La lettera chiave è la «b». La «b» che in originale trasforma il titolo Prìde and prejudice, romanzo di Jane Austen (in italiano Orgoglio e pregiudizio), in Bride and prejudice, dove «Bride» significa «sposa». E la «b» che trasforma Hollywood in Bollywood: che è poi la «b» di Bombay, e che nella parola Bollywood indica l'industria del cinema indiano. Industria, sì: l'India produce più film degli Stati Uniti (quasi un migliaio all'anno) e li esporta in tutti i paesi dove ci sono comunità indiane, Inghilterra compresa; e comun-que il mercato interno è talmente vasto e ricettivo da consentire l'esistenza di un cinema ricco e di uno star-system al cui confronto i divi hollywoodiani fanno vite da austeri impiegati del catasto. Gurin-der Chadha è una regista di origini indiane, cresciuta a Londra, divenuta famosa con la commedia inter-etnica Sognando Beckham, in cui una ragazzina anglo-indiana si struggeva nel mito del calciatore più pop sul mercato. Matrimoni e pregiudizi è un film di Bollywood «corretto» all'Occidentale. Gran parte dei film di Bollywood sono musical: a volte di soggetto fiabesco/religioso/mitologico, come il meraviglioso Asoka passato a Venezia nel 2001, più spesso di argomento contemporaneo. Quasi sempre vertono sul tema, in India ancora assai sentito, dei matrimoni combinati. Chadha prende lo spunto della Austen (una famiglia con numerose figlie da maritare) e lo trasporta a Bombay, arricchendolo con l'arrivo in città di un sedicente miliardario americano del quale si invaghisce la figlia più bella della squinternata famiglia Bakshi. Il tutto, naturalmente, condito da continui, debordanti, coloratissimi numeri musicali, cantati in inglese (è un film internazionale: in un vero musical di Bollywood sarebbero stati in hindi, o in bengali, o in una delle tante lingue del pianeta India). L'effetto è bizzarro. Per chi non conosce Bollywood, il primo impatto con i suoi musical può essere imbarazzante: è cinema primario, ingenuo, vitale e al tempo stesso ridicolo, come da noi si faceva negli anni 40 e 50 (immaginatevi un musicarello girato da Matarazzo). Per chi sa già tutto, il film è risaputo, ripetitivo: è Bollywood di serie B, è l'India vista in modo folkloristico da una regista che, per quanto indiana, non la conosce. Inoltre, è terribile il livello degli attori non indiani, a cominciare dal belloccio Martin Henderson. Per fortuna, gli attori indiani sono invece il meglio su piazza: a cominciare dalla protagonista Aishwarya Rai, una 31 enne ex Miss Mondo (nel '94) che in India è una Julia Roberts - ma no, di più! - una Greta Garbo all'ennesima potenza. Ed è di una bellezza disumana, che vale da sola il prezzo del biglietto....
"non avrebbe fatto grande notizia" !
http://www.giornalisti.it/binarioloco/archives/004164.html
Un abbraccio e...anche se hai ragione...perchè ce l'hai...BUON NATALE.
Mi piace pensare che gli attori non indiani siano stati scelti appositamente per dare al tutto un tono da soap americana, e che la regista indiana che sa poco dell'India abbia visto abbastanza Bollywood da riuscire a farne una sorta di parodia. Mi piace pensarlo, ma non è detto che sia vero. Ciao.