contro il Cancelliere socialdemocratico che li sta privando di sostegni di welfare con cui si pagava la coesione e la pace sociale. Forse perché ha presente quanto poco il mercato abbia salvato dal precipitare nell’abbandono totale milioni di argentini vittime non di carestie o improvvise carenze di beni ma del cattivo governo dei privilegi e dell’illegalità.
Prodi - come sanno in altre parti del mondo - non è un nemico del mercato. Crede in una certa armonia tra capitalismo, legalità e interventi sociali come quelli che hanno ispirato l’America di Roosevelt, di Kennedy, di Carter, di Clinton (il Presidente che da un lato ha tentato in tutti i modi di correggere la grave ingiustizia sanitaria e dall’altro ha dato al suo Paese il benessere che George Bush e i suoi neo-conservatori hanno dissipato).
3. Però non basta. È inutile fare carinerie. Senti in te «la spinta riformista» (citiamo testualmente) o «stai rafforzando l’ala più radicale»? La risposta è dura e immediata, dettata dal realismo, non dalla cattiveria. Prodi è radicale. Qui, ovviamente, radicale significa più a sinistra. Così a sinistra da non poterlo collocare neppure in area Bertinotti. E certamente da non poterlo presentare nei salotti accanto a Consolo (quello di Telekom Serbia) o al pacato Giovanardi. Ma cosa significa, in questo contesto, sinistra?
4. La risposta viene alla fine, in due paragrafi. Nel primo si dice di Prodi, come estrema ragione di discredito, che vuole «andare in giro per un anno ad ascoltare il Paese». L’ipotesi è indicata come il colmo. E infatti l’articolista - che è il direttore del giornale e dunque particolarmente credibile - ci dice che, a questo punto, «sia i federatori che gli innovatori hanno dubbi sulla leadership di Prodi».
Noi non sappiamo con quali innovatori sia in contatto Il Riformista che - nella migliore tradizione americana - protegge le sue fonti. Siamo maliziosi se vediamo affiorare in questi innovatori anonimi l’incubo malevolo dei girotondi, l’odiosità dei cittadini auto-convocati, l’insopportabile pretesa dei non addetti ai lavori di interferire con la politica?
5. Forse fa luce il sarcastico riferimento alla mancanza di legami partitici di Prodi, quando l’articolista si chiede: «dove eserciterà la sua leadership Prodi? A Porta a porta, nel pastone quotidiano di Pionati?». Infatti a Porta a porta e nel pastone di Pionati entrano solo coloro che hanno un saldo raccordo con i partiti e che direttamente li rappresentano.
Nel mondo degli innovatori emerge una curiosa unità di misura. A che distanza sei da un rapporto di organicità e disciplina con un partito? Su quella distanza - e non sul vecchio asse destra-sinistra - si misura il radicalismo. Se è così, per Prodi e per alcuni di noi butta male.
Sono una banda di Tafazzi. Tanto oramai ho deciso che non voterò perchè emigro.
Da un paio di giorni mi sono avvicinato al riformista alla ricerca di un quitidiano con delle idee, ma purtroppo sembra...faticoso e farraginoso.
Dov'è un Indipendente (del compianto Giordano Bruno Guerri non la nuova versione apologetica) della sinistra?? (se esiste).
L'Unità di Furio Colombo e Antonio Padellaro ha idee, cultura, indipendenza, grinta da vendere. Basta saper andare oltre quello che dice la propaganda ddi regime (ci metto anche il Riformista e i suoi sponsor politici, nella "propaganda di regime").