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Alberto Biraghi
Sette giorni
Messo in scena nell'ambito del
Festival del Mediterraneo al Piccolo Teatro, questo
Sette Giorni tratto da un testo dell'israeliano Shlomo Moshkovitz, prende spunto da un'ordinaria vicenda familiare (marito e moglie un po' in crisi, figlia adolescente, vecchio amore di lei che ricompare) per affermare che le difficoltà della vita vanno affrontate con la comprensione, non con la contrapposizione.
Secondo gli amici con cui l'ho visto (ammetto di non aver colto questo contenuto, ma loro sono molto addentro alle cose della Palestina e freschi di Tel Aviv) la pièce è allegoria del rapporto tra israeliani e palestinesi (il fidanzato che riappare in effetti è interpretato dall'arabo Mochamad Bakri, bravissimo). Per la prima mezz'ora abbondante si stenta a capire dove si sta andando a parare (ovviamente si recita in ebraico e i sottotitoli, striminziuti e approssimativi, non aiutano). Poi tutto si chiarisce e la storia cattura l'interesse, anche se la gran quantità di parole e la fissità della scena la rendono un po' ostica da digerire. Difetto veniale comunque, che non toglie valore a un dramma attualissimo, che riesce a trasmettere con chiarezza valori e contraddizioni dell'odierna Israele.
11.12.04 23:49 - sezione
teatro