noi andiamo in bici per un complesso di motivi, riassumibili in: mi stanno fregando la vita, me la riprendo. cerco si spiegarmi meglio: non dò la colpa ai soliti politici o agnelli o i parùn (stiamo parlando di cose serie, cioé la nostra vita e quella di chi verrà dopo), pure se la loro inerzia, splendida e beffarda condizione dell’uomo medio italiano, é da rigettare.
siamo assediati.
ci stiamo uccidendo per niente.
il conto nazionale dei trasporti (librone enorme che fa ogni anno il punto della situazione in tutti i settori del trasporto, a cura dell’Apposito Ministero) dà queste inesorabili, immutabili, incredibili cifre: l’80% degli spostamenti in vettura é nell’ambito dei 5 km (non esistono solo le grandi città); la media nazionale di persone trasportate é di 1,3 a vettura; le vetture private in itaglia sono 31 milioni, più di una ogni due abitanti vivi (compresi neonati e vegliardi sul letto di morte).
qualcosa non va.
qualcosa, ripeto, non va.
qualcuno, molti, sbandierano una libertà inesistente. sono prigionieri di un concetto che non conoscono, e di cui non saprebbero bene che fare se lo vivessero realmente.
questo in molti campi, non solo nello spostamento personale.
si fanno togliere (attenzione: non soldi) tratti ampi di vita senza neanche accorgersene, e sia, ma ciò che é più grave “godendo” di questo, acclamando questo furto.
un fenomeno di inaudita gravità per quella splendida specie a cui non sono certo di essere onorato di appartenere.
vi scongiuro di risvegliarvi dal vostro torpore.
se io avessi il tappeto volante non andrei in bici. io e quelli che fanno parte di questo strano e stralunato movimento di reazione personale all’assurda società italiana siamo arrivati/tornati alla bici per sottrazione, non per addizione. abbiamo tolto dalle nostre vite gli orpelli inutili e ci siamo riappropriati (parzialmente, per ora; ma possiamo sempre migliorare) della nostra esistenza.
Alberto, mì sun de Zena, ho fatto la pendolare ferroriviaria per un sacco di tempo. Prova tu ad andare in bici a genova, con un vento che ti sposta, il pioggino di traverso e le eterne salite-discese e poi mi racconti. Io mi spostavo a piedi e coi mezzi, ma dopo le 8 di sera era dura durissima e l'auto diventava un obbligo specie se abitavi in provincia. A milano la vita del ciclsta è più umana e ci sono più mezzi pubblici. te lo dico dopo 10 anni di esperienza.