D’Alema, il vero e il falso
Caro Direttore,
un normale elettore del centro sinistra che avesse assistito al dibattito dell'altro ieri sul programma dell'Unione avrebbe avuto più di un motivo per apprezzarne la qualità e la varietà. Al cinema Adriano di Roma si è parlato molto di politica estera, di organizzazioni internazionali, di terrorismo, di Europa e di Stati Uniti. I leader che sono intervenuti hanno posto l'accento su problemi di vasta portata, ciascuno con la sensibilità e l'angolazione sua propria. La manifestazione aveva un profilo aperto, di discussione e di ricerca, e rifletteva molti pregi e difetti della sinistra italiana quando parla di cose internazionali. Il tono generale era forse un po' troppo freddo (si trattava dopotutto di un evento politico, dove un po' di “drive” è sempre necessario), ma era un confronto su temi complessi tra esperti e politici di professione.
Ero tra i presenti ed ho trovato molti spunti stimolanti, suscettibili di trasformarsi in grandi argomenti di proposta alla società italiana, una volta sviluppati e fatti propri dall'Ulivo. Ma che cosa ho letto sui giornali del giorno dopo? Tutti i riformisti avevano la giacca e la cravatta. Il nuovo corso dalemiano. Follini plaude alla svolta di D'Alema. Il rientro di D'Alema e l'inseguimento di Rutelli. L'accordo di D'Alema con i neocon sull'uso della forza per esportare la democrazia. Mai più Kosovo. D'Alema propone di restare in Iraq e noi non ci caschiamo. Qualcuno si chiede se D'Alema vuole fare il ministro degli esteri. Prodi scavalca a sinistra sia Amato che D'Alema. Fassino critica la proposta di D'Alema di una iniziativa dei paesi fondatori dell'Europa. E così via.
Il circo politico-mediatico italiano ha stravolto l'evento dell'Adriano fino al grottesco, trasformandolo in una girandola di pettegolezzi, illazioni e fesserie che danneggia cittadini e lettori che hanno diritto ad un minimo di informazione seria su ciò che accade nel mondo politico.
Non voglio gettare la croce sui soli giornalisti. Se, ad esempio, i deputati presenti in Transatlantico nelle stesse ore del Convegno non si fossero precipitati, come d'abitudine, a commentare improbabili dichiarazioni altrui al solo scopo di dimostrare la propria esistenza, il danno si sarebbe ridotto.
L'aspetto paradossale della questione è che le potenziali notizie generate dai discorsi di maggiore interesse svoltisi all'Adriano sono state taciute, e le non-notizie o le scemenze vere e proprie hanno preso il sopravvento.
Per restare a D'Alema, ad esempio, la cosa sicuramente meno nuova del suo intervento - l'affermazione (scontata per un leader democratico) che è talvolta necessario l'uso della forza per garantire la democrazia ed i diritti, e che ciò deve avvenire secondo il diritto internazionale - è diventata la notizia principale. Mentre le sue proposte di una Italia che si pone alla testa di un'alleanza di paesi per un progetto di riforma del sistema internazionale, e di una Europa che costruisce una sua politica e forza di intervento autonome dall'hard power americano, sono passate inosservate.
E poi. Non sono stati fatti che pochi accenni al Kosovo, e il riferimento alla necessità dell'uso della forza che è circolato durante l'incontro si adattava semmai alle ben diverse situazioni del Rwanda e di Srebrenica. Dove la vigliaccheria e l'impotenza di chi era autorizzato ad usare la forza ha determinato due tra le maggiori catastrofi umanitarie del Novecento.
Infine, nel corso dell'incontro non c'è stata alcuna particolare animosità contro il pacifismo né contro la cosiddetta sinistra radicale perché non ce n'era ragione, né Prodi ha detto nulla di sconvolgente quando ha affermato per la centesima volta che la guerra in Iraq è stato un grande errore americano. Eccetera.
Spero di vedere l'Unità prendere sempre più distanza da questo andazzo. Sarebbe il migliore regalo ai suoi lettori.
Cari saluti
Pino Arlacchi
In sostanza mi stai dicendo che la mia incazzatura di ieri (era solo un acconto, mi ripromettevo di scriverne appena avuto un attimo a disposizione) era ingiustificata?
Ne sarei estremamente sollevato.
A me era sembrata un'enormità ed ero sorpreso di come non avesse suscitato numerose e forti reazioni.
Non so, io sono incazzato uguale. Ho solo voluto proporre una lettura diversa e autorevole dell'episodio. Non avendo ascoltato l'intervento, non mi pronuncio più di tanto. Ma certo le citazioni che Arlacchi considera "significative" (tra cui l'idea di esportare democrazia a cannonate) restano e (per quanto mi riguarda) pesano come macigni.
Prima capire, poi parlare. Salvo
por favori posso avéri il numéro o il email del Proféssor Pino Arlacchi grazia.