Il prezzo da pagare
di Piero Sansonetti
Da quando è iniziata l'invasione anglo-americana, in Iraq ci sono state centomila vittime. Più di 5000 ogni mese, quasi 200 ogni giorno. La grande maggioranza di questi morti non sono militari: moltissimi sono donne e sono bambini. E la maggior parte di questi morti - specie i bambini e le donne - sono stati uccisi dal fuoco occupante.
Cioè dagli americani, dagli inglesi, forse dai polacchi e dagli italiani. Tutto ciò è scritto su una prestigiosissima rivista medica britannica, The Lancet, la quale pubblica i risultati di una ricerca molto seria condotta dagli esperti della Johns Hopkins School di Baltimora.
E gli esperti di Baltimora assicurano che le loro stime sono per difetto. E che queste centomila vittime della guerra, o più - in 19 mesi - vanno ad aggiungersi alle circa 50 mila morti che ogni anno, già in precedenza, si accumulavano per colpa dell'embargo proclamato dall'occidente, che aveva ridotto l'Iraq alla fame e al dissesto sanitario. Qualche anno fa qualcuno chiese alla segretario di Stato americana Maddelein Albright (la signora di ferro dell'amministrazione Clinton): «Cosa ha da dire, signora, di questi 50 mila morti all'anno, che sono più di mezzo milione di vittime in 10 anni?». La Signora Albright non si scompose; rispose così: «E' il prezzo che si paga alla lotta per la democrazia». Con l'amministrazione Bush il prezzo è salito ancora. Si è impennato, come quello del petrolio.
Noi giustamente ci indignamo, fremiamo di orrore e di rabbia, ogni volta che i terroristi, in varie parti del mondo, spesso in Israele, colpiscono ferocemente i militari o i civili. E uccidono dieci o venti o trenta innocenti. Come hanno fatto a Taba, in Egitto, qualche settimana fa, o come hanno fatto ieri, in Pakistan. Abbiamo ragione, e dobbiamo imparare a non abituarci a questo orrore, a non cedere alla rassegnazione. Guai. Però cosa bisogna dire di fronte alla mattanza, dieci volte più grande, dell'invasione americana? E cosa deve dire l'Onu, che è il custode della legalità internazionale? E ai nostri politologi che continuano a spiegarci che le truppe d'occupazione devono restare in Iraq per evitare che la situazione degeneri, basteranno questi 100 mila morti per capire che è già degenerata? O ci diranno anche loro che è il giusto prezzo da pagare? Cosa dobbiamo aspettare ancora per sentirli dire: "Via dall'Iraq, se non altro per ragioni umanitarie? "
è importante sottolineare che "The lancet" non è un sito di no-global cacasotto (come ormai è di moda chiamare chi non è d'accordo con questa guerra):"Tha lancet" è forse la più autorevole rivista medica del mondo...non che sia vangelo,ma ci va molto vicino.
Il PDF dello studio si trova quà:
http://image.thelancet.com/extras/04art10342web.pdf
ciao