Caro Bush, Voltiamo pagina
Giuliano Amato, Valery Giscard D' Estaing, Ralf Dahrendorf
Caro presidente Bush, ora che la campagna elettorale si è conclusa e le acque si sono calmate, la invitiamo a una rapida revisione delle relazioni tra Stati Uniti ed Europa. Nel sistema globale del dopo 11 settembre, gli Stati Uniti avranno bisogno di amici ancor più di prima. Per quanto potente il suo Paese possa essere, l' esperienza ha già dimostrato che avrà bisogno di alleati e istituzioni globali funzionanti per difendere i suoi interessi fondamentali. I migliori potenziali alleati per gli americani restano gli europei. Malgrado le nostre attuali divergenze, condividiamo valori fondamentali, siamo impegnati nella difesa della democrazia e dell' economia di mercato, siamo strenui sostenitori della necessità di rendere efficaci le istituzioni multilaterali. Negli ultimi due anni anche gli europei hanno imparato una dura lezione: divisi, non siamo in grado di esercitare alcuna significativa influenza internazionale. La costruzione di un nuovo corso con gli Stati Uniti non apporterà solo un decisivo contributo alla nostra sicurezza nel sistema globale emergente, ma sarà anche una condizione essenziale per preservare la coesione europea. Ci sono cinque importanti punti da realizzare. Primo: multilateralismo ed efficacia. Indipendentemente dai pro e contro di un' azione multi o unilaterale oggi, nei prossimi decenni i motivi per scegliere la prima sono destinati ad aumentare. L' ascesa di Cina e India in qualità di potenze economiche, militari e diplomatiche appare certa e la Russia sembra avviata nella stessa direzione. (...) Solo una solida struttura euro-americana può rendere le istituzioni internazionali più efficaci. Questo vale anche per la riforma dell' Onu, che dobbiamo promuovere insieme. In verità, gli europei devono accettare che le vecchie regole sull' uso della forza sono da aggiornare, data la natura delle nuove minacce, mentre gli Stati Uniti sono chiamati a riconoscere apertamente i meriti di un compiuto multilateralismo. Secondo: un' Europa forte non può che tendere a una forte alleanza. Signor presidente, un' Europa più integrata rientra negli interessi a lungo termine degli Stati Uniti. (...) L' America potrebbe proporre una serie di compromessi. Prometterci ad esempio che, se riusciremo a onorare i nostri impegni, otterremo un ammorbidimento delle regole protezionistiche americane sul trasferimento delle tecnologie militari. Potreste persino decidere di trasmetterci parte delle tecnologie di guerra «di rete», facilitando così un effettivo coordinamento tra le nostre forze; offrirci più posti di comando all' interno della Nato. E collaborare di più con i servizi segreti dei vostri alleati chiave. (...) Perché non incoraggiarci a pensare in maniera globale, accettando di lavorare con noi all' elaborazione di strategie congiunte di sviluppo per Russia e Cina? Tanto l' America quanto l' Europa auspicano che l' economia russa cresca forte e integrata con l' Occidente, settore energetico incluso, ma desideriamo anche che il conflitto ceceno si concluda pacificamente e che siano tutelate le libertà civili. (...) Rispetto alla Cina, i nostri interessi fondamentali sono simili. (...) Insieme, Unione Europea e Stati Uniti, dovremmo esprimere le nostre preferenze e chiarire con la Cina che le sue azioni e scelte politiche influenzeranno le nostre. È indispensabile un accordo sulle linee guida comuni per la vendita di tecnologie militari - e non solo - alla Cina, prima che la questione diventi occasione di una nuova spaccatura strategica. Terzo: azione congiunta in Medio Oriente. Signor presidente, nei prossimi quattro anni, lei dedicherà probabilmente più tempo ed energia al Grande Medio Oriente che a ogni altra regione del mondo. (...) Sarà difficile convincere altri Paesi a inviare truppe in Iraq, eppure il contributo europeo al sostegno economico e politico resta importante. Per ottenerlo, signor presidente, non basta appellarsi all' unità atlantica. Esprima piuttosto, apertamente, l' intenzione di aprire una nuova fase nel rapporto tra Stati Uniti ed Europa e di considerare un' Europa più forte un soggetto politico in grado di assumere maggiori responsabilità internazionali. (...) Meglio ancora, offra agli europei una ricompensa: se l' Europa sosterrà i comuni sforzi in Iraq (con l' invio di truppe o con un crescente impegno nell' addestramento delle forze irachene) e destinerà una maggior quantità di risorse finanziarie alla ricostruzione, l' America terrà fede alla promessa di promuovere uno Stato palestinese entro il 2006. Sulla questione israelo-palestinese, occorre che lei dia prova, nei fatti e non solo a parole, di un serio impegno da parte in favore della soluzione dei due Stati. Per la maggior parte degli arabi, l' effettiva volontà di Washington di destinare risorse materiali e politiche alla soluzione del problema israelo-palestinese è la condizione fondamentale per la permanenza americana nella regione. L' America proponga all' Europa una comune azione di sostegno e addestramento delle forze di sicurezza e della polizia palestinesi, nonché una cooperazione tra Nato e Paesi arabi, come l' Egitto, per il mantenimento della sicurezza, una volta garantito il cessate il fuoco. (...) Una forza a guida Nato potrebbe rivelarsi la sola via d' uscita possibile. Al tempo stesso, noi europei dovremo adoperarci per rendere possibile l' affermazione di una leadership palestinese responsabile e affidabile nel dopo Arafat. Quanto all' Iran, molti europei ritengono che la politica statunitense sia tutta bastone e niente carota; la maggior parte degli americani pensa l' esatto contrario della politica europea dell' «impegno a condizione». Gli iraniani hanno abilmente sfruttato queste divisioni transatlantiche per procedere con il loro programma nucleare. Europa e America dovrebbero in parte scambiarsi i ruoli. Incoraggiando gli europei a usare il bastone, finché il provvisorio accordo con l' Iran non sarà realizzato; e convincendo gli americani a dire con chiarezza quali incentivi siano disposti a offrire a Teheran in cambio della cessazione, verificabile, del programma nucleare iraniano. Sarebbe utile creare un gruppo di raccordo tra Stati Uniti, Unione Europea e Russia. Quarto: dobbiamo elaborare un nuovo corso economico (...) L' azione più rilevante della sua prima amministrazione, per l' impatto che ha avuto sull' economia mondiale, è stato il passaggio del bilancio federale dal surplus di quasi 250 miliardi di dollari del 2000 al deficit di oltre 400 miliardi di dollari del 2004. Cosa che ha potentemente stimolato gli Stati Uniti e le economie mondiali, ma ha anche accresciuto il livello di instabilità del sistema finanziario internazionale. È di un nuovo corso così concepito che abbiamo bisogno: impegno da parte degli Stati Uniti in vista di un graduale consolidamento fiscale, impegno in Europa per un' accelerata azione riformatrice che rafforzi la crescita potenziale e impegno da parte della Cina a sostituire il cambio fisso con il dollaro con un cambio fisso applicato a un gruppo di valute che includa sia dollaro che euro. (...) Dovremmo incoraggiare un' azione di collegamento tra i Paesi del G7 e la Cina (...) Quinto: un nuovo forum strategico. (...) Gli alleati occidentali dovranno prendere insieme delle decisioni. Da parte americana, questo comporta una reale consultazione, non la semplice attesa che l' Europa segua la linea tracciata dagli Stati Uniti. Da parte europea, significa creare un miglior meccanismo decisionale collettivo. Suggeriamo di istituire un Gruppo di raccordo, un forum al quale partecipino Unione Europea e Stati Uniti, che agisca in maniera decisamente più funzionale di quanto non facciano gli organismi già esistenti. (...) Signor presidente, sulla base delle nostre radici storiche, è naturale - e persino salutare - per gli americani quanto per gli europei definire le nostre rispettive identità in termini di reciproche differenze. Tra le due sponde dell' Atlantico sta emergendo una spaccatura di valori - soprattutto se consideriamo le nostre opinioni pubbliche - che rende impossibile appellarsi unicamente a valori comuni come base di una forte alleanza. Ma restano da evitare due errori di prospettiva: occorre che gli americani non smettano di considerare l' integrazione europea tra i loro principali interessi e che gli europei non inizino a definire la loro identità in opposizione agli Stati Uniti. Condividiamo ancora principi di civiltà e interessi mondiali che, se agiamo insieme, saranno tutelati in modo più efficace. E che restano fondamentali per un nuovo corso transatlantico.
Aspen Institute Italia Global Viewpoint
I firmatari:
AMATO Professore di Diritto costituzionale, ex premier italiano, è stato vicepresidente della Convenzione che ha messo a punto la Costituzione europea (ndr: braccio destro e delfino di Bettino Craxi)
DAHRENDORF Membro della Camera dei Lord britannica, ha diretto la London School of Economics
GISCARD D' ESTAING Ex presidente della Repubblica francese, ha guidato la Convenzione sulla Carta Ue (ndr: intascatore di manciate di diamanti dal fu Bokassa)
Arroganti. Questo tipo di mossa devono farla i governi. In assenza di questo si spinge perchè succeda non si fa di certo una letterina privata per potersene lavare le mani. Anche perchè a questo tipo di confronti si va per contrattare: che peso contrattuale possono avere tre personalità per quanto autorevoli?
Comunque se il destinario è altro da quello indicato stiamo a vedere che effetto sortirà.
ciao
Giusto Arroganti..