Pozzuoli, carabinieri indagati per corruzione
Un generale e alcuni ufficiali messi sott’inchiesta dalla Dda: «Hanno favorito i clan». Perquisita anche la caserma
di Massimiliano Amato
I suoi ex colleghi in servizio presso la sezione di Pg della Dda di Napoli hanno bussato di buon mattino alla porta della sua abitazione romana. Sabato Palazzo, generale di corpo d'armata in quiescenza da un anno circa, non si aspettava la visita. Meno ancora, probabilmente, si attendeva l'invito a comparire che i militari gli hanno consegnato, in calce le firme dei pm anticamorra Antonio Ardituro, Raffaele Marino e Antonio D'Alessio. Palazzo, campano di origini (è nato a Cava de' Tirreni, in provincia di Salerno), dal 1998 al 2001 comandante generale del Ros, è stato per tre anni, dal 2001 al 2004, al vertice della Divisione Ogaden di Napoli, con l'incarico di comandante interregionale dell'Arma. In quel periodo, secondo quanto ipotizzano i magistrati napoletani, avrebbe favorito, in concorso con altri ufficiali della Benemerita, il boss Giuseppe Del Giudice, esponente del clan Beneduce - Longobardi, organizzazione criminale operante a Pozzuoli, dove gestirebbe tutte le attività del mercato ittico. Una struttura al centro di numerose indagini, chiusa su disposizione della magistratura inquirente un anno e mezzo fa e riaperta dopo qualche mese.
Con Palazzo risultano indagati per corruzione, falso, abuso d'ufficio e favoreggiamento altri undici carabinieri: il suo ex braccio destro al comando interregionale Campania, colonnello Pasquale Di Simio, già capo dell'Ufficio di comando del Ros, il maggiore Nicodemo Macrì, comandante del Rono dei carabinieri di Napoli, il colonnello medico Michele Giordano, il maggiore Ruggiero Capodivento, ex comandante della compagnia di Pozzuoli, il capitano Rocco Italiano, attuale comandante della stessa compagnia, il capitano Francesco Sessa, comandante del Nucleo operativo della cittadina flegrea, il maresciallo Pasquale Esposito, comandante della stazione di Pozzuoli, il brigadiere Raffaele Uccello, in servizio nella stessa stazione, il maresciallo Carmine Palmieri in servizio alla sezione di Pg della Procura della Repubblica, il maresciallo Aldo Diaferia, in servizio alla stazione di Pozzuoli, il maresciallo Giorgio Bollino, comandante della stazione dei carabinieri di Monte di Procida.
Nell'indagine risulta coinvolto anche un rappresentante della polizia di Stato: il vicequestore Michele Carlino, dal 1991 al 1995 dirigente del commissariato flegreo, oggi in servizio al commissariato del Vomero dopo aver ricoperto, per sei anni, l'incarico di dirigente amministrativo della questura di via Medina. Avvisi di comparizione sono stati notificati anche allo stesso Del Giudice, che avrebbe beneficiato di una serie di favori (tra cui trasferimenti di carabinieri «scomodi» e promozioni di militari amici, contraccambiati con donne, televisori, cene, biglietti omaggio per traghetti, riparazioni gratuite di auto e altri regali) da parte dei 10 rappresentanti dello Stato indagati, e a Angelo Schiano, un imprenditore locale, al quale sarebbero stati evitati provvedimenti cautelari su un Centro commerciale e guai giudiziari in relazione a un altro immobile abusivo. Il quadro dei rapporti collusivi - ricostruiti nella prima fase delle indagini dalla Dda attraverso una serie di intercettazioni telefoniche sull'utenza di Del Giudice - è ampio e articolato.
Gravi gli indizi di colpevolezza che gravano sul capitano Sessa: l'ufficiale è sospettato di aver inquinato un'indagine a carico del boss flegreo, evitando di verbalizzare le rivelazioni di una collaboratrice di giustizia. Negli atti dell'inchiesta si fa riferimento anche al clima di intimidazione nei confronti dei carabinieri che hanno «osato» svolgere indagini sul clan Beneduce - Longobardi.
Chi faceva il proprio dovere veniva prudenzialmente allontanato da Pozzuoli. Del Giudice, dal canto suo, avrebbe chiesto (e ottenuto) prebende e promozioni per i militari amici: in particolare, un encomio solenne al tenente colonnello Giordano e il superamento di un concorso di maresciallo da parte di una figlia di Esposito.
Al quadro di collusioni non sarebbero estranei alcuni politici locali, coinvolti nell'indagine, e numerosi faccendieri. Elementi che spingono i pm a parlare dell'esistenza di «un grumo di corruttele che ha formato un comitato politico-mafioso-affaristico, finalizzato alla salvaguardia di interessi illeciti e senz'altro contiguo se non interno alle associazioni camorristiche». Sulla vicenda ha aperto un'inchiesta parallela anche la procura militare di Napoli.
Non e' possibile che in Italia si svolgano indagini nei confronti di persone oneste che sacrificano la Loro vita ogni giorno e vengono poi ricompensate in questa maniera dal nostro stato???????
Che vergona!!!!!
Andassero ad arrestare i veri delinquenti!!
Cioè, quello che dici in soldoni è che un tizio in divisa può delinquere tranquillamente perché ce ne sono altri come lui che rischiano la pelle? Mah...
Mia Signora,
proprio perché sono onesti e mettono a repentaglio la loro vita per la collettività non hanno nulla da temere da indagini (e sottolineo in-da-gi-ni) condotte da altri soggetti onestichemettonoarepentaglio...;
proprio perché svolgono compiti di tutela della collettività, e per far ciò dispongono di poteri che i normali cittadini non hanno, i loro (ipotetici) delitti, compiuti nell'esercizio del loro dovere, acquistano connotazioni più gravi;
proprio perché la maggior parte della gente normale quando vede una divisa tende a rilassarsi e ad "affidarsi" a chi la indossa, l'abuso (eventuale) dei propri poteri da parte di quest'ultimo è da considerarsi particolarmente riprovevole.
Il problema e' che i giornalisti dovrebbero ricordarsi del principio di non colpevolezza che vige nel nostro ordinamento ed e' a principio della normativa penale.
Concordo sul fatto che siano solo indagini e che i militari in questione non hanno nulla da temere, ma spero solo che tali indagini siano compiute onestamente anche dai magistrati, i quali hanno un POTERE di gran lunga superiore a quello degli "uomini in divisa".
Nell'articolo si riportano ipotesi ed indizi, non sentenze.
Quanto al secondo aspetto, se postuliamo l'onestà degli uomini in divisa non possiamo che fare lo stesso per quelli in toga.
La cosa più grave che possa accadere è quella che un MAGISTRATO possa violare la legge. Infatti lo dice la Costituzione nonchè il buon senso e la logica deduttiva e cioè che SOLO LA SENTENZA PASSATA IN GIUDICATO stabilisce la effettiva reità di una persona ed allora mi domando... MA ERA NECESSARIO FARE IL COMUNICATO STAMPA DA PARTE DEL PROCURATORE CAPO DELLA REPUBBLICA DI NAPOLI DR. G. LEPORE DANDO GIA' PER SCONTATA LA EFFETTIVA REITA' DEGLI INDAGATI??
E SE INNOCENTI SARA' FATTO ALTRETTANTO CLAMORE NEL RICONOSCERE LA LORO NON COLPEVOLEZZA E QUINDI L'ENORME SBAGLIO DEI PUBBLICI MINISTERI???
SE LA RISPOSTA E' NO ALLORA CI TROVIAMO DI FRONTE AD UNA FORMA DI ABUSO COMMESSA PROPRIO DAI MAGISTRATI. (se non siete d'accordo spiegatemi il perchè). Tutto ciò va a confluire con tutti quei Carabinieri e Poliziotti che vengono indagati o arrestati (con tanto di articoloni) ma poi, quando il Tribunale accerta lo loro innocenza nessuno stampa più niente (al massimo solo qualche riga. Meditate gente, meditate...
non posso dare che ragione ad anthony.
quando si tratta di dover dare contro ad uomini in divisa, non ci si pensa due volte.
anche io in passato sono stato accusato da un bravo signore che avevo denunciato più volte , e che bravi ed onesti uomini togati avevano rimesso in libertà.
quan do si è trattato di dover indagare su di me, i nostri bravi ed onesti uomini togati, non si sono fatti remori di nulla, della serie SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA2, senza poi scusarsi publicamente od altro per l'enorme gaff che avevano fatto, dovuta lal fatto di voler apparire
meditate gente, meditate