Carissima Ritanna,
il tempo passa ma nella vita politica non si allontanano né si modificano i modus cogitandi del maschile. Non c’era altro che questo nelle parole di Marco Travaglio, del quale, tuttavia, non abbiamo mancato di apprezzare la lettera di scuse pubblicata sull’Unità. Scuse che non cancellano quelle che noi riteniamo tutt’altro che sviste o scivoloni; dire che «Ritanna vale a malapena un sedicesimo di Ferrara, tanto che il nome otto e mezzo è stato inventato perché Giuliano vale otto e Ritanna mezzo», non è forse un rassicurare/arsi sulla superiorità intellettuale dell’uomo? Sì perché Travaglio si lamenta «che in un Paese normale a nessuno verrebbe in mente di chiedere pareri sulla libertà d’informazione a un ex ministro ed ex spia della Cia (Ferrara), all’ex portavoce di Bertinotti (Armeni)...» - (e qui ancora siamo al Travaglio «politico») - ma poi, come mai quando passa a ridicolizzare, riduce in macchietta soltanto Ritanna, e con quale stile poi: «Basta accucciarsi ogni sera sulle ginocchia di Ferrara e tenergli ferma la vittima di turno, mentre lui la mena». Ferrara, in fin di conti, ne esce comunque incontaminato nel proprio virile intelletto: ben fatto, Travaglio!
Il commento più saggio è del direttore di Liberazione, sull’Unità di domenica scorsa: «Sono una persona timida e queste volgarità mi imbarazzano», mentre non altrettanto pertinenti, e colpevolmente prive di scuse, sono le parole di Furio Colombo che va del tutto fuori tema alla ricerca dei «tassi di comunismo».
La verità è che Ferrara, seduto accanto a te si va mitigando: brava Ritanna, continua così.
Elena Cordoni, Elena Montecchi, Marisa Abbondanzieri, Paola Mariani, Katia Zanotti, Lalla Trupia, Marina Sereni, Carmen Motta, Raffaella Mariani, Beatrice Magnolfi
Ognuno ha i suoi amici e giustamente li difende. Meglio, però, non usare argomenti che - in questa piccola storia - non esistono. Nessuno ha parlato, su questo giornale, di “tassi di comunismo”, se non altro per incompetenza di chi lo dirige. Ma io resto grato a Piero Sansonetti per avere notato - nel corso della trasmissione in cui la Armeni rende più buono Ferrara - che l'Unità è stata definita “giornale criminale”. La co-conduttrice non ha avuto obiezioni e non si trova alcun accenno della gravissima accusa al giornale l'Unità nella vostra lettera.
Furio Colombo
Caro direttore,
Ritanna Armeni è donna e giornalista in grado di difendersi da sola e non ha certo bisogno che le parlamentari di Rifondazione Comunista le testimonino stima e solidarietà, ma vogliamo prendere parola in merito a quanto è seguito all'articolo di Marco Travaglio. Che “Bananas” fosse misogino non è necessario sottolinearlo. Il linguaggio parla, appunto, ed esprime il pensiero: l'accusa di Marco Travaglio di subalternità, o peggio, rivolta a Ritanna Armeni non sarebbe mai stata espressa in quel modo nei confronti di un uomo, e non c'entra la polemica o il paradosso, come qualcuno sostiene nelle lettere di oggi: si può essere feroci e non volgari, ma, se l'articolo di Travaglio ha provocato indignazione, la pagina de l'Unità di oggi ci colpisce a tal punto da considerarla inquietante. Tanto accanimento è inspiegabile, non si può certo definire come critica politica e neanche come invidia personale (che pure esiste) nei confronti di una donna che è riuscita a tenere testa a Ferrara. Non mettiamo in dubbio che qualche replica a Travaglio, soprattutto da voci autorevoli come Sansonetti e Buffo, possa far scattare o sollecitare la solidarietà di firme altrettanto autorevoli; al di là del merito che, per pudore, non commentiamo, il risultato finale è una pagina che porta a domandarci: “dove si vuole arrivare? qual'è l'obiettivo?”. Ritanna Armeni non è solo donna autorevole e intelligente, non solo ha saputo far emergere anche in televisione qualità giornalistiche già note, ma, in una trasmissione impegnativa, è riuscita a far sentire voci alternative non solo alle destre o ai neocon, ma anche a quel pensiero unico del mercato e alle culture moderate che lo accompagnano. Ha dimostrato che è possibile contrastare le destre senza essere rozzi. È questo che da fastidio a Travaglio, ai suoi amici e, a questo punto, a l'Unità? Forse, sorge il dubbio, l'attacco non è rivolto solo alla persona, ma alla cultura politica che rappresenta, in cui vi sono gli elementi di una cultura del diritto e delle libertà individuali, certamente estranea a quella di Travaglio o Flores d'Arcais, e forse anche alla linea editoriale de l'Unità che spesso abbiamo letto. A nostro avviso è una cultura politica preziosa per la sinistra e per la democrazia; se, però, è proprio questa che infastidisce, lo si dichiari e si polemizzi su quel piano, senza pretendere di fare apparire raffinato un classico linguaggio da osteria. Quando si sceglie questa seconda strada, la più gentile delle accuse non può che essere quella di misoginia. Le domande, a questo punto, non sono per Travaglio ma per lei direttore.
Le parlamentari di Rifondazione Comunista
Domanda per domanda, ci tormenta la seguente questione: che cosa vuol dire “tenere testa a Giuliano Ferrara”, mentre si partecipa ogni sera alla sua trasmissione? Converrete che è una domanda inquietante.
Furio Colombo
Caro Direttore mi scuso se rubo ancora spazio al tuo giornale che sicuramente ha da trattare questioni più importanti delle critiche a un articolo di Marco Travaglio su “otto mezzo”. Ma le razioni arrabbiate di alcuni lettori- noti e meno noti- mi spingono a rispondere per quel poco che mi compete. In questione non è il giudizio critico verso Ritanna Armeni espresso nelle loro lettere da Ottavia Piccolo, Claudio Rossoni, Paolo Flores D’Arcais, Genny Di Berto, Marina Minicucci e altri ancora. Ne si può sindacare sulle opinioni in proposito di Travaglio. Ognuno è libero di giudicare come vuole. Personalmente, a volte apprezzo gli interventi della Armeni, a volte niente affatto. Il punto è un altro: Travaglio può criticare chi vuole ma a sua volta è esposto alla critica. Da lettrice non ho condiviso che, per fare una critica anche feroce a una giornalista, la si sia paragonata a un “cane che si accuccia sulle ginocchia” del padrone. Ci sono frecce anche molto acuminate da scoccare che non per forza rimandano a un armamentario che si avvicina al “celodurismo” linguistico che in Italia è tornato in voga. Nessuno invoca una protezione speciale per le donne: chi è nell’arena pubblica e per di più dispone di un potere dato dal mezzo televisivo (o dal ruolo politico) sa che corre dei rischi. Ciò non toglie che si possa aspirare a un linguaggio meno “datato”.
Un abbraccio
Gloria Buffo
Caro direttore,
Marco Travaglio ha usato nei confronti di Ritanna Armeni un termine chiaramente deplorevole e però non è che per questo gli si possa togliere il diritto di criticare la giornalista che ha scelto di affiancare Giuliano Ferrara. In “Otto e mezzo” c'è un mattatore irritabile e c'è una spalla per lo più docile. Quello è l'ormai noto copione e quello è il contratto. In verità la Armeni è stata, in genere, assai meno remissiva di colei che l'ha preceduta nello stesso ruolo, e però, nella serata in questione, sull'Unità si sono dette tali cose che l'indocilità doveva e poteva ben essere esercitata con un soprassalto di coraggio. Se ciò non è avvenuto, non sarà mica colpa, per caso, di Travaglio, o dell'Unità. Non scherziamo. Alla fine, a ciascuno il suo, donna o uomo che sia.
Cordialmente
Vittorio Emiliani
Cari direttori, vorrei intervenire sulla vicenda Travaglio-Otto e mezzo.
Stimo Ritanna Armeni una collega di primissimo livello. In questi mesi di conduzione di “Otto e mezzo” ha saputo quadrare un compito arduo, come poche sono riuscite: esserci, in televisione, con la sua intelligenza e la sua autorevolezza e, insieme, come presenza fisica, con telegenia e classe.
È un compito sempre difficile in televisione e lo è tanto più, per una donna, in quel contenitore trash che è la tv berlusconizzata, dove il corpo femminile è servito in versione anatomica. Insomma, Ritanna Armeni è una presenza in totale controtendenza. E non è un caso infatti se questa sua presenza abbia fatto notizia. Di Marco Travaglio stimo la penna. Apparteniamo a culture politiche diverse, ma in genere tendo a pensare che sia un bene che sull'Unità esse convivano. Stavolta, però, della differenza sento forte il peso. Perché ci sono alcuni punti fermi sui quali non ritengo possibile tornare indietro. Tra di essi c'è questo: attaccare la professionalità di una donna ricorrendo a metafore più o meno velatamente sessuali (così come commentandone dati fisici) è un trucco vecchio, scorretto, disonestello.
Si sperava (si spera sempre) scomparso dall'uso civile. Purtroppo, anche in un giornale come il nostro, dove pure stigmatizziamo il fascista che insulta Rosy Bindi ricorrendo ad argomenti come questi, ogni tanto - qua e là, in modi più velati, stavolta dentro “Bananas” con fragore - il vizio riaffiora. Con dispiacere.
Maria Serena Palieri
Caro direttore,
non vedo «Otto e mezzo» perchè non sopporto i voltagabbana in generale e il conduttore di questa rubrica in particolare.
Tanto più da quando si fa affiancare da alibi di sinistra, siano essi donne o uomini. Ho letto su «l’Unità» l’accorata lettera di Piero Sansonetti, direttore di Liberazione: fa bene a difendere la sua editorialista e a scandalizzarsi. Ma io mi scandalizzo ancora di più perchè su «Liberazione» , giornale della estrema sinistra, non è stata ancora pubblicata una riga sul tentativo di riabilitazione dei repubblichini di Salò, traditori e assassini.
Franco Giustolisi
Caro Direttore,
Non è bella la discussione che si è aperta su L'Unità dopo l'articolo di Travaglio su Ritanna Armeni. Non mi è piaciuto Travaglio, che ha chiesto scusa ma poteva pensarci prima; ma soprattutto non mi sono piaciuti certi commenti esterni pubblicati in questi giorni dal nostro giornale. Su tutti quegli interventi aleggia un misto di misoginia e di “dalli al traditore” che non fa parte della storia e della identità profonda del giornale. Non voglio difendere Ritanna Armeni, che si difende benissimo da sola e non ha bisogno di me. Ma, da trentennale lettore de L'Unità, nel mio piccolo, voglio difendere la storia e le radici del mio giornale.
Per la prima volta nelle mia vita ho letto su L'Unità di “giornaliste che si siedono sulle ginocchia del giornalista”, di “Ritanno”, di “comunisti che collaborano con i servi di Berlusconi”. Io, invece, mi ero abituato a un giornale espressione di battaglie civili, portavoce di diritti, sensibile a ciò che si muove nella società, aperto, libero e autonomo e, soprattutto, mai volgare. È possibile riavere quel giornale lì? Quel giornale con il quale magari si litiga ma ben consapevoli di avere la stessa storia e con tanto rispetto reciproco? Spero di sì, anzi ne sono sicuro. E per favore, non mi si dica che quella di Travaglio era satira contro il “regime”. Era soltanto maleducazione. Contro noi stessi.
Roberto Cuillo
insomma: in nome del femminismo viva i programmi di disinformatija berlusconiana (quello pelato che ha per portavoce la gardini perche' e' figa)!
in nome dell'anticomunismo (o dell'anti-antiberlusconismo) fuori i boscevichi (furio colombo e travaglio!) dal giornale di gramsci...
non male la politica-cabaret!
qual'e' il prossimo numero? dalema che scrive libri per la mondadori? fassino che invita gli imprenditori a delocalizzare in cina?
[e questi qui vorrebbero vincere le elezioni?!?]
Non mi è mai piaciuto Travaglio. Ciò nonostante ritenevo che di Travaglio in Italia ce ne volessero almeno una decina, uno era troppo poco. Fino a che non ha chiesto scusa.
Torno alla mia prima opinione: è un quaquaraquà, uno dei tanti...
non stimo eccessivamente travaglio, ma non sono d'accordo con aleph.
davanti a scuse orrende come quelle di essere sessista o antisemita o razzista cosa si puo' fare se non chiedere scusa e dire "mi sono espresso male"?
semmai ci vedo un cattivo gusto enorme in questo fare quadrato attorno alla armeni solo perche' e' una donna, che lo facciano le femministe storiche, pazienza, e' il loro ruolo; ma quando lo fa qualcun altro mi sembra solom assurdo e opportunista.
l'unico torto di travaglio e' stato quello di
essere stato imprudente, ma in questa italia
abbiamo bisogno di grandi imprudenze.
In tutta la faccenda il vero scandalo e' che
una giornalista sedicente comunista,non apra boc-
ca di fronte alle criminose accuse cui e' stata
sottoposta la direzione dell'unita'.
Probabilmente il torto di Travaglio è quello di dare definizioni che ben si attagliano ai soggetti ed alle situazioni cui si riferiscono.
E quello di usare gli aggettivi appropriati.
Ma il buonismo riformista non tollera certi atteggiamenti: anzi, altro che buonismo, è vera e propria sottomissione.
A 'sto punto meglio Prodi che proni.
Un tempo esisteva il buon gusto e la ricerca di una minima eleganza in tutto.oggi tutto è becero.
un saluto le cosniglio di legger i vermi e le rose
di Azzolina