Croce Azzurra
di Marco Travaglio
Bando ai sospetti e alle insinuazioni. Maurizio Scelli, uomo pio e tutto d'un pezzo, ha sempre detto che lui «alla politica non ci penso proprio». Anzi, di più: «La Croce Rossa Italia non sarà più al servizio della politica, ma la politica al servizio della Croce Rossa Italiana». E, per essere ancora più chiaro: «Abbandonare la Cri per la politica sarebbe un tradimento». Ora, per carità, è vero che l'adunata oceanica dei giovani azzurri («Forza Ragazzi») patrocinato oggi a Firenze dal commissario straordinario della Cri, previa benedizione di Sua Pallidità James Bondi, a quattro giorni dalle elezioni, potrebbe far sorgere qualche dubbio. C'è chi potrebbe persino ipotizzare che la Croce Rossa sia la prosecuzione di Forza Italia con altri mezzi. Ma sono dubbi da allontanare subito dalle menti, perchè Maurizio Scelli ha una parola sola. Quando, per esempio, comparve a Baghdad nei panni di liberatore dei bodyguard Cupertino, Stefio e Agliana, e poi delle due Simona (per Giuliana Sgrena non ci fu tempo), egli smentì «tassativamente» che si fosse pagato il riscatto: «Sarebbe un tradimento, e il tradimento è punito con la morte». L'Italia, com'è noto, non paga riscatti in Iraq: è soltanto più fortunata degli Usa e della Gran Bretagna, i cui ostaggi vengono regolarmente giustiziati. Nessun'ombra può offuscare dunque la sincerità di questo commissario davvero straordinario che da mesi, nel tempo libero fra un blitz iracheno e l'altro, gira l'Italia in tournèe permanente, per ripetere a tutti che è ora di finirla con «le strumentalizzazioni politiche della Croce rossa».
Il 17 febbraio 2004 dichiara alla Stampa: «Basta politica. Noi siamo la Croce Rossa. Assistiamo i poveri, i bambini ustionati. E la gente ci dice: grazie Italia. Mica dicono: grazie Berlusconi. Gli iracheni manco lo sanno chi è Berlusconi». Figurarsi lui.
Il 22 giugno 2004 qualcuno, dopo la sceneggiata del falso blitz intorno ai bodyguard, torna a ipotizzare che la Croce Rossa si presti ai giochetti del governo, ma Scelli inorridisce al solo pensiero: «Siamo un organismo neutrale e umanitario in Iraq solo per fare del bene, non per avere una rispondenza politica».
Il 26 giugno, sui luoghi della battaglia di Solferino (Mantova), pontifica: «Siamo qui a celebrare un'idea che dopo 140 anni è ancora attuale: stare accanto a chi soffre, senza distinzione di bandiere o di parte politica». Ecco, nessuna distinzione.
Il 22 agosto si arrampica fino a Cortina d'Ampezzo per la gioia del resto d'Italia, e ammonisce severo chiunque «strumentalizzi per vicende politiche ed elettorali la vicenda irachena».
Il 17 ottobre atterra a Venezia, con viva soddisfazione delle altre città, e smentisce recisamente le voci sulla sua discesa in campo: «Se è un'occasione perduta non lo so, ma la perdo in maniera consapevole e ponderata, perchè queste persone meritano che io stia con loro. Non posso abbandonarli per nessuna proposta. Non mi sento di tradire i volontari per una carriera politica, voglio restare con loro. Sono legato a un principio di assoluta neutralità perché, tra i 300 mila volontari e i 4 mila dipendenti della Cri, ce ne sono di tutti i partiti quindi non sarebbe giusto che io oggi facessi degli spot, anche per evitare gli errori di chi mi ha preceduto in passato, e che forse ha pagato a caro prezzo».
Il 28 ottobre l'ubiquo commissario è a Vasto (Chieti), la qual cosa desta l'entusiasmo degli altri centri dell'Abruzzo. E coglie l'occasione per ribadire che «la politica per definizione è fare qualcosa per gli altri, darsi agli altri: per me oggi la politica è portare fino in fondo questo programma di rilancio della Cri».
Il 13 novembre il madonno pellegrino appare a Montesilvano (Pescara) e torna a oracolare sul suo futuro: «Oggi ci sono più di 2 mila persone, in tutta Italia sono 300 mila. A loro ho fatto una promessa, impegnandomi a cercare di dar loro ciò di cui han bisogno. Abbandonarli per una carriera politica mi pare un tradimento. Forse ci sarà il tempo, ma adesso vorrei far politica con loro, e nel termine più bello: dedicarsi agli altri. Loro questa politica la fanno tutti i giorni». Segue lacrimazione generale.
Il 20 novembre si materializza a Teglio (Sondrio) e i soliti giornalisti gli fanno la stessa domanda, come se non fosse stato già abbastanza chiaro: «Mettermi in politica? Al momento non ci penso proprio». E' preoccupato: «C'è il rischio di una Cri politicizzata, priva della sua autonomia. Ma ora con la riforma si cambia. Lo slogan che abbiamo scelto è che la Cri non sarà mai più al servizio della politica, ma la politica al servizio della Cri».
L'11 dicembre predica a Prato contro chi «fa della pace una strumentalizzazione politica. La pace è un bene di tutti, ma oggi purtroppo è entrata nella diatriba politica». Non è bello, non si fa.
Il 30 dicembre "Libero" di Feltri scrive che Berlusconi ha già scelto il condottiero dei suoi giovani volontari a pagamento (Prodi li chiama «mercenari», ma non si può): Maurizio Scelli. Ma lo straordinario commissario cade dalle nuvole: «Ho troppa stima nel presidente Berlusconi per credere che abbia detto una cosa del genere. Quanto scritto su un quotidiano mi offende perchè ho alle spalle 14 anni di volontariato, sempre dalla parte dei giovani. Smentisco di aver potuto mettere a disposizione del premier i giovani della Cri per la campagna elettorale». Anche stavolta dice la verità: infatti ha messo a disposizione se stesso.
A pelle Scelli m'era sembrato uno stronzo.
Ogni tanto ci prendo.
Pare, peraltro, che l'evento sia stato un flop.
In effetti è stato un floppone. Ne parlavo ieri sera, mi sembrava di ricordare di aver letto che Scelli avesse ipotizzato 500-1000 partecipanti, in realtà ne aspettavano 3mila e ne sono arrivati meno di mille. Ma tanto Silvio gli troverà qualcosa da fare a quest'altro cagnolino scodinzolante, movimento o non movimento.
io ho visto inquadrature di 4 gatti presenti che avranno avuto 20 anni per gamba... a dir poco...
vabbe' che siamo tutti gggiovani...pero'...