Inizia domani mattina nell'aula Magna del Palazzo di Giustizia di Genova, l'udienza preliminare per il processo a quei poliziotti, medici, infermieri, che nei giorni del G8 del luglio 2001 trasformarono la caserma della Polizia di Bolzaneto in un lager. La procura ha chiesto 47 rinvii a giudizio per dirigenti e funzionari di polizia che avevano organizzato il cosiddetto «Comitato d'accoglienza»: calci e pugni agli arrestati, appena arrivavano in caserma, come hanno confermato a verbale anche agenti di polizia penitenziaria. Le accuse sono molto pesanti, tanto che il procuratore capo Francesco Lalla ha parlato di vero e proprio «sadismo» che va al di là del reato di tortura, non ancora introdotto in Italia, perchè «implica non solo una continuità di trattamento ma anche una finalizzazione, che nel caso specifico non c' è stata».
I reati contestati a vario titolo sono abuso d'ufficio, lesioni, percosse, ingiurie, violenza privata,abuso di autorità contro gli arrestati, minacce, falso, omissione di referto, favoreggiamento personale. Circa 150 le costituzioni di parti civili: oltre alle vittime di Bolzaneto ci sono una quarantina di no global che erano stati picchiati con la stessa insensata ferocia nella scuola Diaz.
Non sarà un processo facile, visto il calibro dei potenziali imputati: nella lista ci sono il vicequestore Alessandro Perugini (all'epoca numero 2 della Digos di Genova), il generale della polizia penitenziaria Oronzo Doria, all'epoca colonnello: come quasi tutti gli indagati è stato promosso sul campo. Tra gli indagati, una quarantina tra poliziotti, carabinieri e agenti di polizia penitenziaria. I medici sono invece Giacomo Toccafondi, Aldo Amenta, Adriana Mazzoleni, Sonia Sciandra e Marilena Zaccardi. Il dottor Toccafondi responsabile del servizio sanitario all'interno di Bolzaneto, ha battuto ogni record, con 102 capi d’imputazione. Il camice bianco che indossa non gli ha impedito di insultare i suoi pazienti ed è anche accusato di non aver denunciato che nelle celle venivano spruzzati contro i detenuti gas urticanti-asfissianti. Al generale Oronzo Doria invece, i pm hanno contestato di aver tollerato e comunque non impedito che le persone detenute presso la caserma subissero umiliazioni, offese e insulti in riferimento alle loro idee politiche o alla loro identità sessuale.
Dovranno spiegare perchè hanno consentito che i ragazzi fermati in quella notte da incubo venissero minacciati, picchiati, insultati. Com’è stato possibile che una donna sia stata costretta a firmare i verbali relativi al suo arresto dopo che, mostrandole le foto dei suoi figli, gli agenti le avevano intimato che se non avesse firmato non avrebbe potuto rivederli? Cosa può aver fatto il giovane che a verbale racconta di essere stato «percosso con calci e pugni alla schiena e insultato, costretto a stare coricato a terra prono con gambe e braccia divaricate e testa contro il muro; ingiuriato con frasi, ritornelli ed epiteti a sfondo politico». E ancora: «Costretto a stare a carponi da un agente che gli ordinava di abbaiare come un cane, e di dire "Viva la polizia italiana"»? Come giustificherà in aula, il comitato d’accoglienza il racconto di una donna che dichiara di essere stata «percossa nel corridoio durante l'accompagnamento ai bagni, le torcevano il braccio dietro la schiena nonché colpita con schiaffi e calci; insultata con epiteti rivolti a lei e alle altre donne presenti in cella: “troie, ebree, puttane”, ingiuriata con sputi al suo passaggio in corridoio; minacciata di essere stuprata con il manganello e di percosse;costretta a rimanere, senza plausibile ragione, numerose ore in piedi».
Nessuno di loro, italiano o straniero, poté contattare avvocati, parenti, consolati. A nessuno di loro fu comunicato il motivo del fermo o dell'arresto, dove si trovassero, dove sarebbero stati condotti in seguito.
Nonostante molti fossero feriti (68 provenivano dalla Scuola Diaz) non furono curati, furono costretti a firmare falsi verbali di arresto, a dichiarare di non voler contattare legali o consolato. Nessuno ebbe diritto a cibo, acqua, sonno, furono costretti per molte ore a rimanere in piedi con le braccia alzate contro al muro.
In vista dell’udienza preliminare Genova è come sempre blindata, col palazzo di giustizia circondato dalle forze dell’ordine. Per domattina è comunque previsto, alle 10, un presidio davanti al tribunale. Venerdì, ore 21, molte delle vittime dei pestaggi di Bolzaneto porteranno la loro pubblica testimonianza in un incontro organizzato a sala Cambiasio.