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Alberto Biraghi
The Manchurian Candidate
La storia è tanto inquietante quanto realistica: il presidente degli Stati Uniti oggi è un manichino, controllato da poteri (neanche molto) occulti, con scopi (fin troppo) palesi. Ma il
The Manchurian Candidate che vediamo di questi tempi (remake di
un'opera del 1962 in cui "cattivi" sono le multinazionali, anziché i comunisti) è un polpettone stantio, nonostante la tesi attuale (basta pensare alla prima elezione di George W. Bush, alle sue politiche, alla sua seconda elezione) e i tentativi di creare pathos con qualche esibizionismo di regia e una sostanziosa dose di morti ammazzati in primo piano.
Troppo deboli per essere buona fantapolitica, troppo illogiche per essere opera di denuncia, le gesta di Denzel Washington lasciano il tempo che trovano: il film non prende posizione con chiarezza, si limita a un generico ammonimento nei confronti di qualcosa che "potrebbe" accadere. Troppo poco, di questi tempi, troppo debole, troppo paraculo. Unica nota positiva, la presenza di Meryl Streep, il cui personaggio (la madre del "Candidato") è una via di mezzo tra Margareth Thatcher e Hillary Clinton. Lei è grandiosa come sempre.
Doverosa informazione: a
Roberto Nepoti è piaciuto.
02.01.05 23:41 - sezione
cinema