«La vita che vorrei» di Piccioni: un film sul cinema pretenzioso e inutile
Fate film così? Meglio gli idraulici
Alberto Crespi
Da l'Unità del 2 ottobre 2004
I film sul cinema sono una bruttissima bestia. Ne sono venuti bene pochissimi, e solo a gente come Federico Fellini (Otto e mezzo) e François Truffaut (Effetto notte). Ci si è sfracellato pure Woody Allen (Stardust Memories) e non va meglio a Giuseppe Piccioni, che in La vita che vorrei ripropone la coppia Luigi Lo Cascio-Sandra Ceccarelli da lui lanciata, in Luce dei miei occhi, con fortuna persino eccessiva (doppia Coppa Volpi a Venezia, abbastanza inopinata). Raramente si sono visti due attori così «doppiamente» fuori ruolo: sia nella cornice moderna (la storia di due attori, lui di successo lei novizia, che si trovano a recitare assieme in un film in costume) sia nel quadro antico (il suddetto film in costume, una specie di Signora delle camelie che per fortuna esiste solo nella finzione: non saremo mai costretti a vederlo, è già qualcosa).
Davvero non si capisce, al di là del piacere di ritrovare i due interpreti in questione, che cosa abbia spinto Piccioni in questa impresa disperata. I rovelli di Stefano e di Laura, i due protagonisti, risultano sullo schermo poco interessanti, sgradevoli, sviluppati in modo discontinuo e prolisso. La scena iniziale (il provino in cui Laura va improvvisamente «fuori sceneggiatura», improvvisa, e così facendo spiazza Stefano e inizia a sedurlo) fa pensare a una schermaglia amorosa in cui la donna è capace di controllare i propri sentimenti e di condurre la danza. Ma subito dopo Laura diventa una creatura delicata e insicura, mentre Stefano viene dipinto come un divo incarognito dalla fama e dal denaro: né la Ceccarelli funziona nelle scene in cui Laura fa la «svampita», la «leggera», né Lo Cascio ha la scorza e l’età per reggere un personaggio così cinico. In quanto al film nel film, è una cosa che non esiste, che nel cinema italiano di oggi sarebbe solo una brutta fiction, e non si spiega come Piccioni e i suoi sceneggiatori Linda Ferri e Gualtiero Rosella abbiano potuto immaginarselo. La scena del ballo, che dovrebbe alludere al Gattopardo, fa solo molta tristezza: per il film, e per un cinema che 40 anni fa aveva i Visconti e i Lombardo e sapeva mettere in cantiere anche kolossal di quel tipo. Ma oggi?
La vita che vorrei sembra un film fuori dal tempo. Forse non l’abbiamo capito: forse è un film di fantascienza, la passione del personaggio di Lo Cascio in Luce dei miei occhi; una storia che si svolge nell’iperspazio, o per meglio dire in quel «mondo a parte» dove attori, registi e agenti frequentano solo attori, registi e agenti, e così si spiega il «cammeo» di Silvio Muccino, ma pensa te!, nei panni di se stesso. Visto che parliamo di interpreti, lodiamo quelli bravi: Galatea Ranzi, Roberto Citran e la bella grinta di Ninni Bruschetta, un «non attore» che se la cava sempre con la sua ruvida spontaneità. Ma il rischio è che La vita che vorrei, descrivendoci attori di quel tipo, faccia crollare le vocazioni: se si diventa così, e si vive così, meglio fare gli idraulici!
al. c.
Mi sembra strano che tu vada a vedere un film di Piccioni, regista bravissimo e del tutto lontano dalle tue corde. Dalle critiche orecchiate ero un po' dubbioso, invece il tuo giudizio mi rincuora, sarà un film bellissimo. :-)
Ci dovrebbe essere comunque un'avvertenza che sconsiglia di vedere a stretto contatto "Kingh Arthur" e un film italiano, così come il cappuccino dopo l'enchilada.
Non mi riconosco come "lontano dalle corde" di Piccioni. Per esempio Luce dei miei occhi non mi è affatto dispiaciuto. Era più fresco e sincero.
Questo film è oggettivamente pesante, abbastanza mal recitato dalla Ceccarelli (tra l'altro sembra che Piccioni se ne sia accorto, ma abbia voluto lasciare andare le cose, il regista nel film in qualche modo continua a sottolinearlo!) per suoi limiti evidenti (un po' come la Bruni Tedeschi, che sa fare solo la Bruni tedeschi più fumata o la Bruni tedeschi meno fumata). Insomma, penso che se invece della Ceccarelli ci fosse stata una Buy più giovane già le cose sarebbero andate molto meglio.
Comunque se il mio giudizio non è significativo (e non lo è, ho sempre sostenuto di essere un incompetente in fatto di cinema) credo che Alberto Crespi sia uno dei più attendibili (lo dice anche Cristina :-)
Comunque guardalo, poi mi dirai se dopo i primi 60 minuti sul pelo di barba di Lo Cascio o sul labbro superiore della Ceccarelli non si cominciano a rimpiangere gli orchi di Jackson.
Che bello c'è qualcuno che vuol parlare di cappuccino e enchillada?!
Siete i soliti scarafaggi
Sto citando questo post.
Un abbraccio grande, amico mio. :-)