Eppure mi pareva che da maggio in qua l'equivoco sull'ipotetico film anticlericale fosse già stato abbondamente chiarito: non lo è, non lo vuole essere. Che poi non sia il miglior film di Almodovar, son d'accordo. Ma non è questo il motivo, secondo me.
d'accrodo con marquant: non è un film anticlericale. è una fissazione di francesco merlo e del suto tristissimo articolo recensione apparso, ahimé, adirittura in prima pagina su repubblica. Non aveva capito niente di quel film, o forse non l'aveva visto, gliel'han raccontanto.
il film è come già detto in realtà un noir. un fil su raccontare storie. su come costruirle. é come se il punto di vista fosse costantemente quel del regista protagonista e della storia, la sua persoale, ma anche quella che deve raccontare sulla pellicola, continuano a intrecciarsi e nemmeno lui sa come raccontarle. Il film a me è piaicuto sopratutto per questo, i preti li ho visti come cosa totalmente secondaria e, se mi concedi, anche l'omosessualità. magari mi sbaglio, intendiamoci.
io e' da quando e' uscito (l'ho visto subito) che sto cercando di convincere chi non l'ha ancora visto che NON e' un film anticlericale...
e ho lo stesso successo di quando cerco di spiegare che il satanismo esiste solo nelle comunita' davvero credenti e religiose...
e' un film amaro, e per la prima volta non ironico. ma pur essendo per questo diverso rimane grandissimo. non c'e' nessun@ che si salva. lucido come un pasto nudo.
E' un film amaro, è vero. Ma, insisto, io l'ho visto molto come un film sul fare film. Tutti i grandi registi ci cadono, per fortuna, prima o poi. pensa a fellini, truffaut, wenders. E' una riflessione sul proprio lavoro, sulla propria vita, su cosa significa scrivere una storia. Su come possa cambiare, su cosa siano gli spunti narrativi. Su come questa storia si intreccia inveitabilmente con la nostra storia privata, con i ricordi, con i pensieri. In fondo, cosa c'è di più importante da scrivere, raccontare, girare se non la Storia, cioè la propria. Non nel senso di un'autobiografia, non il racconto della propria vita: il racconto della vita della propria mente, dei propri pensieri, dei propri dubbi. E' un film amaro perché racconta anche la difficoltà di costruire un finale, di "chiudere" una storia, una volta averla aperta. Pensata la finale di quel film: è un inno al noir. a come si può costruire modificare, cambiare. C'è il finale del film nel film che è quello dei due preti che rompono il collo all'ex alunno. E c'è il finale sadico e cinico del "cattivo del film" (nel film) che racconta al regista la vera fine del film, in diretta: tragica, amara, senza speranza. E c'è il finale libero del regista che, appreso questo finale, diventa un grande regista e "continua a fare film con la stessa passione" (la scritta finale, prima dei titoli di coda). Non so se è bello questo film, ma fa riflettere, soffire e pensare. Adatto a chi non ha certezze e crede sempre e comunque nella forza della provvisorietà e nella voglia di mettersi in discussione. Cosa che credo il buon Merlo non farà mai, con buona compagnia di molti sedicenti critici cinematografici italiani. Gente che quando vede "L'ultimo bacio" è capace di gridare al capolavoro. In ultima analisi solo la mente di un omosessuale, quindi di chi è abituato a soffrire, sa partorie film così.