Amnistia, domande al ministro
di GERARDO D'AMBROSIO
In una intervista a Repubblica il ministro Castelli, commentando il duplice omicidio di recente scoperto e attribuito ad Angelo Izzo, già condannato all'ergastolo per i noti efferati fatti del Circeo, ha affermato che chi ha invocato e invoca ancora l'amnistia dovrebbe pensarci, perché la sicurezza dei cittadini e delle persone oneste viene prima di ogni altra cosa.
Non riesco assolutamente a comprendere cosa abbia a che vedere la vicenda di Angelo Izzo con l'amnistia. Angelo Izzo, sempre che sia lui il duplice omicida, dopo trent'anni di carcere fruiva della liberazione condizionale, beneficio che viene concesso dal Tribunale di Sorveglianza, del quale fanno parte, oltre che magistrati, esperti di vario tipo tra cui certamente un professore di criminologia. Era sottoposto pertanto alla libertà vigilata, al controllo cioè da parte dell'autorità di pubblica sicurezza, perché osservasse le prescrizioni impostegli dallo stesso Tribunale. Tra l'altro dopo cinque anni dalla pronuncia del provvedimento, se non fosse incorso in violazioni tali da importare la revoca del beneficio, Izzo sarebbe tornato a essere un libero cittadino, in quanto, trascorso detto periodo, per legge, non solo la pena ma anche la misura di sicurezza si estinguono. Se Angelo Izzo risulterà colpevole degli omicidi attribuitigli significherà solamente che la nostra organizzazione penitenziaria non possiede alcuna seria e concreta organizzazione per verificare il “ravvedimento” di delinquenti di particolare natura, quali quelli che commettono delitti a sfondo sessuale contro le persone, o comunque significherà che il giudizio espresso dal Tribunale di Sorveglianza era errato.
Il problema dell'amnistia è evidentemente legato a ragioni completamente diverse e che si possono riassumere: a) nel sovraffollamento delle carceri, i detenuti sono oltre 56.000 a fronte dei 30.000 posti disponibili; b) nelle conseguenti terribili condizioni di vita dei detenuti che finiscono con l'esasperare l'effetto punitivo della pena, in contrasto con il precetto costituzionale secondo cui “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Intendiamoci, sono stato e sono contrario a provvedimenti di clemenza perché sono pannicelli caldi anzi tiepidi che non risolvono e non possono risolvere i problemi carcerari né i problemi della durata eccessiva del processo penale. Tutti sanno che dopo pochi mesi le carceri sarebbero di nuovo sovraffollate, perché detti provvedimenti, facendo venir meno uno degli effetti più importanti di prevenzione della legge penale, l'ineluttabilità della pena, avrebbero un effetto criminogeno. Tutti sanno che il carico di lavoro dei magistrati si ridurrebbe solo per pochissimo tempo e che parte di quel tempo sarebbe necessario a pronunciare i provvedimenti di proscioglimento o di scarcerazione conseguenti all'applicazione dei benefici.
Va però detto a chiare lettere che la maggioranza di centro destra di questa XIV legislatura, non ha fatto nulla, assolutamente nulla, né per evitare il sovraffollamento delle carceri né per scoraggiare la criminalità che negli ultimi anni, con una chiara inversione di tendenza, è vistosamente aumentata.
Come ben messo in evidenza dal progetto di riforma del Codice Penale, predisposto dalla Commissione presieduta dal prof. Grosso nella precedente legislatura, occorreva innanzitutto non riservare la funzione di repressione solo al diritto penale, affidandosi alla carcerazione come unica soluzione. Occorreva ridurre gli illeciti penali e privilegiare più l'effetto dissuasivo che l'effetto punitivo delle sanzioni. Occorreva insomma trovare soluzioni alternative al carcere.
Una delle soluzioni, ad esempio, sarebbe potuta essere quella di affidare a comunità terapeutiche gestite dallo Stato (considerato che molte di queste già ricevono congrui contributi da parte di enti pubblici) i tossicodipendenti condannati per delitti diversi da quelli contro la persona o da quello di appartenenza ad associazioni criminali dedite allo spaccio. Questi condannati rappresentano infatti oltre il 30% della popolazione carceraria.
Altra soluzione sarebbe potuta essere quella di sostituire il carcere per i delitti colposi, carcere che peraltro non viene mai scontato per la concessione della sospensione condizionale della pena, con altre sanzioni non carcerarie ma effettive, che avrebbero certamente maggior effetto dissuasivo.
Il governo ha preferito invece affidarsi alla formulazione di un nuovo codice penale di cui, dopo quattro anni, non si sa nulla se non che amplierà i termini della legittima difesa e dell'uso legittimo delle armi.
Nulla ha fatto poi questa maggioranza per tentare una riduzione dei tempi di definizione dei processi penali, che hanno raggiunto limiti ormai assolutamente intollerabili per uno stato civile e democratico, riduzione che avrebbe un effetto altamente dissuasivo sulla criminalità ed un effetto altamente positivo sulla credibilità della giustizia.
Ha preferito infatti spendere tempo ed energie per l'approvazione di leggi che non potevano portare alcun beneficio alla collettività, quali quelle sulle rogatorie, sul falso in bilancio, sulla remissione per legittimo sospetto, sulla immunità delle più alte cariche dello Stato o che tendevano a limitare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, quale quella sull'ordinamento giudiziario che, non a caso è stata rinviata al Parlamento dal Capo dello Stato, per avervi ravvisato ben quattro punti di evidente contrasto con norme costituzionali.
Né ha infine pensato di destinare risorse per rendere più spedita l'applicazione di misure alternative al carcere e per aiutare i condannati a reinserirsi nel tessuto sociale, rinforzando i servizi sociali e stabilendo proficui rapporti tra questi ed il mondo del lavoro.
Forse sarebbe opportuno che il ministro chiarisse, innanzitutto a se stesso, quali sono le misure alternative all'amnistia che intende adottare e quali sono le risorse economiche che è riuscito a reperire per attuarle.
Mah, è molto probabile che mi stia rincoglionendo, ma non riesco più a capire certe figure sociali (in questo caso il giudice istruttore). Capisco benissimo che siamo in campagna elettorale, ma 'sti discorsi io li sento dai tempi del governo Rumor, con Gava a Grazia e Giustizia...