«La destra ha distrutto il paese»
Scalfari: è emergenza democratica. Fassino: abbiamo un progetto, sapremo ricostruire l’Italia
Andrea Carugati
«Io sono molto preoccupato perché questo è il peggiore governo del storia d'Italia. Mi si dirà "Beh, certo e il duce?". Lui era più intelligente, il fondale era di cartapesta, ma c'era un elemento di genialità. Questo invece è solo un venditore di tappeti». Era un Eugenio Scalfari incontenibile quello che ieri sera ha duettato con Piero Fassino al Cierrebi di Bologna. Uno Scalfari che ha rapidamente rinunciato ai panni stretti de moderatore per indossare quelli dell'oppositore senza e senza ma del governo Berlusconi. Di fronte al Fassino dai toni misurati («Dobbiamo rassicurare, fare proposte, siamo gente seria») il fondatore di Repubblica ha sparato a zero: «Il paese vive un'emergenza democratica, stanno smantellando la Costituzione, costruendo un animale che non si sa come chiamare. La realtà è che vogliono ridurre il parlamento a zero, svuotare tutti i poteri del presidente della repubblica scalpellare anche la Corte costituzionale. Per non parlare dei nuovi criteri di nomina dei vertici Rai».
«Io sono preoccupato e dovresti esserlo anche tu», dice Scalfari a Fassino. «Capisco che in mezzo alla tua gente ti senti gioioso…». Il segretario della Quercia sorride e abbozza: «Sono preoccupato anche stasera». E parla dell'«ideologia destrutturante della destra», del suo «filo azzurro», dall'economia alla Costituzione, passando per la politica internazionale. Ma Scalfari non è soddisfatto e insiste: Io Berlusconi l'ho conosciuto bene ai tempi della guerra di Segrate, abbiamo cenato insieme venti volte: ti mette a tuo agio, ti offre il the verde, peccato che di 3mila tappeti che ti fa vedere quelli buoni non siano più di dieci. La gente se n'è accorta».
Il duetto procede morbido, a colpi «Caro Eugenio» e «Caro Piero»: ma i due campioni tirano in due direzioni diverse. Anche sulle elezioni Usa: «La destra ha vinto perché ha saputo rassicurare», dice Fassino. «Veramente ho sentito Bush dire: "Dio non è neutrale perché è con noi"». Alla faccia della rassicurazione, sembra voler dire il fondatore. Ma non lo fa e lascia che Fassino citi Kerry e il più sobrio proposito di chiedersi, ogni giorno, se «io sono con Dio». Insomma, gli assist di scalfari per vedere in rete un Fassino d'attacco vanno a vuoto. Nonostante il pubblico sia una curva protettiva, che si coccola il suo segretario. Fassino, però, ha voglia di parlare del Paese, delle «nostre proposte», dalla precarietà dei giovani, agli anziani che per fortuna vivono sempre di più. Parole d'ordine che devono «convincere quegli italiani persuasi che Berlusconi è incapace di governare ma ancora sicuri di affidarsi a noi». Scalfari, però, ha un'obiezione: «Finora vi ho sentito discutere dei contenitori, più che dei contenuti. Attento piero che la gente non ne può più». La platea scatta nel primo applauso robusto. E il fondatore va avanti: «Dite che la federazione sarà il motore della Gad. Ma il motore della Fed non possono che essere i Ds. E la Margherita che ne pensa? Mi sa che ci sono un po' troppo motori: è un po' barocco». Fassino replica con serenità, mette in fila le parole d'ordine: pace, eguaglianza. E spiega: «Per noi due è fondamentale la saldatura tra una denuncia intransigente dei guasti di Berlusconi e la capacità di indicare un progetto». Cita, a più riprese, la retromarcia del premier sulla riduzione fiscale. E ricorda a una platea attenta questi suoi tre anni alla guida della Quercia: dal minimo storico del 2001, fino a oggi: «con un partito "vivo". Sono a metà dell'opera e se vincerò proporrò una gestione collegiale del partito a livello nazionale, come già accade in tantissime realtà locali. Oggi c'è un clima di grande serenità e unità». Fassino si concede anche un omaggio a Sergio Cofferati, che di lì a poco si siederà in platea: tra i protagonisti del rovesciamento che è avvenuto dopo il 2001 cita per primo «il movimento sindacale». Cofferati non lo sente, ma c'è da giurare che qualcuno glielo dirà. Poi Fassino aggiunge: «Io e Sergio siamo meno distanti di quanto si creda, e di quanto lui creda. Siamo entrambi capaci di leggere una busta paga».