Questa è l’Italia, il cinema vi avverte
Da Pannone un film che racconta l’immoralità della borghesia. Nessuno lo distribuisce
Alberto Crespi
Per prima cosa dovremmo dirvi chi sono Gianfranco Pannone e Giovanni Fasanella. Ci vien da ridere. Fasanella ha scritto per anni su questo giornale, prima di passare al Panorama pre-berlusconesco: i lettori over 40 lo ricorderanno benissimo. Pannone è uno dei più bravi documentaristi italiani. I suoi lavori sono passati decine di volte sulla Rai e sulle tv a pagamento (prima Telepiù, oggi Sky) e uno di loro, Latina/Littoria, ha vinto premi a tutti i festival più importanti, da Torino in giù. Proprio al Torino Film Festival, lunedì 15 novembre, passa il loro documentario Pietre, miracoli e petrolio: è una storia sul nostro Sud, ma è diversa dalle solite storie di mafia e sottosviluppo; è una storia di ricchezza. È la storia della scoperta del petrolio in Basilicata, nella Val d’Agri, l’8% del fabbisogno nazionale di greggio in provincia di Potenza. Solo che la Val d’Agri è un parco naturale e il petrolio non porta solo ricchezza, ma anche inquinamento. Pietre, miracoli e petrolio è un apologo sul tema principe della nostra epoca: il difficile equilibro tra sviluppo e protezione della natura, tra ricchezza e onestà.
Di quest’ultimo tema parla anche Io che amo solo te, il primo lungometraggio di finzione che Pannone ha terminato di girare qualche mese fa. Una storia privata su sfondo pubblico: un architetto di sinistra che, per non rovinarsi la carriera, passa a destra. Ora, voi penserete che tra un film di finzione e un piccolo documentario di un’ora il primo dovrebbe conquistarsi tutta l’attenzione dei media e dei distributori. Sbagliato: Pietre, miracoli e petrolio va a Torino, poi a Milano (alla rassegna Film-maker) e infine passa, come da contratto, su Raitre, all'inizio di dicembre. Io che amo solo te per il momento se ne sta chiuso in un cassetto. Nessuno lo vuole distribuire. Per fortuna un piccolo festival in programma in questi giorni, Sulmonacinema (diretto da Roberto Silvestri), domani lo presenta. Speriamo serva a qualcosa, anche se l’esperienza insegna (si vedano i film di Guido Olivares e di Francesco Munzi dei quali parliamo in questa stessa pagina) che anche festival prestigiosi come Torino e Venezia non assicurano ai film un’uscita, tutt’altro.
In attesa che un distributore si faccia avanti, Pannone una spiegazione se l’è data: «Ho girato Io che amo solo te per non piangermi addosso: dopo Latina/Littoria, che pure aveva avuto ottimi riscontri, ogni altro progetto sembrava bloccarsi di fronte a ostacoli insormontabili. Per cui, con 300.000 euro di budget e senza alcuna garanzia, mi sono buttato su questo progetto che poi è il mio esordio nel cinema di finzione. Ma capisco di aver “sbagliato”: ho raccontato un intellettuale di sinistra che si butta a destra, e ho scontentato tutti. Io, però, sono fatto così: come documentarista, come cineasta e come persona, detesto le semplificazioni. Figurati che, a costo di essere fuori moda, non amo Michael Moore proprio perché non amo i film-pamphlet che vogliono convincere lo spettatore. Preferisco mostrare più che dimostrare (lo diceva un certo Rossellini), preferisco porre domande, e la domanda di Io che amo solo te è: siamo sicuri che Berlusconi, e il “berlusconismo”, riguardino solo la destra? Non è piuttosto un pezzo di identità nazionale? Secondo me il “berlusconismo” non è di destra o di sinistra, ma è un modo arruffone, profittatore, tracotante di vivere la politica e la realtà. Temo che Berlusconi sia dentro tutti noi, anche se non ce ne vogliamo rendere conto». Il film, continua, «parla di una borghesia debole, frustrata, appiattita, conformista: ricordiamoci che una borghesia simile consegnò l’Italia al fascismo dopo la prima guerra mondiale… e anche il fascismo non era un’escrescenza, un incidente politico calato da un pianeta alieno, ma era quell’Italia, o comunque una parte consistente di essa. Il documentario, in fondo, parla di cose simili: di una regione, la Basilicata, governata dal centro-sinistra in cui bisogna fare i conti con una ricchezza improvvisa, invasiva, difficile da governare. Anche lì, mostrare le contraddizioni mi sembra più interessante che fornire delle soluzioni».
Sul documentario, Pannone ha una bella definizione: «È un genere “orizzontale”: non bisogna guardare il mondo dall’alto». Lui e Fasanella non lo faranno nemmeno nel loro prossimo progetto, che racconterà un pezzo di storia della sinistra italiana: dal libro di Fasanella Che cosa sono le Br? trarranno Il sol dell’avvenire, ritratto-intervista di un brigatista non pentito, ma sicuramente evoluto (e attivo nel sociale) come Alberto Franceschini, figlio e nipote di comunisti. Anche lì, molte domande. Le risposte dovremo mettercele noi.