«I momenti unici durano poco, è l'uguale che poi prende comunque il sopravvento». Questo primo libretto di Paola Presciuttini, ordinato da Feltrinelli dopo la letura del più solido e maturo
Non dire il mio nome, l'ho aspettato un bel po', ma ne è valsa la pena. Contiene tante promesse di Paola poco più che ventenne, poi mantenute nell'opera più recente.
Nove racconti, intimi e delicati, che avvincono e stupiscono per la facilità con cui Paola sa mettere sulla carta sentimenti profondi e temi delicati (morte, omosessualità, vecchiaia, follia, incesto). L'avvio - dopo la bella prefazione di Dacia Maraini che aggiunge valore al piccolo libro - è avvincente. In otto pagine tesissime il lettore è calato in una psicologia disturbata che sogna un impossibile viaggio in Olanda. La pazzia del protagonista (tenuta a bada dalla terapia di psicofarmaci, unico modo per riuscire a tenere i pensieri "tutti in fila, uno dietro l'altro") è descritta in modo tanto convincente da lasciare sgomento chi ha avuto modo di incontrare anime malate come quella raccontata qui.
Né la seconda storia dà tregua: è il racconto di una morte e di un dialogo postumo, tra i pensieri di chi ancora vive e la lettera di addio dell'amante morta.
Le ottanta pagine si leggono in due ore durante le quali la tensione emotiva resta sempre alta (forse solo ne "La neve non fa rumore" Paola si fa prendere la mano dalle immagini e perde un po' di leggerezza). Particolarmente bello il terzo racconto, "Fuori", sette paginette di valore, un cammeo in cui si trova l'embrione di "Pedro", protagonista di Non dire il mio nome.
Il libro è edito da
Sensibili alle foglie, cui forse conviene rivolgersi diraettamente per l'acquisto, obbligatorio per chi ha apprezzato la storia di Pedro.