Proprio l'altro giorno concordavo con
Leon Ravasi a proposito del nuovo disco di
Van De Sfroos, dichiarato miglior disco italiano del 2005. Il primato è durato poco, perché allo showcase dei Mercanti di Liquore alla Feltrinelli di piazza Piemonte a Milano ho sentito quello che secondo me resterà il vero miglior disco italiano del 2005. Dopo tre anni dal già ottimo
La musica dei poveri (interrotti solo dall'esperienza con Paolini, che piaccia o no, non si può chiamare "disco") è finita l'attesa. Ed è finita nel migliore dei modi, perché CHE / COSA / TE / NE / FAI / DI / UN / TITOLO è (per quello che ho potuto sentire fin'ora, ovvero sei pezzi su nove live più un ascolto integrale cenando) un lavoro notevolissimo
Dopo quindici anni di gavetta, questi tre bravi musicisti hanno dunque tutto quello che occorre per riscuotere un meritatissimo successo.
Una considerazione (che non vuole in alcun modo ridurre il valore del lavoro) sul suono: come già accadeva nella Musica dei poveri, anche questo nuovo cd non riesce a trasmettere l'energia e la straordinaria vitalità di Lorenzo, Piero e Simone
live (anche se suona molto meglio del precedente, perché la qualità di registrazione e produzione sono notevolmente migliorate). Lorenzo stesso - a cui ho chiesto le ragioni di questo "non rendere giustizia" del cd rispetto al live, mi ha dato due risposte sensate e convincenti:
«Prima di tutto, se il disco non è registrato a un concerto, non puoi fingere sonorità live. In studio non si può suonare come dal vivo. E poi, dopo quindici anni di concerti acustici in tre, quando si entra in studio ci si può togliere qualche sfizio. Per esempio avere un po' di batteria - che non c'è e non è previsto che compaia nei concerti - per poter pestare un po' meno sulle chitarre». Chiarissimo.
Un commento anche sui testi. Anche qui un salto di qualità: da testi belli e coinvolgenti, ma a volte un po' ruspanti e banali, si è passati a un uso più ricercato e preciso del linguaggio. Forse gioca a favore di questo aspetto la lunga frequentazione di marco paolini, uno che con le parole ci sa fare.
In conclusione: un cd da ascoltare e riascoltare, da rubacchiare qualche cosa per una strimpellata con gli amici diversa dalle solite cose. E soprattutto un cd che aiuta a sopportare il vuoto incolmabile lasciato da Mastro Fabrizio.