Cercando l’Unità
In questi giorni stiamo ricevendo numerose lettere a sostegno de l’Unità nelle quali i nostri lettori s’interrogano preoccupati sul futuro di questo giornale e di questa direzione. Ci chiedono che succede, alla luce di quanto pubblicato da altri organi d’informazione. A loro rispondiamo subito che poiché le vicende di nessun altro quotidiano suscitano all’esterno la stessa spasmodica attenzione a noi riservata dobbiamo dedurne che l’Unità è un giornale molto interessante ed è un giornale che ha molti nemici. Poiché sappiamo essere l’una cosa diretta conseguenza dell’altra, ne siamo naturalmente orgogliosi anche se, a proposito dei nemici, li avremmo preferiti alla nostra altezza. Non alludiamo al fisico del presidente del Consiglio, ma davanti al libello sulle malefatte de l’Unità «nazicomunista» dobbiamo dire che da un miliardario che ha sul libro paga ben altre penne ci saremmo aspettati, sul piano della calunnia, qualcosa di più efficace e soprattutto di meglio scritto.
C’è poi un organo del sottosuolo (nel senso del livello delle copie vendute) che ha come missione editoriale quella di sparare a casaccio i nomi dei futuri direttori dell’Unità. Per carità, tutto finisce nella vita e figuriamoci le direzioni dei giornali, ma questi non ne azzeccano una. Negli ultimi mesi hanno fatto dodici o tredici nomi (per la maggior parte ottimi colleghi all’oscuro di tutto, oltre naturalmente a qualche venditore di fumo), e ogni volta annunciati con squilli di tromba e rullar di tamburi sulla soglia dell’agognata direzione, centimetro più centimetro meno.
Non è certo un simile materiale avariato a dover preoccupare i nostri lettori che, tuttavia, hanno le antenne giuste per capire che l’Unità ha i suoi problemi, che sono però gli stessi problemi che hanno tutti i giornali che devono contare esclusivamente sulle proprie forze quando si tratta di far quadrare i conti. A gennaio, l’Unità ha avuto una diffusione pari a 64mila copie, il 5 per cento in meno rispetto al gennaio dell’anno scorso ma 20mila copie in più rispetto all’obiettivo prefissato quattro anni fa alla ripresa delle pubblicazioni. Nel frattempo sono state aperte tre redazioni locali (Bologna, Firenze, Roma) e i giornalisti da 44 che erano all’inizio sono diventati 86. Il giornale si è irrobustito ma gli introiti pubblicitari che come tutti sanno, insieme alle vendite, rappresentano l’altra fondamentale voce di bilancio, malgrado gli sforzi dell’azienda e contro ogni legge di mercato restano assai inferiori al peso del giornale e alla sua diffusione (le imprese sanno cosa dispiace al premier e si comportano di conseguenza). Malgrado le difficoltà l’Unità resta un fenomeno editoriale senza precedenti se non altro perché non si conoscono giornali morti ritornati in edicola con tanto successo. Un risultato che si deve a un concorso di energie. Ci sono una proprietà e un consiglio di amministrazione che hanno creduto nella nuova Unità, che vi hanno investito risorse e che hanno contribuito a farne un giornale libero. Ci sono i giornalisti dell’Unità, una redazione di eccellenti professionisti giustamente gelosi della propria autonomia da qualunque potere. Ci sono i gruppi parlamentari dei Ds che hanno veicolato, con amicizia, il finanziamento pubblico dello Stato a questa testata che ne ha tratto giovamento anche per i suoi meriti (sono soldi versati in rapporto alla tiratura). E poi c’è la direzione dell’Unità, cioè chi scrive, che affida ogni giorno il giudizio sul proprio operato ai lettori e solo ai lettori. È impensabile che in un giornale i soggetti che ne fanno parte - editore, giornalisti, direzione - si trovino tutti sempre d’accordo su tutto. Anche all’Unità, pensate, capita che si discuta e che si abbiano idee diverse. Il fine, però, è certamente comune e condiviso: la vita del giornale. Perché questa vita continui (e, perché no, si espanda) ognuno ha ruoli e responsabilità diverse e ognuno dovrà affrontarle come sa e come deve. La speranza del giornale è tutta qui.
sono lettore assiduo di repubblica e, saltuariamente dell'Unità ma visto come si sono messe le cose penso che lo comprerò più assiduamente. Tanti cari saluti a tutti voi.