«Ratzinger ha detto che la risposta è "Cristo". Bé, credo che se la risposta è "Cristo" vuol dire che la domanda era sbagliata». Daniele Luttazzi all'Alcatraz, un modo per chiudere in allegria uno splendido 25 aprile. Già visto altre volte, Daniele si conferma una straordinaria macchina da battute, con due ore filate di monologo a raffica, senza un'esitazione né un calo di tensione. Apertura durissima sul nuovo papa (un po' come sparare sulla Croce Rossa) per passare poi all'Ulivo, con raffiche di sarcasmo che non risparmiano nessuno, a colpire le infinite incoerenze che da anni tanti elettori soffrono e gridano forte. Il bersaglio preferito è Rutelli, che Daniele considera indistinguibile da Follini (
«Sono come due gemelli, uno si fa la sega e l'altro viene»).
Dopo una mezz'ora buona di schiffoni a sinistra, il consueto intermezzo "sessuale", con cazzi, fighe, seghe, sperma, culi, tette, copule di ogni genere e in tutte le salse. Mi sforzo di cogliere il valore dissacrante e provocatorio di questo tema a cui Luttazzi non manca di dedicare una buona fetta di spettacolo, ma devo confessare che spero sempre che ogni battuta sia l'ultima, il tema è inflazionato e l'ennesima battuta sul cazzo grosso o piccolo non fa più granché ridere (
«ho ricevuto un'email da una spettatrice: "Daniele, quando hai chiesto alle ragazze in sala se per loro contano le dimensioni ho risposto no. In realtà ti ho mentito, cioè, per me non contano, ma per la mia vagina sì»).
Esaurito l'intermezzo porno-satirico, è la volta della destra. Con attenzione (per non beccarsi ulteriori querele), ma una grinta che a volte sconfina nella ferocia, il comico massacra la destra. Lo fa togliendosi non pochi sassi dalle scarpe, a partire da chi lo boicottò ai tempi di Satyrycon, come il neo ministro Landolfi, Mentana, Pionati, Mimum e tanti altri. Lo scoppolone più pesante è per Dell'Utri, di cui ricorda la famosa dichiarazione
«Luttazzi è un imbecille», cui fa seguire l'elenco inquietante di condanne per reati gravissimi per concludere con un sonoro "vaffanculo" liberatorio, che raccoglie un applauso lunghissimo.
A seguire, una serie straordinaria di aneddoti sulle gesta di Berlusconi e dei suoi complici, talmente clamorose a sentirle tutte assieme che non c'è bisogno di commentarle per fare della satira. E a proposito di satira, Luttazzi cita il commento idiota di Landolfi quando lo fece cacciare (
«La satira deve deformare, non informare») per ricordare che in realtà
«la satira deforma, informa, insomma, fa quel cazzo che viuole».
In sintesi: una struttura di spettacolo ormai nota, con una spinta in più sul personale che mostra un Luttazzi più incazzato e forse per questo più vero. Nulla di nuovo per chi legge assiduamente la poca stampa libera e i libri di Travaglio, ma un lavoro importante per dare un punto di vista diverso a chi vive appiccicato alla TV e pensa che Mentana sia un professionista epurato a causa della sua obiettività o ritiene "Le iene" una trasmissione di sinistra.
L'incazzatura è però abbastanza bi-partisan: una delle ultime battute dello spettacolo riguarda la differenza tra sinistra (che crede nella "partecipazione") e destra (che vuole "controllo"), differenza talmente ovvia che ormai l'hanno capito tutti, tranne Claudio Velardi.
Pubblico caldissimo e giovanissimo, un mezzo migliaio di nuovi milanesi che a giudicare dalle mani spellate per gli applausi, nel 2006 non voteranno Berlusconi.
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