La Lobby Gay
Roberto Cotroneo
No, qui non è un problema di indignazione e di proteste. Non è la solita storia della sinistra civile, aperta, che trova giustamente scandaloso l’elenco grezzo di virgolettati dei politici del centrodestra alla doppia bocciatura di Rocco Buttiglione come commissario europeo, dopo la sua ormai celebre frase: «L’omosessualità non è reato, ma è peccato». Ci vorrebbe poco per fare dell’ironia su Mirko Tremaglia, che sentenzia che l’Europa è «dominata dai culattoni», ci vuole ancora meno a fare ironie sul fatto che Buttiglione è passato da Theodor Adorno a Ferdinando Adornato.
Ferdinando Adornato che lo difende con forza, imputando tutta la colpa a una fantomatica lobby gay. Sarebbe facile indignarsi su quella masnada di leghisti, pronti a issare stendardi sgrammaticati di identità, di religione e di stili di vita. Per carità, non aspettatevi il pezzo facile facile, che ridicolizza della gente che non fa ridere più nessuno, anzi. E non serve neppure mettere ai raggi X l'ironia di certo machismo di destra, che vede gli omosessuali come uno dei pericoli della maniera sana di stare al mondo. Minoranze devianti. Invertiti, come si diceva negli anni Cinquanta. Purtroppo non c'è da stupirsi della fobia per gli omosessuali da parte di certi mondi e di certi ambienti. Anche se oggi si usa un termine più elegante (si fa per dire): la lobby gay.
La lobby gay, per chi non lo sapesse, comanderebbe in Europa. E la lobby gay, va da sé, non può che essere di sinistra. E in tutto questo sproloquiare esce il vero nodo della questione. Serissimo, purtroppo. È un problema di classe dirigente, ed è un problema culturale. L'unico che ha detto delle cose vere, ma senza saperlo, è stato Teodoro Buontempo, che l'altro ieri su “La Stampa”, dichiarava ad Augusto Minzolini: “Noi non conosciamo più l'Europa del Nord... Quelli sono trent'anni avanti a noi, lì gli omosessuali non vogliono essere riconosciuti come da noi, vogliono la libertà di adottare i figli. Noi ai loro occhi rappresentiamo i valori che hanno voluto dimenticare, che hanno perso. Per questo ci odiano, come i loro deputati odiano Buttiglione”.
Ha ragione Buontempo a dire che sono trent'anni avanti a noi. E naturalmente sproloquia anche lui quando parla di valori e odio per Buttiglione. Ma soprattutto dimentica, o non può dirlo, che è la classe dirigente che governa questo paese a essere trent'anni indietro al resto d'Europa: trent'anni persi tutti, ma proprio tutti, nell'era Berlusconi. Perché qui bisogna capirsi. Non si tratta delle opinioni di un uomo qualunque, di un deputato peones della profonda provincia, che esterna a caso. Non siamo alle “Iene” dove i deputati fanno a gara a non sapere l'anno dell'unità d'Italia, e quello della caduta del muro di Berlino. Qui stiamo parlando di un filosofo italiano. O meglio di un signore che si presenta come filosofo e insegna filosofia, anche se la sua cattedra sta in una scialba "Accademia internazionale di Filosofia del Lichtenstein", che non è proprio Heidelberg, per intenderci. E la sua produzione scientifica non reca titoli memorabili. E soprattutto non sarebbero sufficienti neppure per un concorso da ricercatore. Qualche cosuccia senza impegno sulla scuola di Francoforte (quasi trent'anni fa), una biografia intellettuale di Augusto Del Noce, piuttosto smilza, e naturalmente il libro cardine sul pensiero di Karol Woityla che Jaca Book non ha più ristampato. Però lui in Europa si presenta come filosofo cattolico. E come professore, naturalmente.
Come se non bastasse Buttiglione ha un discusso collaboratore. Si chiama Giampiero Catone, è il capo della sua segreteria particolare, e neanche a dirlo anche lui è professore: “titolare della cattedra di Economia dell'Ambiente presso la Facoltà di Scienze Politiche all'Università S. Pio V di Roma”. Nel 2001 fu arrestato durante una cena elettorale dalla Guardia di Finanza, con l'accusa di bancarotta fraudolenta. Rinviato a giudizio nel marzo scorso, attende ancora il giudizio di primo grado. Ma il suo ruolo come factotum di Buttiglione ha ben poco di filosofico e teoretico e ha decisamente più a che fare con la ragion pratica, come direbbe Kant. E a essere sinceri, con tutta la buona volontà quel cognome proprio non gli si addice.
Buttiglione difende il suo Catone da sempre. Non ignora gli affari e le attività del capo della sua segreteria. Come non può ignorare la differenza che c'è tra le convinzioni della propria fede, rispettabili e da difendere, e il suo nuovo ruolo in Europa. E infatti Buttiglione non ignora proprio nulla. E le battute sulla lobby gay, oltre a mille altre, sono esternazioni ex cathedra, non sono gaffe, o errori di valutazioni. Esternazioni di fede che arrivano dritte da uno che si pensa filosofo. E credendolo si comporta come tale. Il primato del pensiero è quello che conta, solo che è del suo pensiero. Una forma di megalomania sia etica che teoretica. Una personalissima fondazione della metafisica dei costumi che arriva dalla Scuola del Lichtenstein di cui Buttiglione è leader, maestro, e temo unico esponente.
È davvero dura reggere anche questo. Mancava solo il filosofo del Lichtenstein in questo disastro italiano. Uno incapace di trattenersi perché troppo abituato a parlare per dogmi e postulati in luoghi dove non hai nessuna risonanza intellettuale. Se invece di fondare Accademie nel Lichtenstein avesse vinto una cattedra ad Heidelberg, alla Sorbona o semplicemente a Torino, forse la sua ansia compulsiva di mostrarsi filosofo a tutti i costi ne avrebbe trovato giovamento. E questa volta il suo discorso a Bruxelles sarebbe stato semplice semplice e senza pretese speculative. Il giusto per prendersi un banale voto a favore. Ma, per completezza di cronaca, Buttiglione la cattedra l'ha vinta a Teramo, non a Friburgo: oltralpe, nell'Europa che addolora Buontempo, non basta sapere bene il tedesco, ci vogliono anche i saggi filosofici, quelli che pesano davvero, pubblicati da editori importanti, che finiscono nelle bibliografie americane, inglesi, francesi, spagnole, e via dicendo. Ma se questo non avviene, la colpa sarà magari della lobby gay dei filosofi, naturalmente potentissima, che...
Ma non capisco: sul link alla pagina del sito UE c'è scritto che Buttiglione è ordinario presso l'Università S.PIo V di Roma. Non conosco tale Università e non so dire se sia meglio o peggio di un istituto in Liechtenstein, ma come attacco personale, questo di Cotroneo, mi sembra un po' deboluccio.
Piuttosto sarebbe interessante sapere se Buttiglione 'professa' l'attività di professore, oppure se si tratta di un titolo puramente 'onorifico' (la seconda che ho detto?). Sul sito dell'Università S.PIo (http://www.luspio.it/) non esiste un elenco dei docenti (effettivamente, se davvero Buttiglione insegna lì è meglio non dirlo troppo in giro...)
Figuriamoci che nel governo italiano c'è anche un ministro che si fregia di essere professore al Politecnico di Milano di un fantomatico corso che non risulta da nessuna parte... indovinate chi è?
nella bibliografia s'e' scordato di mettere che il rocco ha pure scritto la prefazione al dottissimo "Attualita' di Zaccagnini": un testo oggi introvabile!
Io in Statale ci bazzico ancora: sai quante volte mi son trovata a un esame a saperne di più dell'assistente e a trovarmi prof non esattamente intelligenti? E io non sono proprio una secchiona. Se, per dire, zecchi ha una cattedra non vedo perchè non dovrebbe averla buttiglione. E questo a tutto svasntaggio dei molto inteligenti e molto onesti ( e molto frustrati ) che stanno ancora in Università.
... Scuole CEPU?... probabile...
Oggi con "qualche €" ti compri tutto, anche la laura... Alla faccia!