Bel tipo
Rachid. Un pazzo sbarellato che non c'enta nulla col pubblico né con l'acustica del
Teatro Strehler di Milano, che dalla terza fila in poi ha mescolato percussioni, voce, mandolino e chitarra acida del (pessimo) chitarrista in un pastone sonoro poco interpretabile. Eppure il concerto di stasera, incastrato nel
Festival del Mediterraneo, è stato molto positivo. Nonostante un doppio antefatto non mi avesse messo nelle migliori disposizioni d'animo per apprezzare un concerto oggettivamente caotico, in lingua incomprensibile, a tratti sgangherato. Ma procediamo con ordine.
La serata si stava mettendo male: la nube generata dall'incendio di un capannone di rifiuti a Settimo faceva bruciare la gola e un cameriere leghista da Moscatelli ("Roma ladrona", "Fini ha rinunciato allo stipendio", "Berlusca non prende soldi", eccetera) faceva tristezza. Poi però, ecco la ventata di vitalità franco-algerina di questo ex-ragazzo (classe 1956) che ha metabolizzato una vita difficile da extracomunitario in creatività musicale.
Il concerto di Rachid Taha si divide in due parti ben distinte. Nella prima suona a getto continuo una serie di pezzi molto "clasheggianti" (e pure la sua versione di Rock The Casbah dei Clash, rivisitata e rinominata Rock El-Casbah). Questa parte è la peggiore, per la inadeguatezza dello Strehler e del chitarrista francese (bravissimo a interpretare Joe Strummer nei movimenti, molto meno nei suoni). Poi il ritmo si placa un po', le melodie acquistano più sapore magrebino e il concerto si fa interessante. Rachid è un vero folletto, scombussolato, barcollante, arruffato, che va su e giù per il palco, bacia i numerosi connazionali che ballano sotto il palco, lancia acqua sul pubblico manco fosse allo Shea Stadium. Straordinaria energia, straordinaria creatività. Già notissimo a casa sua, questo sincretico menestrello farà strada anche qua, non solo tra i mediorientali, se è vero che l'ultimo album
Tekitoi spopola già in Francia.
Alla faccia di Bossi che si finge sano, di Borghezio che grida "musulmani di merda", del cameriere di Moscatelli e dei cafoni che appendono poster invitando gli immigrati ad andare "fuori dalle balle", Rachid Taha ha portato il sole magrebino nel grigior padano. La globalizzazione "buona" non si ferma, la musica è uno dei grimaldelli che aiutano a scardinare la grettezza.
A margine: visto con piacere Gad Lerner e consorte che ballavano sotto il palco.