Non metto in dubbio che ognuno abbia i suoi problemi: c'è chi ha i cazzi sul lavoro, chi non regge più il/la consorte, chi vorrebbe farsi il/la collega, chi se lo/la fa nello sgabuzzino, chi brucia il manoscritto del romanzo perché non trova un editore. Tutto legittimo, tutto noto, tutto sotto controllo (ovvero: se uno se la mena per queste cose qua, vuol dire che non ha problemi seri, tipo dormire sotto i ponti, avere la fame arretrata, il cancro, l'aids, eccetera). Il problema nasce quando (1) qualcuno fa (tenta di fare)
un film su queste vicende che dire banali è fargli un complimento e (2) per una ragione qualunque si finisce a vederlo.
Si sprecano così due ore di vita a seguire i movimenti inconsulti di quattro idioti (due uomini e due donne, quindi un cast
politically correct) che sembrano non avere altro da fare nella vita che piangersi addosso, scoparsi a coppia incrociata, ripiangersi, riscoparsi, prendersi e lasciarsi.
Due commenti su questa indegnità che qualcuno si ostina a chiamare film: (1) la nostra cosiddetta "civiltà" occidentale è davvero caduta in basso, se un docente universitario più o meno quarantenne medita di buttarsi nel fiume coi figli solo perché preferisce scopare con la moglie dell'amico, anziché con la moglie sua e (2) forse il regista vuole suggerire tra le righe la soluzione a tutti questi pseudo-problemi: tutti i protagonisti per tre anni con Gino Strada in Iraq a raccogliere bambini distrutti dalle bombe "amiche".
A margine: la regia è un casotto saltabeccante, la fotografia squallida, il doppiaggio fa schifo, gli atori sono mediamente scadenti (ma comunque la cosa meno peggio di tutta la faccenda, soprattutto
Laura Dern, molto credibile nella parte della moglie anoressica-isterica-caotica, probabilmente è così davvero).
Da evitare, anche perché alla quarta inquadratura stretta su un pelo di barba si rischia di diventare come i protagonisti e meditare il salto nel fiume per la disperazione.