Nel cuore della Costituzione
Bruno Gravagnuolo
Spiace constatare come ancora una volta Francesco Rutelli prenda a prestito stilemi e linguaggi della parte avversa, per delinerare l’immaginario e gli obiettivi del centrosinistra. La prima volta capitò anni fa, quando l’attuale leader della Margherita propose una sorta di «Forza Italia di sinistra» come partito unico, leggero e di opinione, da contrapporre con diverso segno politico alle seduzioni trasversali del partito di Berlusconi. Da allora, archiviata non senza polemiche quella suggestione, molta acqua è passata sotto i ponti. E nel frattempo Rutelli è approdato a un’idea esattamente opposta. Quella di un partito moderato-progressista, erede dei popolari. Con simbolo e identità ben distinti dalle altre famiglie, specie da quelle di cultura socialista e di sinistra. Ma la tentazione mimetica di prendere il buono dall’avversario evidentemente resiste. Talché ieri, al seminario della Margherita in quel di Fiesole, Francesco Rutelli ha rispolverato, con diverso segno e contenuti, le famose tre «I» di Berlusconi. E laddove il Premier nei suoi manifesti parlava di Inglese, Impresa e Internet, Rutelli parla invece di Italia, Identità, Innovazione. Poco male, perché stavolta il plagio è solo di superficie, e poi in fondo le tre I non significavano e non significano granché. Non fanno male a nessuno e non si negano a nessuno.
E però a Fiesole c’è stato un «affondo» ben più deciso. Quello vibrato dal leader della Margherita contro due capisaldi della tradizione socialista democratica. Che Rutelli ha evocato così: «l’egualitarismo» e il «vecchio welfare». Palle al piede secondo lui, di un moderno «riformismo» attrezzato allo «scenario globale». Ed elementi base, specie il primo, «di una società povera e finta, reta da poteri oscuri che si basano sulla sopraffazione». E la socialdemocrazia? Manco a dirlo per Rutelli si è esaurita totalmente. Ostinata com’è a perpetuare risposte politiche legate «alla seconda metà del secolo scorso e divenute oggi impossibili». Il tutto però condito dal richiamo rutelliano al «modello sociale europeo», ovviamente da riformare se lo si vuole salvare. Ebbene si avrebbe buon gioco a ricordare che ancora una volta Francesco Rutelli non fa altro che rimodulare, in chiave generica e con intonazione solidaristica, parole d’ordine «riformistiche» che abbiamo più volte sentito distillare da un capo all’altro dello schieramento politico nazionale. Parole sempre ben intenzionate. Ma concordi nel bersagliare lo sterile «massimalismo» di chi reclama la netta salvaguardia dei diritti universalistici racchiusi nel dettato costituzionale: diritto al lavoro, alla scuola, alla salute, etc.
Nondimeno quel che colpisce è proprio la visione storica, povera e di maniera, che Rutelli ha del binomio «socialdemocrazia-welfare». Propagandisticamente ascritta allo stalinismo burocratico, invece che ai modelli sociali più avanzati e progrediti che l’umanità abbia mai conosciuto. Quell’accoppiata infatti a partire dagli anni trenta non fu mai «egualitarista». Ma volta a creare le condizioni di eguaglianza necessarie per uno sviluppo equilibrato e solidale, a cui concorressero e partecipassero tutti i talenti e tutti gli individui. Significava in pratica mettere la politica democratica al di sopra delle leggi selvagge dell’economia, favorendo la partecipazione democratica sui luoghi di lavoro, istanza tra l’altro ben presente oggi nella Carta dei diritti europei. Certo oggi il perimetro dei diritti e dei soggetti si è esteso. In una con le esigenze di innovazione produttiva, per reggere competizione globale e pressione dei diritti. Ma il grande tema delle politiche di eguaglianza resta bene al centro della socialdemocrazia europea. Forza che, piaccia o meno a Rutelli, resta l’architrave della sinistra europea. Così come l’eguaglianza resta ancora «la stella polare della sinistra». Proprio come scriveva Norberto Bobbio.
mi chiedo quanti riescano a comprendere la differenza tra uguaglianza ed egualitarismo. Io ad esempio non vorrei affatto una società dove tutti sono uguali.
Proverei questa definizione: "una società in cui tutti partono realmente con pari opportunità".
bene, adesso occorre qualcuno che gliela presenti a Rutelli, e gli chieda se gli va bene oppure no :-)
ieri rutellone sosteneva che all'itaglia serve crescita e patriottismo
che tradotto significa meno soldi per tutti (tranne che alle multinazionali e i loro servi) e piu' guerre coloniali
napoleone terzo insomma
quando sento cose cosi' capisco e approvo chi vota per la destra sociale. fa meno vomito chi non si maschera.