Gruppo Consiliare D.S.
Il Capogruppo
Alla Cortese Attenzione
del Signor Sindaco
Dott. Gabriele Albertini
Palazzo Marino
Piazza della Scala 2
MILANO
Milano, 19 aprile 2005
Egregio Sig. Sindaco,
Con la mozione presentata il 5 maggio 2003 e votata il 9 giugno dello stesso anno, il Consiglio Comunale ha impegnato la Giunta ad intitolare una via, un giardino o un altro luogo pubblico alla memoria di Gina Galeotti Bianchi, staffetta partigiana uccisa all'alba del 24 Aprile 1945 a Niguarda. Milano.
Nella Guerra di Resistenza a Niguarda, diceva il testo della mozione firmata da innumerevoli consiglieri comunali di vari schieramenti, particolare rilievo ebbero i gruppi di giovani partigiani e gruppi di donne che lavoravano nella clandestinità. I Gruppi di difesa delle donne erano parte integrante dei Gruppi Volontari della Libertà e del CLN, supporto indispensabile per le azioni militari, staffette in operazioni delicate, assistevano economicamente le famiglie i cui padri o mariti erano in carcere o nei lager nazisti. Gina Galeotti Bianchi, nome di battaglia Lia, fu fra le fondatrici di questi gruppi.
Milano, venne liberata dai nazifascisti, il 25 Aprile 1945, ma Niguarda, quartiere della periferia nord, venne liberata il giorno prima. Il 24 aprile 1945.
Proprio in quel giorno, durante un'ultima azione di difesa partigiana, Gina Galeotti Bianchi, 32 anni, incinta al 5° mese di gravidanza, veniva falciata da una raffica di mitra partita da un mezzo nazista che chiudeva la colonna in fuga da Milano, all'ingresso del quartiere di Niguarda.
Sono passati quasi due anni da quella mozione, firmata da tutti i gruppi consigliari, meno Alleanza Nazionale, niente si è mosso, su questa vicenda abbiamo riscontrato il parere favorevole di due assessori alla cultura, dei loro uffici, l'unanimità del consiglio comunale, è stata individuata l'area da intitolare. Ora mi dicono, la pratica è alla sua attenzione, come se questo caso contenesse una rilevanza politica particolare, come se per ricordare un'eroina della nostra libertà e della nostra democrazia, una partigiana, ci volesse un imprimatur particolare. Non credo che fosse mai successo prima per un'intitolazione, che si richiedesse il parere esplicito del Sindaco.
Si avvicina il 25 Aprile Signor Sindaco, il 60° della nostra democrazia, noi vorremmo intitolare quello spazio a Gina, proprio in quella data. Gina se lo è meritato con la vita, spetta a lei dimostrare di capirlo.
Cordiali Saluti,
Emanuele Fiano
non c'è peggior sordo...
Immagino l'irritazione si Albertini nel leggere questa lettera. Giusto continuare a proporre e agire. Ma saggio sapere che non si otterrà nulla. Ma si è mai visto Albertini in piazza il 25 aprile? Davvero pensiamo che quell'uomo sia un democratico e interessato (non dico attaccato o sensibile, ma solo interessato) ai valori e alle storie della Resistenza? la sua unica Resistenza è per la cadrega.
Corrado, ti correggo: "le cadreghe". Il nostro sindaco in mutande è sindaco di milano E europarlamentare. Indecente.
Avete detto un'imprecisione. Albertini è in piazza ogni 25 aprile per le celebrazioni ufficiali, quelle con tutte le autorità ed i sindacati. Verificate, accadra'anche domani ...
La presenza di un personaggio come il sindaco in mutande alle celebrazioni milanesi del 25 aprile è solo un segno della tolleranza e della pazienza del popolo di sinistra. Un personaggio del genere, perfetto esempio del moderno "fascista dentro", meriterebbe di essere rimandato a calci nel sedere nella sua fabbrichetta, altro che fascia tricolore.
Dunque...prima versione:
"Ma si è mai visto Albertini in piazza il 25 aprile? Davvero pensiamo che quell'uomo sia un democratico e interessato (non dico attaccato o sensibile, ma solo interessato) ai valori e alle storie della Resistenza?"
Seconda versione:
"La presenza di un personaggio come il sindaco in mutande alle celebrazioni milanesi del 25 aprile è solo un segno della tolleranza e della pazienza del popolo di sinistra. Un personaggio del genere, perfetto esempio del moderno "fascista dentro", meriterebbe di essere rimandato a calci nel sedere nella sua fabbrichetta, altro che fascia tricolore."
Quindi se non va in piazza e' un fascista attaccato alla cadrega, se ci va e' comunque un fascista dentro, che si trova li' solo per la "tolleranza e pazienza del popolo di sinistra". Mah...
E' questo tipo di "ragionamenti" che impedisce a giornate come questa di diventare un vero momento di unita' nazionale. Il 25 aprile o e' rosso o non e'? Avete mai letto nulla di Giustizia e Liberta'o dei partigiani bianchi?
Anche loro hanno liberato il paese, ma non erano comunisti. Meno propaganda e piu' storia, amici e compagni...
Vedi "Phastidio", la Resistenza - come dice giustamente Furio Colombo oggi su l'Unità - ha dato libertà e democrazia a tutti, fascisti compresi. Non a caso oggi lo Stato italiano consente ai nostalgici della RSI e ad altri dichiarati fascisti di manifestare liberamente le loro idee ignobili. Questo non deve però far pensare che la festa del 25 aprile sia cosa anche loro, né che i "loro" (quelli schierati coi nazisti) siano uguali ai partigiani.
Quindi, che si godano la libertà che avuta in omaggio da coloro che i loro padri e nonni hanno combattuto, torturato, assassinato. Che dicano le loro indecenze e provino a farsi le loro leggi, cambiare la Costituzione per i loro sporchi interessi. Ma che stiano fuori dai coglioni il 25 aprile, perché - come diceva un bellissimo striscione alla manifestazione di oggi - "se tornano i fascisti, tornano anche quelli che gli fanno la guerra".
Sono del tutto d'accordo circa il fatto che in nessun caso ai reduci di Salo' debba essere data legittimazione attraverso l'equiparazione ai combattenti per la liberta', per quanto mi riguarda a loro puo' andare solo la pieta' per chi e' morto, e l'oblio per chi e' ancora vivo.
Circa il resto, non credo che in questo paese si sia mai corso il rischio di andare verso un regime, malgrado la pubblicistica di sinistra. Basta vedere le penose performance della attuale coalizione di "maggioranza". Ma sono anche del tutto certo che le stesse scene le rivedremo con il prossimo governo Prodi, perche' vanno bene i simboli e la comunione ideologica, ma governare e' altra cosa, come dimostrato nella precedente legislatura.
Grazie dell'ospitalita', ciao.
GINA E LA BICICLETTA
Non doveva essere poi molto diversa, la Niguarda di sessant'anni fa. Perché quelle zone non sono mai cambiate davvero. Via Hermada, via Graziano, via Passerini; il centro è lontano, ancora si odono, lieti e inconsapevoli, gli starnazzi dell'aia, e quei muri cotti dal sole - un sole crudele e di guerra, nudo e spietato - ruvidi, pregni, scabri, sono ancora lì, testimoni scrostati e dolenti di un'Italia schietta e contadina, diuturna, tenace. Una città aperta dove di aperto c'era solo il viso fresco, aulente, rigoglioso di pastosità mantovana, di Gina.
Nome di battaglia Lia, come ricorda oggi una pièce teatrale di Renato Sarti allestita in suo onore. Partigiana, comunista, incinta di otto mesi, venne falciata da mitra tedeschi in fuga, mentre stava portando medicinali e provviste ai compagni. Chissà cosa vide, Lia-Gina, nel momento in cui la vita le scivolava via, sbilanciata e incerta come le ruote della bicicletta che s'avvitava sbilenca, due o tre mesti girotondi, poi il buio, per lei e la creatura che portava in grembo.
Gina-Lia morì il 24 aprile, appena un giorno prima della Liberazione. Non vide, dunque. O forse, mentre veniva avvolta in quell'attimo incandescente che avrebbe dovuto inchiodarla sempre lì, rigida, alla bicicletta nera e alle scarpe ortopediche, le scorse davanti tutto. Troppo. Un bagliore, un respiro potente di campi arati, cirri luminosi, chiome marezzate, capelli fluenti, biondi, liberi, seni rigogliosi, segreti di donne umiliate, riscatto dei deboli e degli sfruttati. Quasi anticipando un sogno psichedelico, essa vide e capì, mentre diventava luce pura, le donne di domani, i cittadini e le cittadine orgogliose di camminare finalmente abbracciati, e il suo passo invisibile a fianco dei cortei femministi, delle immigrate e degli immigrati, dei vecchi e nuovi emarginati che, anche grazie a lei, avrebbero avuto la forza di attuare la ribellione. Vide. Capì. Ci insegnò che occorre andare oltre. Che siamo tutti essenziali, e nessuno indispensabile. Che vale la pena credere, anche trascendendosi. Senza che occhi umani possano giungere ad alzare il velo. Segreto velo.
Per questo è immortalata così, con la sua bicicletta nera, nel vortice di un'opera immanente ed eterna. E noi una come Gina, Gina-Lia, non la dimenticheremo mai.
Daniela Tuscano