eccomi qua, alberto. io, io sono riuscito a finirlo e l'ho anche amato molto. c'è da dire che io sono un proustiano convinto, se mi si passa il termine e che adoro un certo modo "irregolare" di mischiare ricordi, storia, pensieri. Io proprio non capisco come sia possibile, sono franco, parlar male di questo libro. Mi pare davvero commento prevenuto e mi viene il sospetto, che non ti sia piaciuto perché non è chiaramente anti-sionista e anti-sharon. Non si parla mai di Sharon, non si parla dei Palestinesi in sè. E allora? Non è sufficientemente "di sinisrra"? vabbeè, lascio perdere, scusa, queste sono mie divagazioni. Ritorno al libro. "un intera seduta psicanalitica sulla morte della madre", dici? Esatto, rispondo, lo è. Ma questo gli permette, di tirare fuori tutto, di fare un'esame di coscienza di tutto l'ebraismo. Dolce, suadente, e triste al contempo. Non c'è trama, è vero. Ma nelle atuobiografie a memoria involontaria non ci deve essere. E questa è un'autobiografia a memoria involontaria. Un consiglio, alberto: vai aavnti a leggerlo. Curioso che proprio venerdì su questo forum nel post su "the chosen" avevo citato proprio Amos Oz, pensando proprio a questo libro, dissentendo dal giudizio affrettato e, a mio avviso, molto supeficiale di Berja sul film "the believer". L'hai visto? cercalo a noleggio, lo trovi senza problemi, mi farebbe piacere che lo vedessi. e che poi ne parlassimo. sull'ebraismo c'è un mare di cose che si preferisce non dire, per politically correcntess o per paura.
Ma perché se a uno non piace un libro deve essere per forza perché è sionista, milanista, comunista, eccetera? Non mi è piaciuto e basta. Anzi, non è che non mi è piaciuto, non sono riuscito a proseguire perché mi annoiava. Amo le letture dirette. Tutto qua.
è che mi stupisce che non ti sia piaciuto. nel senso che non stiamo parlando di un libro qualunque, di una storiella, stiamo parlando di un libro che tira fuori temi profondi, di un libro serio, insomma. Non so come spiegarmi, è che spesso, come ti ho già detto, leggendo le critiche che adduci per dire che una cosa non ti è piaiciuta, ho sempre l'impressione che non ti sia piaicuta perché non ci hai trovato dentro una motivazione politica forte, una critica a qualcosa. Per esempio, quando hai criticato "la maleducaciòn", film che a me invece è piaciuto (pur non reputandolo un capolavoro), ho letto che non ti era piaciuto perché te aspettavi un film "anti-clericale" e mi è venuto il dubbio che se il film fosse stato uguale, ma solo dichiaratamente anti-clericale allora lo avresti apprezzato. lo stsso tarlo ce l'ho avuto quando hai criticato duramente "se mi lasci ti cancello" adducendo che la faccia di jim kerry ti dava ai nervi. Mi sembra insomma, che tutto ciò che non ti è immediatamente chiaro, tutto ciò che non usa un loinguaggio, come dici giustamente tu, "diretto" non ti piaccia e lo bolli come noiso. E detto da una persona colta come te, mi pare un po' un limite. E poi, perché spesso parli male di cose che invece io ho apprezzato molto e quindi essendo un amante del cinema e dei libri (e un odiatore della tv, su questo la pensiamo allo stesso modo), mi sento, probabilmente a torto, chiamato inevitabilmente in causa.
E questo di Amos Oz è uno dei pochi libri di un autore contemporaneo che ho apprezzato negli ultimi anni. Proprio perché non diretto, e più sottile, più ispirato. Più bello, insomma.
Perché viviamo in un'epoca in cui i libri sono come il latte o lo yogurt, scadono. Scandono dopo due settimane in cui li hai letti. Non ti resta niente di quello che hai letto. Sono tutti gialletti da quattro soldi, o pseudo thriller, o tentativi di parlare di cose contemporanee. Non c'è ispirazione, non c'è cultura. In poche parole, non c'è niente da dire. La letteratura contemporanea oggi sta diventando come la televisione: un contenitore vuoto di contenuti. Se pensi che "io uccido" di Faletti è stato giudicato da molti come il libro scritto dal miglior scrittore italiano vivente (parole del corriere della sera). C'è poco da leggere oggi. Sia di italiano che di straniero. ci sono solo letture da ombrellone. Come se gli italiani fossero perennemente in vacanza. In vacanza da cosa? dal pensiero, dalla fatica, dallo sforzo di pensare e di essere più critici. C'è un livellamente del gusto verso il basso da fare schifo. Oggi gente come fabio volo, o le Lecciso possono scrivere libri e dirsi "autori". Una volta (neanche tanti anni fa) lo potevano fare i Calvino, i Buzzati, i Pasolini. Oggi tutti scrivono un libro.
Ecco, in questo panorama (ripeto italiano ed estero) quel libro mi pareva un'eccezione. Un'eccezione che era importante cogliere e non lasciare. Non è un capolavoro, ma è un gran bel libro.
>come Cristina, a cui è piaciuto tantissimo, perché ci ha colto elementi importanti per >comprendere Israele
amare Israele, Alberto. Per comprendere Israele non serve la letteratura. Basta leggere un libro di storia ben fatto. Questo libro a me ha aperto il cuore, non la mente. E quando l'ho finito e' stato un dolore profondo, come quando parte per sempre un amico.
Io l'ho letto tutto, perchè per principio mi impongo comunque di arrivare in fondo (a volte succede che magari l'ultimo capitolo ti apre prospettive diverse su tutta la storia)ma che fatica e che noia! Posso capire che un libro così concepito possa colpire, ma con me non c'è riuscito proprio. Io non l'ho trovato nemmeno proustiano ma solo tremendamente noioso.
è uno "slow book", in un'epoca di fast book.
Pensavo di leggerlo, ma gli altri di Oz mi son piaciuti molto (quasi) tutti, "micheal mio" e "una pantera in cantina "su tutti...