Formigoni, dove prende i soldi?
Campagna milionaria, inaugurazioni e libretti a spese della Regione. Silenzio su Oil for food
di Oreste Pivetta
Ha sempre avuto la vocazione dell'uomo ovunque, da Milano a Bruxelles, dalla Cina a Bagdad, dalla sagra all’Assolombarda, dalle piste di sci alle piste nel deserto, tra i terremotati del lago di Garda proprio nel giorno in cui può annunciare l’arrivo dei soldi del governo o alla prima pietra di un ospedale che verrà pronto fra cinque anni. Roberto Formigoni s'offenderà per il confronto, ma bisogna dirlo: fa la copia di Berlusconi, anche se a suo netto incolmabile vantaggio sono la prestanza fisica, la giovane età, i capelli folti e immobili, il mestiere della politica, imparato quando era democristiano. Fa la copia nel senso che ha scelto l'immagine per rivincere, in cammino di muro in muro, di televisione in televisione, di convegno in convegno, verso la terza presidenza regionale. Ha anticipato alleati e competitori con la storia del “presidente di tutti”, manifesti giganti con la sua firma e il suo volto pensoso di chissà quali pensieri, per preparare l'autostrada alla sua grande idea: la lista del presidente. Voleva aprire al mondo intero: da due mesi continua a recitare gli stessi nomi, Borghini, Bassetti, De Maio (l’ex rettore del Politecnico, un nome che recitano un po' tutti), salvo rischiare di ritrovarsi al fianco Pasqualone Guaglianone. S'è rassegnato a manifesti altrettanto grandi ma “unitari”. Da alcuni giorni è tornato il “presidente di tutti” e ci ricopre di “pieghevoli”. Mentre Forza Italia, usurpando con gusto provocatorio il simbolo della regione (cioè la rosa camuna, presto sostituita dal più disponibile profilo geografico della Lombardia, con un richiamo dell'assessore competente alle questioni istituzionali, contro un evidente abuso), proclama: «Forza Italia, una scelta di campo», «Forza Italia, abbiamo mantenuto tutti gli impegni», Formigoni replica con «Formigoni presidente di tutti. Opportunità per tutti, perchè ognuno possa realizzarsi e tutti possano crescere. Insieme», «Giustizia per tutti, perchè il tuo diritto è un mio dovere» e via di questo passo, inondando la vista dei lombardi a un costo multi milionario. Un manifesto sei metri per tre vale undicimila euro al mese di diritti d'affissione (si va a quarantanovemila euro per il manifestio gigante, dodici metri per nove).
Formigoni non s'accontenta. Nelle case dei lombardi sta arrivando un innocente libretto: “Tutta la regione a portata di mano”. Centotrenta pagine di numeri telefonici e di indirizzi, consigli per chi viaggia (dall'antitifica all'antiepatite), sagre e bagni termali, progetti di grattacieli (la nuova sede regionale, definita aulicamente l'Altra Sede, con le maiuscole), restauri di vecchie ville e di vecchi grattacieli (il Pirellone, devastato due anni fa dall'incauto pilota italo-svizzero). Centotrenta pagine che si giustificano solo in rapporto alla terza pagina, quella dove compaiono la foto del Formigoni finalmente sorridente e la firma autografa, sotto cinque righe di che dicono: «Cari cittadini, anche quest'anno la Regione Lombardia è al vostro fianco... Grazie per la vostra attenzione e collaborazione...». A un mese dalle elezioni. Con Formigoni resteranno i ticket sulla sanità (che gli hanno reso in un anno 168 milioni). Però il materiale di propaganda lo paghiamo noi, perchè il volumetto costa e lo si stampa attingendo appunto a un fondo, una voce del bilancio della sanità, cinquanta milioni di euro che si dovrebbero spendere per «finalità scientifiche e divulgative». Si può, ovviamente: per legge sono spese che non chiedono neppure delibere di giunta, godono di una propria insindacabilità. Intanto il libretto gira. Le somme si tireranno alla fine, quando dovrà essere presentato il consuntivo. A proposito del consuntivo 2004, un consigliere diesse, Daniele Marantelli, ha fatto notare che solo per la comunicazione istituzionale risultano spesi 25 milioni di euro, due in più rispetto al 2001, mentre per gli interventi contro l'inquinamento atmosferico erano disponibili solo 650 mila euro. Formigoni non ha risposto, ha mandato il suo funzionario, Fulvio Matone, che ha potuto solo confermare.
Naturalmente in campagna elettorale non bastano un vademecum, qualche annuncio clamoroso (come la Borsa lavoro, presentata con uno slogan del genere: clicca sul mouse e troverai il posto), la tesserina sanitaria elettronica (vista solo nei duplicati della pubblicità). Formigoni sa usare instancabile i grandi eventi. Per il restauro del grattacielo Pirelli aveva persino alzato tribune davanti alla stazione centrale, degne di Berlusconi, ma il nostro presidente del consiglio aveva preferito Gemonio. Ai mondiali di sci in Valtellina s'era travestito da atleta delle nevi, tra i campioni delle discesa libera. A fine mese gli toccherà l'inaugurazione della fiera a Però. Formigoni è telegenico. Usa in modo spregiudicato e senza rimorsi la tv: il tg regionale e molto di più le tv locali, pagando se necessario.
Il suo problema è mostrarsi: come dicono i suoi detrattori, la sua ansia di comparire rasenta la patologia. Formigoni uno psicoanalista lo potrebbe definire soggetto di egotismo assoluto, il kim il sung del Lario. Uno che dice «Il progetto riformista sono io» soffre della stessa sindrome di Berlusconi. Quando gli hanno chiesto come se la cavasse con un “listino” degli assessori confezionato dalla Lega, da Forza Italia e persino da Follini, dopo tante esuberanti promesse, ha semplicemente risposto: «Il progetto riformista sono io». Lui è il custode dell'ortodossia riformista. Come ha spiegato pure in un libro (con la cortese disponibilità della Mondadori) scritto con un ideologo del centrodestra, Paolo del Debbio, dal titolo tonante, “Una rivoluzione possibile”, e dai contenuti melliflui. Il primo capitolo spiega come si possa essere «cattolici, liberali e riformisti». Avrebbe detto anche musulmani, se a nuovi immigrati fosse stato concesso il voto. Gli altri capitoli aggiungono che la concorrenza fa bene alla sanità, che la famiglia è il nucleo fondante della società, che esistono i distretti industriali. Concludendo con una sorta di autointervista autoreverenziale, dove si vanta innovatore contro i conservatori che stanno a sinistra e si autorizza a rispondere alla domanda «perchè un cattolico come lei sta nel centrodestra e non nel centrosinistra» con la seguente straordinaria tautologia: perchè i cattolici che fanno politica credendo nei valori della dottrina sociale cristiana... si trovano molto di più nel centrodestra. È berlusconiano anche nella baldanza con la quale affronta la banalità. È berlusconiano nel modo di rispondere ai magistrati che sollevano qualche dubbio: «L'attacco contro di me è tutto e solo politico, è il vergognoso colpo di coda di un sistema politico giudiziario agonizzante, un tentativo estremo del giustizialismo comunista e centralista». Si era nel 2000 e Formigoni era stato coinvolto (con Paolo Berlusconi) nelle indagini che riguardavano la discarica di Cerro Maggiore. Cinque anni dopo gli è toccata la fregatura di Oil For Food. Neppure un fremito. Impassibile a tutto. E silenzioso.