Antisemitismo, rivalsa vittimistica
di Stefano Levi Della Torre
In che cosa siamo diversi dagli altri, noi ebrei? Abbiamo storie particolari che in parte ci accomunano; abbiamo culture e tradizioni particolari per chi di noi le vive e le studia; abbiamo anche una religione particolare, per chi di noi ci crede e la pratica. Ci capita però di sospettare di razzismo chi ci considera diversi, e al tempo stesso di offenderci se non viene riconosciuta la nostra diversità. In che cosa vogliamo essere considerati uguali e in che cosa vogliamo sia riconosciuta una nostra differenza? Mi sembra una buona domanda per chiarire i rapporti tra noi e tra noi e gli ‘altri’. Ma occorre considerare che ogni seria differenza può produrre contemporaneamente diffidenza e attrazione, come succede ad esempio tra donne e uomini. Per cui non è logico vantare una nostra diversità pretendendo che questa sia del tutto esente da qualche attrito con coloro rispetto a cui ci differenziamo. Un certo attrito tra noi e gli altri è fisiologico. Qual è la soglia oltre alla quale questo attrito diventa patologico e possiamo parlare lucidamente di sintomi antisemitici?
L’‘odio per il diverso’ comprende l’antisemitismo ma non lo definisce specificamente: è una definizione così generica da abbracciare senza distinzioni qualunque ostilità verso gli ‘altri’, dal campanilismo fino al razzismo. Il perturbante, d’altra parte, non nasce propriamente dall’alterità, ma piuttosto dall’alterazione. Il canguro ad es., presenta un grado molto alto di alterità dall’homo sapiens, ma siamo maggiormente perturbati dallo scimpanzè proprio perché è meno diverso, e anzi vi leggiamo qualcosa di noi, un’alterazione dell’umano. Per cui l’antisemitismo non si sviluppa in proporzione della diversità ebraica, ma piuttosto di una somiglianza che proprio in quanto tale è percepita come minacciosamente concorrenziale. Nell’immaginario antisemita, più che un diverso l’ebreo è un deviante che grazie a un suo potere globale deforma e conforma ai suoi interessi l’andamento della politica, della cultura, dell’economia. Ora, la diaspora ebraica in Europa, Asia, Africa, America, ha avuto ed ha effettivamente la dimensione di un impero su cui ‘non tramonta mai il sole’. Non è un impero degli ebrei, ma l’effetto che gli imperi (a partire da quello babilonese, attraverso quello romano fino ai nostri giorni) hanno avuto sugli ebrei. Sono le dimensioni intercontinentali della nostra dispersione ad alimentare l’immaginazione di un impero informale e di un imperialismo attivo degli ebrei, oggi con il suo perno in Israele come stato guida. È appunto una questione di imperi. Nell’analisi di Hannah Arendt, l’antisemitismo tra il 19° e il 20° secolo si è sviluppato soprattutto in relazione al nazionalismo dell’epoca dell’imperialismo, alla competizione tra nazionalismi imperialistici. È in questo periodo soprattutto che la diaspora ebraica appare all’immaginazione ostile come fantasma di un impero avverso e infiltrato, quasi che il nazionalismo imperialista proiettasse sugli ebrei la propria paura di veder ribaltata contro di sé la propria stessa vocazione all’appropriazione e al dominio. È attraverso questa proiezione, questo rispecchiamento di sé in ciò che immaginano di troppo simile e concorrenziale negli ebrei che gli antisemiti si proclamavano o si proclamano vittime degli ebrei.
Vittime e vittimismo
Da quanto detto, vorrei desumere tre caratteri che, combinati insieme, convergono nell’antisemitismo:
1) il primo è il carattere proiettivo dell’antisemitismo, il proiettare sugli ebrei al meno una parte di se stessi; questo avviene più che dal lato della differenza ebraica, dal lato invece della somiglianza: della somiglianza deviante ed alterata attribuita agli ebrei; la quale induce ad espellere da sé quella immagine e quella somiglianza inventando differenze anche biologiche.
2) Il secondo è l’immaginazione di una strapotenza ebraica nei processi storici mondiali. E questo punto distingue particolarmente l’antisemitismo dalla generica ‘ostilità all’altro’.
3) Il terzo, conseguente al secondo, è il carattere vittimistico dell’antisemitismo, che lamentandosi vittima degli Ebrei e del loro presunto potere globale proclama la discriminazione o la persecuzione o il genocidio degli ebrei come missione di autodifesa e guerra preventiva. Nel nazismo tale combinazione tra vittimismo e aggressività ha raggiunto come è noto la massima evidenza. Tra le due guerre mondiali le masse tedesche si sentirono (ed erano) vittime della pace vendicativa di Versailles, – della devastante crisi economica e dell’occupazione. Il Nazismo ebbe successo nel proporre una versione vittimistica dell’umiliazione tedesca che scaricava la Germania dalle sue responsabilità, le proiettava sugli altri, sulla democrazia, sul bolscevismo – e sugli ebrei come motori occulti di entrambi e come veri persecutori dei tedeschi.
Ora, si può essere stati vittime nella maniera più grave senza necessariamente abbracciare un’ideologia vittimistica. Nella storia recente ne è stato un grande esempio Nelson Mandela, che ha guidato la strordinaria transizione pacifica, democratica e inter-razziale del Sud Africa.
Che cosa propugna invece la demagogia vittimistica? L’idea seducente che chi si sente vittima – reale o presunta – sia perciò esente da responsabilità, e che abbia acquisito un diritto assoluto di rivalsa senza limiti. Sono, questi, i connotati di una regressione infantile: innocenza, irresponsabilità, perdita dei limiti. Regressione infantile che rende disponibile la massa a due figurazioni: da un lato quella di una guida paterna, un Führer o un grande ‘padre’ (qual era Stalin), che punisce e lusinga dicendo ‘ siete, siamo i migliori, e vi regalerò il mondo’, ‘ siamo il Bene contro il Male’; dall’altro il Babau, il nemico/capro espiatorio, su cui condensare e proiettare tutta la propria paura e la propria aggressività.
Vittimista non è la vittima che vuole riparare l’offesa secondo giustizia, con la condanna dei colpevoli, e della loro ideologia, affinché il crimine non si ripeta né per sé né per altri; vittimista è colui che mette a frutto nei suoi rapporti personali e in politica il suo statuto di vittima – vera o presunta – per accampare un proprio diritto incondizionato, e dunque un proprio privilegio. "La sola giustizia era ciò che giovava al nostro popolo", fa dire Primo Levi ai nazisti ne I sommersi e i salvati (p. 17, Einaudi, 1986). L’ideologia vittimistica pretende il privilegio, cioè una privatizzazione del diritto, a scapito di ogni convenzione civile e internazionale e di ogni criterio universalistico di giustizia: "non fare ad altri ciò che non vuoi sia fatto a te". E nel sancire l’arbitrio, il vittimismo ha come sue prime vittime le minoranze politiche, religiose, culturali e sessuali.
È da questa combinazione di vittimismo e aggressività che dovremo soprattutto guardarci: essa è anche il terreno più fertile dell’antisemitismo.
Siamo, noi ebrei, esenti da un’elaborazione vittimistica e strumentale della nostra immane tragedia?
Idolatria delle identità
In Russia, il cui governo conduce una guerra di sterminio in Cecenia, e che è colpita dal terrorismo islamista ceceno, è in aumento la xenofobia. Nella suppurazione dell’impero sovietico decadente c’è chi grida la Russia ai Russi; così in Francia, la Francia ai Francesi. In Germania, in Sassonia, l’NDP neonazista, ha raggiunto il 9,2% nelle elezioni di settembre. E l’assassinio del regista Van Gogh in Olanda è uno dei tanti episodi che rivelano come gruppi fondamentalistici islamici facciano da quinta colonna della loro versione della ‘Guerra di civiltà"; e ci sono aree della sinistra che, per degenerazione ideologica ‘relativistica’, confondono vittime con vittimisti e fanno da sponda alle loro pretese reazionarie, mutilazioni ‘tradizionali’ della donna e antisemitismo compresi. Ma in Europa c’è pure una risposta a queste tendenze.
Sostengo che i territori più fertili per uno sviluppo dell’antisemitismo corrispondono alla geografia del vittimismo (come l’ho definito) nel mondo. È il vittimismo di chi si sente defraudato dalle contaminazioni etniche, culturali, politiche indotte dall’interdipendenza, dalle migrazioni, dalla globalizzazione, dalla storia. È il vittimismo del privilegio che si sente minacciato, o che rivendica privilegio, gerarchia – dei ricchi sui poveri, dell’uomo sulla donna, della patria o delle comunità o delle religioni sugli individui – in funzione della competizione e della guerra. È un’idolatria delle identità, delle purezze, delle religioni degradate a vessillo di identità. Cuius religio, eius regio, se vogliamo invertire il motto della pace di Westfalia, per renderlo attuale.
Dove vediamo oggi manifestarsi nella sua forma più violenta questo vittimismo armato? In primo luogo nel terrorismo globale islamico e in secondo luogo nell’ideologia della guerra preventiva del dopo l’11 settembre 2001. L’area del fondamentalismo islamico si proclama vittima dell’occidente e alimenta l’aggressione terroristica; l’area del cristianesimo fondamentalista si proclama vittima dell’Islam e giustifica l’arbitrio della guerra. Proclamano entrambe ‘Dio è con noi’, e privatizzano Dio come privatizzano il diritto internazionale. Ma hanno un nemico in comune: lo spirito democratico, pluralistico e dunque laico della concezione liberal o liberal-socialista della giustizia sociale e delle libertà politiche, culturali e religiose. Il moralismo cinico che ha confermato Bush il 2 novembre non si riferisce a valori morali intesi alla giustizia e la libertà, ma al contrario all’affermazione e al restauro di un ordine gerarchico dentro e fuori dal grande paese, caratterizzandosi proprio sulla discriminazione esemplare di una minoranza emblematica (i gay).
Scriveva Thomas Friedman sul New York Times a immediato commento delle elezioni: ‘Quello che mi preoccupava era l’ondata a favore di George Bush che non solo sostiene politiche diverse dalle mie, ma un tipo di paese diverso dal mio. Non solo non siamo d’accordo sul quel che dovrebbero fare gli States, ma su cosa siano gli States’. Friedman ci mette in allarme persino su una possibile mutazione degli Stati Uniti, quanto ai valori di cittadinanza, di libertà, di laicità, di diritti delle minoranze.
Per quanto mi riguarda, amo le tradizioni, le sapienze dei maestri ebrei e non ebrei trasmesse di generazione in generazione: esse danno profondità al nostro presente e al nostro futuro. Qui parlo del richiamo reazionario alle tradizioni, dell’istinto di conservazione dell’ordine e del privilegio costituiti, che si oppongono alla trasformazione e al miglioramento. E dunque, alle tre caratteristiche (dette sopra) che convergono nell’antisemitismo, voglio aggiungerne una quarta: ed è il fatto che l’antisemitismo non è solo una reazione a una congiuntura storica, come può essere ad esempio una risposta xenofoba all’immigrazione; l’antisemitismo è anche una tradizione trasmessa nei secoli come una nervatura dell’identità nazionalistiche e integralistiche in occidente. Forse oggi latente, ma per quanto, se è stagione di rivalsa dell’identità declinate in forma retriva? Forse fino a quando Israele sarà visto, col suo sacrificio di sangue, come utile barriera contro l’Islam, e per questo incoraggiato alla guerra e non alla soluzione politica e al compromesso? E così pure nell’Islam fondamentalista, nel suo sogno totalitario di società irrigidite in gerarchie soffocanti, l’antisµemitismo è una tradizione che se è storicamente meno profonda che nel cristianesimo, cerca ora alimento nei testi della tradizione antisemita europea, compresi i Protocolli dei Savi anziani di Sion.
Tra fondamentalismi
Noi Ebrei, e con noi Israele, siamo presi in mezzo tra fondamentalismo cristiano e fondamentalismo islamico, che si combattono ma sono consonanti, col loro integralismo, nel non promettere nulla di buono né ai diritti degli individui né a quelli delle minoranze. Crediamo che sia una scelta lungimirante, per noi e per Israele, buttarci nelle braccia dei fondamentalisti cristiani risvegliati e dei clericali per combattere i fondamentalismi islamici? Alcuni di noi credono di sì.
Anzi certi nostri ebrei arrivano a tanto che mentre gridano al sacrilegio e all’antisemitismo se qualcuno insinua che l’occupazione israeliana dei territori infligge ai palestinesi cose simili a quelle che gli ebrei hanno sofferto, applaudono con ossequio se qualche prelato o clericale lamenta che i cattolici in Europa sono ormai perseguitati come furono perseguitati gli ebrei (perseguitati per altro con la partecipazione o il consenso di tanti prelati o clericali). E anzi vorrebbero zittire in pubblico il presidente degli ebrei italiani che giustamente obiettava a questo spudorato strumentale vittimismo-clericale.
Ma come nota Primo Levi ne I sommersi e i salvati, " il privilegio difende e protegge il privilegio (p. 28)" e questi ebrei apostolici romani corrono in pietoso soccorso agli integralisti cattolici che pretendono il privilegio d’essere esenti per principio da critiche e da bocciature parlamentari, per poter rivendicare lo stesso principio per sé e per le loro posizioni: come se il diritto di critica fosse di per sè persecuzione: antireligiosa se rivolta a un clericale, e antisemita se rivolta a ebrei della loro risma.
È bene dunque buttarsi nelle braccia del fondamentalismo cristiano, perchè almeno qualche briciola della sua mensa cada su di noi? La maggioranza degli ebrei americani (che non sono nemici di Israele) non lo credono, visto che hanno votato per il 76% contro Bush e con l’altra metà dell’America.
Malgrado questo dato vistoso, non è mancato a sinistra un riflesso condizionato: Bush è stato favorito dalla ‘lobby ebraica’. È uno stereotipo ora diffuso nella sinistra come lo è nella tradizione della destra: gli ebrei eminenza grigia dei poteri forti nel mondo. Quasi che Wolfowitz, consigliere neo-conservatore di Bush, rappresentasse ‘gli ebrei’, mentre, sul fronte opposto, un Michael Walzer o una Naomi Klein non fossero che delle eccezioni che confermano la regola. Questo condensare in uno stereotipo univoco un popolo, una cultura, una religione è alla base della xenofobia, dell’antisemitismo e anche dell’anti-islamismo, (nella versione, per intenderci, della Fallaci, il cui messaggio ha la stessa struttura – cambiato l’oggetto – del discorso antisemita, lo stesso tipo di generalizzazione, di livore persino fisico, di caricatura unilaterale e rabbiosa buttata su milioni di esseri umani tra loro diversi e anche in conflitto). Ma quale vizio mentale ha fatto sì che a sinistra allignassero criterî di giudizio in tutto simili a quelli tradizionali della destra? E l’aver perso il senso della dialettica interna alla società e alla cultura, il senso della contraddizione interna ai gruppi umani, che è la dinamica della loro trasformazione, e il trasferire dunque l’idea di conflitto nell’antagonismo tra blocchi considerati omogenei: per cui esisterebbero popoli buoni e popoli cattivi, nazioni buone e nazioni cattive. In questo caso la differenza tra destra e sinistra si ridurrebbe al fatto che gli uni parteggiano per l’un popolo e gli altri per il suo nemico, ma usando criteri di analisi dello stesso tipo: nazionalismo contro nazionalismo. E perchè una parte della sinistra raggruppa in particolare gli ebrei in un unico stereotipo negativo? Lo spiegava Asor Rosa in una sciocca pagina di un suo libro: perchè gli ebrei da ‘puro oriente’ (buono) sono diventati grazie a Israele, ‘puro occidente’ (cattivo). Ora, per qualunque pensiero dialettico il termine ‘puro’ è un non senso idealistico, o con parole più povere, una pura sciocchezza, cieca appunto alle contraddizioni interne alle cose. Ma che noi in quanto ebrei siamo la quintessenza della negatività dell’occidente è una figurazione che circola a sinistra.
Dicevo all’inizio che l’antisemitismo è anche la ripulsa di una somiglianza, e così nella sinistra dell’occidente c’è chi proietta su Israele e sugli ebrei tutto il negativo di quell’occidente (di cui la sinistra in questione è anche un’immagine e una somiglianza), mentre magari accetta le barbarie delle mutilazioni genitali femminili perchè sono espressione di una cultura ‘altra’, e in quanto tale degna di rispetto e di ossequio.
Certo, abbiamo molti conti da regolare a sinistra. Ma è forse da quella parte che viene il pericolo principale, o anzi l’unico come vogliono far credere i nostri ebrei abbracciati ai cattolici integralisti e alla destra revisionista e teneramente memore di Mussolini? Credo proprio di no. Il pericolo maggiore viene dalla montata reazionaria, fondamentalista e nazionalista, e sopratutto là dove è armata e animata da volontà di potenza.
Quel che mi sembra ci divida in due campi e secondo due impostazioni l’ha condensato Bernard Lazare – il primo a sollevarsi a favore di Dreyfus nel 1894- alla fine del suo ultimo scritto Le fumier de Job. Di fronte all’antisemitismo diceva dunque Lazare agli ebrei: "Difendetevi. Come? Difendendo la libertà": non dice la ‘vostra’ libertà, ma la libertà. L’alternativa implicata in questa affermazione è se sia meglio rivendicare diritti particolari a favore della propria particolarità, o non piuttosto i diritti di tutti, la libertà e la dignità di ognuno a garanzia anche della propria; se sia non solo più giusto ma anche più efficace per gli ebrei e per il loro futuro puntare su criteri universalistici piuttosto che particolaristici. È un’alternativa tra diritti umani e rivendicazioni corporative dell’identità; un’alternativa che si presenta ad ogni minoranza, e agli ebrei in particolare. Perchè la nostra storia ha più volte dimostrato che i diritti particolari (come quelli degli ‘ebrei di corte’ di un tempo) si sono facilmente ribaltati in argomento di discriminazione e di persecuzione; mentre i più importanti esiti emancipatori si sono verificati quando nelle leggi e nel senso comune avevano prevalso principî universalistici. Spetta poi a noi valorizzare le nostre differenze, le nostre tradizioni e le nostre fedeltà.
"non è mancato a sinistra un riflesso condizionato: Bush è stato favorito dalla ‘lobby ebraica’."
e chi dove quando avrebbe mai detto o scritto una cazzata del genere?
in italia nessun* si azzarderebbe a pensare una cosa del genere. dirla poi...
io di lobby ebraica americana che fa i soldi coi diamanti olandesi per rafforzare la destra fascista dei coloni ne ho sentito parlare solo in kibbutz...
resta da ricordare che la comunita' ebraica torinese e' quella che a meta' anni 20 si vantava della sua totale adesione al fascismo e polemizzava duramente con l'anarchico camillo berneri che nell'ebraismo vedeva un naturale compagno, per cultura non nazionale e alterita' alla gerarchia imposta dallo stato o da una chiesa dommatica....
ah, questi fascistissimi ebrei torinesi... speriamo non ripetano 2 volte lo stesso errore.
lo dico con convinzione
Capisco la vis polemica, però Tonii scusa ma non sai di che cosa stai parlando, non conosci probabilmente per niente Stefano Levi e non stai dicendo la verità sulla comunità di Torino. Mi dispiace sopratutto perchè sei tu a fare questo intervento, mi piace in generale quello che scrivi. Però stavolta hai fatto grosse generalizzazioni (un po alla Fallaci).."sentito...dire". Sembra quasi che qualsiasi cosa venga, anche da un ebraismo che riflette, ti faccia inalberare. Ci vuole caustela, sopratutto da parte di chi sa usare la parola, l'antisemitismo,quello becero e pericoloso, sta ri-uscendo dalle fogne. Gli atti di vandalismo antisemita in Germania e specialmente in Francia sono esponenzialmente superiori a quelli che prcedettero negli stessi paesi, gli anni della guerra.Resta da ricordare che in questo paese, su tutti il corpo docenti, solo in 11 hanno rifiutato di firmare le cagate razziali. Se qualche ebreo è caduto nella trappola del fascismo, comunque la stragrande maggioranza era antifascista. Alla fine anche, comunque, i simpatizzanti sono stati annientati. Mentre troppi fascisti, anche di allora, sono oggi nel governo del nostro paese. Meglio riflettere su questo.
caro sami,
capisco di mettere un dito nell'occhio.
ma quella polemica di ottanta anni fa a me fa ancora male.
ho letto i documenti - gli articoli di berneri e la risposta della comunita' - in un libro su berneri.
capisco che gli ebrei torinesi avessero tutto il diritto di appoggiarsi all'italianita', visto che i savoia li avevano liberati prima di qualsiasi altra parte dello stivale, capisco quindi che negli anni 20 potessero appoggiare un regime che poteva sembrare una continuazione patriottica del risorgimento (o come tale amava presentarsi).
questo e' il punto: fu fatto un errore perche' si pensava che l'italia nazionale e corporativa del fascismo non potesse che accettare, in quanto italiani al 100%, anche gli ebrei. un errore scusabile dattato da un senso di gratitudine storico. fu un tragico errore.
quello che mi fa tremare oggi e' vedere comunita' ebraiche ripetere quell'errore, e pensare che la destra attuale possa - in quanto "" amica "" di israele - essere automaticamente una sponda politica piu' affidabile di una sinistra al cui interno ci sono critiche severissime all'operato di israele.
io credo, o per lo meno sento, esattamente all'opposto. i fascisti, hai perfettamente ragione, ora sono al governo.
sul corpo docenti.... lo sapevo e ovviamente la cosa si commenta da se'.
su stefano levi invece devi illuminarmi tu.
Tonii, non capisci che il tuo errore non è in quello che scrivi, ma nel scriverlo in questo contesto. Cosa c'entra discutere della comunità di Torino di 80 fa quando Alberto cita un articolo di oggi, scritto dal nipote di Primo e Carlo Levi? Che per di più non puoi che condividere? Ecco perchè mi viene il sospetto di una risposta automatica, mitagliata così... non capisco. E poi sulle comunità di oggi! Ti sbagli Tonii, siamo in maggioranza dalla parte (per me) giusta. La comunità di Torino poi non ne parliamo. Ma entra nel sito (mi sembra hakeillah.com), e vedi tu il livello.
Stefano Levi della Torre, oltre a essere un nipote, insegna ad Architettura, a Munster e in giro, è un pittore sublime e scrive cose eccezionali( vai su internetbookshop, i 5 libri sono uno più straordinario dell'altro), Stefano è uno degli ultimi illuministi, un leopardiano, un profondo conoscitore del talmud, uno che a proposito di medio oriente ha, per aver (con Moni e altri)firmato "l'infirmabile", preso più sputi di chiunque. Ho avuto l'onore di lavorare con lui in una giunta comunitaria, che finchè è stata su, certe contaminazioni con la destra...non se ne parlava neanche. Per altro vai su google è digita il suo nome completo.
Dimenticavo Tonii di citarti un Librone di Stefano che ti piacerà particolarmente:
http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=1&c=SEKRL4Y1I4WTN
Errare e perseverare. Ambiguità di un Giubileo
credo che stiate su due linee parallele...
sami, un po' piu' di spirito critico, tonii non e' per certo antisemita ne' in odore di "antisionismo" (che i dementi di informazionecorretta.com vorrebbero figlio dello stalinismo, e dicono pure che nasce nel 1955, i coglioni)
sta semplicemente dicendo cio' che intristisce lui, me e tantissime/i amiche ed amici del popolo d'Israele, degli ebrei della diaspora, della cultura e della religione ebraiche, ovvero che ci atterrisce vedere gli ebrei avvicinarsi alla destra; personalmente mi atterrisce e mi ha sempre atterrito constatare, con vero sgomento, l'ammirazione e i collegamenti esistenti dagli anni '60 tra fascisti e militari fascisti di tutta europa e america e africa e fascisti e militari fascisti dello stato d'Israele.
o vogliamo dimenticare le numerose violazioni dell'embargo contro il sudafrica razzista condotte da aziende israeliane? i consiglieri militari mandati qui o la' o le consulenze date in giro?
Non sto dando epiteti a nessuno Berja.
Cerco di capire perchè a seguito di un articolo, mi sembra condivisibile da chi è di sinistra, scritto da uno come Stefano Levi, che mette in risalto elementi illuminati di critica, senza risparmiare nessuno, (cazzo avercene), si finishe per parlare dei diamantari di Anversa, del blocco navale del Sudafrica e quant'alto di negativo si possa dire. Questo è il problema che mi sconvolge. Troppi troppissimi hanno paura di questo tipo di atteggiamento e vanno a ripararsi sotto le grinfie della destra. Ma dite una volta una cosa buona, sottolineate un aspetto positivo. E' insopportabile, ogni volta che c'è qualcosa di ebraico non ce la fate a dire: bene ecco un aspetto positivo! ecco gente che si sbatte per una buona causa. Ma Berja ti atterrisce vedere gli ebrei andare a destra? Ma a me spaventa e mortifica vedere il mondo andare a destra, fa orrore vedere gli italiani rincoglionire per Fini e Bossi. E vi assicuro che nel mondo ancora, gli ebrei in proporzione (vedi Usa) sono nettamente più a sinistra dei cattolici e dei musslumani non parliamo. E' deprimente per me tutto questo. E' come ogni volta che si parlasse di Italia saltasse fuori, la mafia , Portella della Ginestra o L'Italicus. Vi sentireste semplicemente offesi, nel profondo dell'animo. NOn si tratta di antisemitismo e neanche di antisioninsmo, ma un sottile risentimento di fondo c'è, e la vostra reazione a questa cosa brillante di Alberto, di mettervi al corrente di quanto pensiero scorre in seno all'ebraismo italiano, secondo me lo dimostra. Veramente, la sinistra a cui tanto il pensiero ebraico ha contribuito....ma che cosa avete?
che pasticcio ! Provo a fare un po' di distinguo.
Ebrei e fascismo italiano. Il fascismo è stato un regime totalitario. In uno Stato totalitario si fa carriera solo se si è graditi al Regime. I dirigenti delle Comunità, Torino o meno, erano e dovevano essere graditi al Regime. Il loro fascismo era del tutto uguale a quello della maggioranza degli italiani (miei nonni esclusi, se la cosa può interessare).
Fascisti e Stato di Israele. I fascisti di allora (come quelli di oggi) amavano poco il sionismo. La classe dirigente delle Comunità ebraiche italiane, dopo la guerra, fu sionista per segnare la discontinuità rispetto ai predecessori. Cfr. il recente Guri Schwarz, Ritrovare sé stessi, Laterza.
I fascisti di oggi amano Israele (boh, forse) per le stesse ragioni per cui odiavano il sionismo, perché credono alla esistenza di una lobby ebraica potentissima, solo che in questa fase pensano sia una buona idea rendersela amica.
Essere antifascisti implica essere antisionisti o (che è lo stesso) volere la fine del carattere ebraico dello Stato di Israele ? Per me, no. Non ho mai pensato che per abbattere Pinochet il Cile dovesse essere distrutto o annesso all'Argentina.
Esiste antisemitismo a sinistra ? Sì, perché ce ne è dappertutto. Ce ne era anche a sinistra all'epoca di Berneri. Dappertutto l'antisemitismo si trucca da critica allo Stato di Israele, come in passato si truccava da critica all'usura. Di più: l'antisionismo è spesso il terreno in cui i fascisti cercano di entrare nella sinistra; cfr per esempio il sito www.kelebekler.com e la biografia di chi ci scrive (formazione politica in Ordine Nuovo, poi leader "da sinistra" del Campo antimperialista) e si augura, per carità: non la fine di Israele, ma: la fine dell'unico Stato ebraico esistente su questo pianeta. "Uno Stato unico tra il Giordano e il Mediterraneo" - con gli ebrei in minoranza e, di nuovo, alle mercé dei nipotini del Muftì di Gerusalemme.
Se proprio dobbiamo parlare di frequentazioni imbarazzanti, facciamolo, credo non si salvi nessuno.
C'è una marcia verso destra dell'ebraismo italiano ? Rifacciamo la domanda: la società italiana va a destra ? Gli ebrei, che sono italiani come gli altri, si differenziano in qualcosa dalla maggioranza degli italiani ? E perché dovrebbero ?
bravo sami, c'hai ragione da vendere. c'è sì un senso di rivalsa e un sottile, perché non dirlo, discrimine nel dire "mi fa tristezza constatare che molti ebrei riparino a destra".
Perché? GLi ebrei non possono essere di destra? gli italiani sì, gli ebrei no. I francesi sì, gli ebrei no. ha ragione sami, quel che intristisce è vedere il mondo, l'italia andare a destra. Non gli ebrei. GLi ebrei non sono un partito politico. sono un popolo, come gli altri.
Cosa dovrebbero avere gli ebrei di tanto diverso per non dover andare a destra? La shoah? ma allora, domando, cosa spinge l'italia a essere di destra, visto che c'è stato il fascismo?
Dire che gli ebrei non possono piegare a destra è come dire che gli omosessuali non possono votare forza italia. E' porre delle restrizioni e creare una categoria, uno stereotipo, puro e lindo, che se fa qualcosa di diverso, "intristisce".
quindi, a mio avviso, è alla fine discriminare anche se sottilmente.
Gli erbei, in ultima analisi, non hanno il dovere di essere di sinistra solo perché c'è stata la shoah. Hanno il diritto di essere politicamente liberi. come tutti.
Così come la sinistra non ha il dovere di essere sempre e comunque filo-palestinese, solo perché i palestinesi sono poveri e israele è un paese ricco e capitalista. Si ha il dovere di essere onesti, intellettualmente e moralmente.
lo sai dove sta il tuo errore macroscopico, sami?
nel credere che nelle nostre critiche vi sia dell'animosita' nei confronti dell'ebraismo, ebbene non c'e' animosita', nemmeno quel critpo-antisemitismo travestito da filoebraismo (gli ebrei DEVONO essere migliori degli altri, quindi se non lo sono sbagliano doppio), non e' il mio caso e, ci scommetto, non e' nemmeno il caso di tonii.
apprezzo molto Levi della Torre e ne apprezzo l'articolo, pero' mi incazzo molto quando vedo che con tanti amici ebrei non si puo' toccare l'argomento "nefandezze dello stato d'israele" senza che prenda fuoco un'infiammabilissima coda di paglia.
conosciamo le nostre origini ebraiche e ne andiamo fieri, ma non possiamo nascondere il nostro disappunto nel vedere l'irrigidirsi delle comunita' italiane, irrigidimento politico e religioso, che non portera' nulla di buono a nessuno.
per rispondere in breve a nissim: martinez e' un mestatore che si da' qualche patente di credibilita' con la critica ad azione cattolica e soci, ma non e' altro che un neofascista, prima o poi lo vedremo concionare contro il "mondialismo sionista" come i suoi degni amici.
E il campo antimperialista e' il peggiore esperimento di infamita' convergnente dai tempi de "la spina nel fianco".
permettetemi di concludere con la citazione di un goy che fu tra i piu' grandi amici del popolo d'Israele: "l'antisemitismo e' il socialismo degli imbecilli" V.I.Ulianov (Lenin)
Ok Berja, apprezzi Stefano e il suo articolo.
Ne prendo nota soddisfatto. Non chiedo altro.
sorrido nel vedere come berja faccia sempre i salti mortali per non rispondere più a me, mi dispiace. mi dispiace perché se hai letto attentamente l'articolo di Stefano Levi, non potrai fare a meno di notare come nelle conclusioni dica proprio quello che sami ha cercato di dirti e che io sottoscrivo in pieno (perché è difficile non condividerlo). In ogni caso, se non sei ancora troppo prevenuto nei miei confronti, ti invito a ritrovare la verve e la voglia di dialogare. Cosa di meglio per farlo, se non citarti proprio l'ultimo passo dell'articolo di Levi?
"Di fronte all’antisemitismo diceva dunque Lazare agli ebrei: "Difendetevi. Come? Difendendo la libertà": non dice la ‘vostra’ libertà, ma la libertà. L’alternativa implicata in questa affermazione è se sia meglio rivendicare diritti particolari a favore della propria particolarità, o non piuttosto i diritti di tutti, la libertà e la dignità di ognuno a garanzia anche della propria; se sia non solo più giusto ma anche più efficace per gli ebrei e per il loro futuro puntare su criteri universalistici piuttosto che particolaristici."
di fretta, che sto facendo le valigie.
chi può affermare di essere immune da ogni razzismo ? Quando un rom mi sfiora il portafogli, io sono più vigile che quando lo fa un irlandese. Il razzismo è inconscio, nessuno ne è immune, le potenziali vittime lo sanno meglio. E, razzismo antisemita, spesso inconsapevole, c'è dietro molte delle critiche alle nefandezze di Israele. Perché, certo, si criticano le nefandezze, ma si dice anche che la nefandezza peggiore è che quello Stato esista, e che quel governo sta lucrando sul senso di colpa altrui. Lo si dice a sinistra anche se non lo si dovrebbe dire, per la stessa ragione per cui anche a sinistra, per fare stare zitta una che ti dà fastidio gli dici taci puttana, oppure perché anche a sinistra si dice ma che rottura di palle sti zingari, perché non vanno a lavorare anche loro.
Irrigidimento delle comunità ebraiche ? Ti propongo due siti web, che non sono voci "degli ebrei", quindi non pretendono di rappresentare GLI ebrei, ma sono voci ebraiche, cioé espressioni di gruppi di ebrei che parlano per loro e non solo a quelli come loro. http://www.ghetton.it e http://www.levchadash.it Divertiti con il confronto e sappi che tra gli autori/traduttori di uno, ci sono parenti e amici di autori/traduttori dell'altro. Voglio dire: a me la fase attuale, più che di irrigidimento sembra di serrata dialettica: sta volgendo al termine la condizione ebraica italiana che è durata per un buon mezzo secolo (rabbini ortodossi nominalmente, base genericamente di sinistra), condizione spiegata molto bene da Guri Schwarz nel libro che ho citato.
Perché volge al termine ? Perché in Italia sono immigrati ebrei provenienti da Paesi come la Libia e la Persia, che non hanno conosciuto il fascismo -e verso questi profughi mediorientali la sinistra italiana è stata piuttosto avara di solidarietà. Perché ultimamente arriva gente dagli USA o dall'Argentina che nelle comunità ortodosse ci si trova poco bene. Perché in tutto il mondo essere ebrei è sempre più questione di scelta e non di appartenenza per nascita, assunzione su cui riposava la legislazione italiana. Perché all'interno del mondo ebraico si riducono gli spazi di mediazione tra ortodossi e resto del mondo. Che questo collasso avvenga mentre l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane è guidata dal presidente più di sinistra della sua storia (Amos Luzzatto è stato iscritto al PCI e non ne fa mistero) è solo un ulteriore paradosso.
Certo in Italia sarebbe bello avere una sinistra, non solo ebraica, più sensibile alle esigenze del pluralismo e meno attaccata ai modelli concordatari: queste dinamiche sarebbero più comprensibili. Invece in questa fase, invece di dire che "ci sono ebrei di sinistra" e "ci sono ebrei di destra", si fa finta di credere che gli ebrei siano una unica entità monolitica.
Saluto, torno a farmi la valigia, mi aspettano due settimane di studio a Gerusalemme, capitale in modo un po' strano dell'unico Paese ebraico del pianeta.
non ti conosco ma ti auguro un buon viaggio e un altrettanto buon ritorno nissim. fatti un paio di falaffel per me, senza tehina ma con harissa a go-go!
le accuse di criptorazzismo le restituisco al mittente con la richiesta gentile di andarsi a cercare cosa ha detto il rabbino capo di Roma dott. Di Segni proprio di levchadash e dell'ebraismo progressivo italiano.
mi dispiace ma se pensavate di poter vedere in me l'ennesimo antisemita "di sinistra" vi sbagliate.
ribadisco che gli ebrei italiani ed europei devono ricordare di guardarsi dai "nuovi" amici.
una volta la moglie di un amico, ebrea tripolina, mi disse "la mia famiglia non ha patito la shoa' ma ho avuto due zii sgozzati nel sonno dagli arabi, pero' a noi hanno insegnato che COI COMUNISTI SI PARLA, COI FASCISTI SI MENA"
lasciatemi avere la presunzione di ricordarlo a tutti quelli che si sono buttati a destra
per me e' un onore parlare (scrivere) con persone intelligenti e vi ringrazio. andro' a vedermi link e suggerimenti. solo una nota per achab:
"Dire che gli ebrei non possono piegare a destra è come dire che gli omosessuali non possono votare forza italia." e "Gli erbei [...] Hanno il diritto di essere politicamente liberi. come tutti."
Putroppo anche moltissimi gay votano a destra (ma i gruppi politicamente attivi sono nella stragrande maggioranza di sinistra). Ma cio' non toglie che siano coglioni, per usare il francese.
Tu metti la possibilita' di stare a destra come una "liberta'". Per me e' semplicemente una forma di sudditanza indotta dalla forza preponderante della propaganda di regime. E fa male vedere che proprio persone che sono o sono state discriminate e perseguitate non se ne rendano conto. Non e' una liberta' delegare la propria vita a un sistema di potere razzista, codino e che propugna la diseguaglianza sociale.
Non vieto a nessun* di votare. Ma lasciami la tristezza. Tutto qua.
sì, tonii, per me la possibilità di stare a destra è una forma di libertà. e trovo antidemocratico, per quanto comprensibile, il dire che le categorie oppresse o discriminate se votano a destra è solo per "sudditanza". Tant'è che molti comunisti storici erano e alcuni lo sono tutt'ora tra le persone più omo-fobiche della terra. quindi gli omosessuali hanno il diritto di sentirsi discriminati anche da sinistra. cazzo, per voi sembra che "La sinsitra" sia una categoira dello spirito, immune da qualsiasi cambiamento, evento, sfumatura. Per me essere di sinistra significa ragionare con la propria testa, senza sudditanze, nemmeno, perdonate il gioco di parole e la ripetizione, di sinistra. Motivo per cui per esempio nel caso della questione palestinese sono spesso in disaccordo con le posizioni considerate unanimemente "di sinistra".
E il germe dell'antisemitismo si nasconde anche a sinistra, sebbene sotto forme più accettabili e tollerate: io lo vedo spesso in molte posizioni che difendono più o meno a priori qualsiasi scelta dell'olp. Le trovo pericolose e poco "libere". Insomma le trovo frutto di una forma di "sudditanza" anch'esse. quindi non sono d'accordo con te, tonii.
la conclusione dell'articolo di Levi parla proprio dell'importanza di non difendere la propria particolarità e basta, ma di predicare una libertà universale, di tutti. Prendendo spunto, dal discrimine cui si è stati soggetti.
quindi se sei omosessuale o ebreo e sei stato discrimintato devi difendere la libertà tout court, non solo quella della tua appartenenza di discriminato. Ci guadagnerai anche tu. questo mi pare il senso dell'articolo di Levi. Ed è un senso molto bello, alto, che a me, personalemtne, ha toccato dentro.
posso solo aggiungere che a molti comunisti storici, come li chiami tu, io non mi sarei avvicinato mai da disarmato.
Sull'antidemocraticita' e sulla sudditanza avrei parecchio da dire, ma mi sa che finiamo ot e di parecchio. fermiamoci qui.
hai ragione, tonii, si rischia di andare troppo off topic. non volevo aggredirti sia chiaro, è un discorso troppo lungo e con troppo background per poter essere disquisito su un blog. comunque è da notare come ogni post sull'ebraismo in questo blog, dia sempre vita a dibattiti di rara intensità e bellezza. complimenti ad alberto, con il quale sono spesso in disaccordo, ma che su questo tema offre sempre dei bellissimi spunti di riflessione.
[URL]http://www.sicilia.opensourceday.org[/URL] [URL]http://www.nati.opensourceday.org[/URL] [URL]http://www.egipto.relativo.info[/URL] [URL]http://www.canna.hccapa.org[/URL] [URL]http://www.opensourceday.org[/URL] [URL]http://www.lesbo.relativo.info[/URL] [URL]http://www.alessandra.hccapa.org[/URL] [URL]http://www.hccapa.org[/URL] [URL]http://www.culo.hccapa.org[/URL] [URL]http://www.relativo.info[/URL] [URL]http://www.gallipoli.opensourceday.org[/URL] [URL]http://www.solitario.relativo.info[/URL]