Castro inchioda Cuba al tempo della censura
di Maurizio Chierici
Il gioco del silenzio non paga. La censura ha fatto il miracolo. La riunione di un gruppo di dissidenti che il regime voleva seppellire in un incontro carbonaro, è diventata la notizia appetitosa di ogni giornale e dei notiziari Tv. I parlamentari d'Europa respinti all'aeroporto, e i quattro giornalisti stranieri fermati, interrogati e rimandati a casa col timbro di ospiti indesiderati, nutrono la protesta in Europa, ed è solo l'inizio di una campagna (meritata) che avvelenerà l'immagine di Cuba chissà per quanto. Senza contare che la barba di Fidel diventa pretesto per infiammare polemiche interne nei Paesi disposti a strappare l'Avana dall'isolamento seguito alle condanne a morte di due anni fa. Gli embarghi sfiniscono milioni di inconsapevoli. Induriscono gli scontri senza toccare gli affari. Appena arrivato a Madrid dopo l'epulsione, Arnold Vaatz, deputato del Cdu tedesco, ha subito rilanciato la guerra santa per dare una mano ai popolari dell'ex Aznar: «I rappresentanti della società civile cubana sono disperati per la tolleranza di Zapatero verso il regime. Fare da ponte tra l'Europa e Cuba vuol dire incrementare il terrore e l'arbitrarietà». Confessa di non avere immaginato questa marcia pubblicitariamente trionfale quando ha preso l'aereo per l'Avana. Dopo le fucilazioni del 2003, anche la delusione di Eduardo Galeano, scrittore delle «Vene aperte dell'America Latina» esprimeva delusione e disperazione per il pugno sbagliato del regime: «Gran belle notizie per il superpotere universale».
La censura resta l'anacronismo che inchioda Cuba al passato della dominazione sovietica. Giornali, radio e televisioni ogni mattina leggono bollettini identici perfino nelle virgole. Ogni mattina i cubani si svegliano con le parole di chi li informa della loro fortuna: abitano il paese più libero e più felice del mondo. Ed ogni mattina radioMartì e TeleMarti da Miami fanno sapere alle stesse persone della sciagura di vivere nel socialismo più disperato. Il Granma di oggi conferma la notizia di Stato, sfuggendo la realtà. Cinque titoli sul discorso e le rivelazioni di Castro: «Duro golpe alla perfidia e alla fellonia dell'imperialismo», rivelazioni sugli accordi 1998 tra Castro e Clinton. E lettere appassionate da chi è emigrato negli Stati Uniti e vive nel rimpianto: «Dio ti benedica Fidel». Neanche una riga sul piccolo terremoto.
Fino a qualche tempo fa la censura era riuscita a ridurre a bisbigli le voci degli scontenti. È cominciata quando ancora non era passato un anno dalla vittoria della rivoluzione. I giornalisti dell'Avana di allora chiedono e ottengono di poter chiarire «con note redazionali» flash e servizi delle agenzie straniere che diffondono false notizie e insinuazioni insidiose. Una specie di post scriptum: «cotilla». Cominciano le trafile di una burocrazia complicata ma in fondo efficace. Se i correttori di bozze scoprono informazioni discutibili, avvisano la direzione la quale convoca il Comitato di Libertà presente in ogni testata. Discutono come chiarire la notizia al lettore. Interventi che si allargano alle decisioni pratiche del governo: su salari, riforme, la nuova disciplina del lavoro. Piano, piano le «cotillas» diventano più lunghe del testo ufficiale. Comincia il malumore dei politici. Alcuni direttori rifiutano di pubblicarle fino a quando nel maggio del '60 la Federazione dei Giornalisti decide «spontaneamente» di considerare decaduta questa necessità. Molti quotidiani hanno chiuso o cambiato nome. Qualche mese dopo nasce Granma, organo ufficiale del partito: oggi giornale unico, salvo piccole testate. La paura di un intervento Usa stava angosciando il paese: la Coubre, nave carica di aiuti mandati dall'Europa, salta in aria appena attracca, 220 morti. L'invasione respinta nella Baia dei Porci fa capire che solo «l'unione di tutti nella voce di Fidel può salvarci dal ritorno del colonialismo». Poi arriva Mosca e gli strateghi di Praga: la censura diventa un dogma. Ma sono passati 40 anni e l'informazione elettronica ha cambiato metodi e canali del comunicare. Impossibile fermare le voci, eppure nell'Avana 2005 nessuno se ne è accorto.
Ecco che il piccolo gruppo di dissidenti della Società Civile di Cuba fa passare in ogni giornale (anche italiano) l'annuncio dell'evento storico: il primo congresso libero all'Avana. Il governo lo permette e il mondo deve sapere. James Mason invita nell'ufficio d'affari americano dell'Avana,Maria Beatriz Roque, economista che è stata arrestata e ha conosciuto la prigione il solo nome di una certa notorietà. Col ritratto di Bush alle spalle viene intervistata da una Tv di Miami, e il suo invito alle autorità del mondo di assistere all'incontro arriva ovunque: «Cuba sta crollando, è urgente salvarla». L'ho ricevuto anch'io. Non è vero che sia il primo congresso di dissidenti. Osvaldo Payà e il suo movimento cattolico hanno presentato il progetto Varela (disegna la democrazia del bipartitismo a Cuba) all'università dell'Avana alla presenza di Jimmy Carter, due anni fa. Manuel Cuesta Morùa - intellettuale quarantenne di colore - ha riunito i simpatizzanti della Corrente Socialista Cubana, due anni fa, all'Avana al ritorno di un viaggio in Italia (ospite dei Ds) e un giro d' Europa.
La sola raccomandazione del regime è stata: «Non vogliamo chiassate per strada». Sia Morùa che Menoyo Gutierrez (altro dissidente che ha combattuto in montagna con Castro e Guevara), soprattutto Osvaldo Payà si sono rifiutati di partecipare all'incontro di Maria Beatriz Roque «ritenendolo - parole di Payà - una provocazione organizzata da Castro». Payà vuole disegnare il futuro dell'isola impedendo interessi esterni: «Dobbiamo trovare un accordo noi che viviamo qui», mentre la Roque e gli altri sono sponsorizzati dal grande vicino. Non per caso l'incontro è cominciato con un discorso registrato di Bush: ha promesso di appoggiarli nella lotta alla libertà. Perfino Elisardo Sanchez, leader storico e svillaneggiato della dissidenza, ha prudentemente preso le distanze. Ma anche una minoranza estremista ha diritto ad esprimere ciò che deve dire. Soprattutto farlo sapere. Invece messaggi che non avrebbero retto alle polemiche dei movimenti democratici cubani, sono stati distribuiti al mondo dalla censura. Dispiace per l'andata e ritorno a mani vuote di Battistini del Corriere, forse un sacrificio che cambia qualcosa.
boh...forse esagero, ma stavolta sono un po' deluso dal tuo comportamento alberto. conoscendoti tramite questo spazio negli ultimi mesi, non mi sarei mai aspettato un'omissione di questo tipo; e parlo di omissione in quanto mi risulta difficile credere che non ti sia accorto di questo trambusto, o che tu non abbia reputato come fatto degno di nota questo tipo di violazione. Ti costa davvero troppo scrivere qualcosa che possa ledere, anche minimamente, l'immagine di cuba?
Sembri mia madre che ogni volta che vado a trovarla mi accoglie dicendo "non ti fai mai vedere".
sul confuso 'giornalista' si possono leggere dei precedenti qui:
http://www.ilcircolo.net/lia/000772.php
:-)
nessuno si augura che cuba ritorni il bordello americano a cielo aperto di batista. che la rivoluzione dei barbudos sia stata cosa buona e giusta è un giudizio storico che condivido e sottoscrivo. ma che dalla caduta dell'unione sovietica a oggi fidel sia l'esatto opposto di quello che lui stesso diceva di voler combattere sin dai primi momenti della cacciata degli americani, mi sembra così ovvio che davvero non riesco più a mandar giù una sinistra che imperterrita continua a negare il problema. Con tutti i distinguo possibili, ma oggi il signor fidel castro è un dittatore. assomigliasse a woody allen di "bananas" almeno. no, neanche questo. se chiudiamo gli occhi davanti a lui si rendiamo complici dei suoi stessi misfatti. il popolo cubano ha un tremendo desiderio di altro. non se lo merita?
ho scritto: "che dalla caduta dell'unione sovietica a oggi fidel sia l'esatto opposto di quello che lui stesso diceva di voler combattere sin dai primi momenti della cacciata degli americani..."
Ovviamente intendevo che dalla fine dell'Urss a oggi fidel sia diventato quel simbolo di potere quello che lui stesso ha detto da sempre di voler combattere.
La foga di scrittura e la non rilettura mi ha aftto dire una cosa diversa.
Simone, Corrado: se vogliamo parlare a fondo del caso Cuba bene, ma prepariamoci a fare notte, perchè non penso sia affrontabile in due parole. Se il punto è invece di eccitarsi per qualche non notizia e sentirsi in dovere di fare pubbliche dichiarazioni è una cosa qualitativamente diversa: soprattutto non lo si pretende dagli altri.
ciao
che il potere cubano sbagli quasi tutto non ci piove. che poi permetta le telenovelas americane e non le informazioni libere dimostra che ha imboccato la via della dissoluzione. ma senza rivoluzione cuba sarebbe haiti e' pure vero.
denunciamo pure fidel (e' cosa giusta), ma ricordiamoci del mostro trujillo e degli altri messi dagli usa nei caraibi. francamente non c'e' paragone.
"nessuno si augura che cuba ritorni il bordello americano a cielo aperto di batista".
Nessuno se lo augura forse perchè lo è già: con la differenza che oggi, oltre alle donne, battono anche i fanciulli. Il turismo sessuale è tornato ad essere la prima risorsa del paese, i dollari degli stranieri fanno molta gola. Alla faccia del marxismo e della rivoluzione che dava dignità...
..e dello sporco embargo che riduce tutti alla fame...
I dstinguo della peculiarità cubana non devono però frenare la valutazione e la condanna prescisa e ferma della mancanza di democrazia e libertà di quel popolo. Che, nella sua massima espressione, di Fidel castro non ne vuole più sentire parlare. E non perché un Emilio Fede americano fa propaganda pro Bush. No, per motivi molto più radicati nella loro realtà. Io mi auguro che il tiranno cada. E che cada presto. Per un cambiamento che parta dall'interno e senza finanziamenti o pressioni americane (questo sì, come spiegava bene Chierici, è un distinguo da fare). Antonio, non ragiono con la pancia e non mi "eccitano" le notizie su Cuba. Solo che "il fattore Cuba", e il modo con cui viene affrontato pubblicamente, è una spia per capire la sinistra. A Claudio: purtroppoi bambini venivano sodomizzati anche sotto batista. Per il resto hai ragione: quella schifezza che è il turismo sessuale avviene alla faccia dei valori del marxismo e della dignità umana. Ma forse anche per Fidel pecunia non olet.
francamente mi auguro che cada prima la cricca statunitense. e' infinitamente (INFINITAMENTE) piu' pericolosa, non solo per il suo popolo, ma per le sorti del mondo intero.
la cricca statunitense può cadere per volere del suo popolo. E, nel 2000, senza un patto coi demcratici, non sarebbe mai salita al potere (vedere "Farenheit" di Moore, anche solo i primi dieci minuti).
Fidel non può cadere per volere del suo popolo.
Intendiamoci: il turismo sessuale avviene anche in altri stati, molto più democratici di cuba.
Il problema è: Castro proponeva un modello di società basato su ben precisi valori. Ma in realtà era un vassallo dell'URSS. Crollata quest'ultima, lui è sprofondato nella m....
Poichè il suo progetto è fallito, dovrebbe prenderne atto e andarsene. Se il suo modello di stato non regge al pur bastardo embargo USA, e uil suo popolo muore di fame, capisca che ha fallito, e se ne vada. Il giorno che Castro lascia, l'embargo finisce. Evidentemente ritiene la sua fame di potere più importante della fame del suo popolo. Oggi Castro sopravvive a sè stesso. Va pure a messa. Che s'ha da fà pe' campà....
tonii: come ti spieghi che centinaia di migliaia di cubani hanno rischiato la vita per fuggire dal paradiso cubano e approdare nello stato della infinitamente pericolosa cricca? C'è gente che se li va proprio a cercare i casini, eh?
la faziosita' di claudio e' spaventosa: come fa a mettermi in bocca termini come 'paradiso'? devo diventare io un comunista ai tuoi occhi solo perche' non mi unisco al coro di jene che ululano a quanto e' cattivo fidel senza fiatare su quanto e' successo e succede in tutto il continente? chi ha promosso e promuove da sempre il terrorismo e le stragi in sudamerica?? forse fidel?!?!?!?!
vuoi poi basare una teoria politica su quei babbioni che, convinti dalle telenovele statunitensi, si mettono sulle balse per finire a lavare i piatti per qualche mafioso di miami? bel sogno americano realizzato.
corrado: il volere del popolo statunitense non vale una cicca. quello che conta e' il volere di quei pochissimi che hanno in mano tutto.
a Tonii: minimizzare un problema perché ne esistono altri maggiori è un modo consueto per mandare tutto in vacca. Ma intellettualmente scadente. La volontà del popolo statunitense eccome se vale. La democrazia americana non sarà la migliore democrazia sul pianeta e la tanta pubblicizzata libertà è sempre più spesso un mito. Ma la voce del popolo quando si leva riesce ancora a cambiare le cose.
tonii: ho citato il termine 'paradiso' non perchè lo avessi usato tu, ma sarcasticamente nei confronti di tutti i Gianni Minà del mondo che passano la vita ad incensare Cuba chiudendo gli occhi di fronte alla realtà. Se poi tu non sei fra questi, se poi tu condanni Cuba (dalle tue parole appariva il contrario) meglio per te.
Io non ti ho dato del "comunista": se poi per te essere considerato anche solo potenzialmente e fra le righe un comunista diventa un insulto, affari tuoi.
Mi dai del fazioso: ma non è che i tuoi giudizi sugli USA rivelino grande equilibrio...
I lavapiatti di Miami non tornano a Cuba: Evidentemente meglio lavapiatti a Miami(lavoro che, come tutti, ha comunque una sua dignità) che fare la fame o vendere il culo a Cuba.
Se poi vogliamo parlare dei difetti dell'america, sono pronto con te a questa discussione, e su molte cose magari siamo pure d'accordo, ma non me ne servo per giustificare il castrismo
- "il popolo ha fame"
- "diamogli un po' di democrazia"
interessante: "la cricca statunitense può cadere per volere del suo popolo". Manca il disegnino per illustrare meglio il meccanismo ;-).
Gli americani votano forse per eleggere i rappresentanti delle lobby? Votano per eleggere i capi delle multinazionali? Votano per i vari Kissinger? E per Murdoch... ? NO!
Eppure sono loro che, oltre a governare l'America, governano il mondo intero, Cuba e Italia comprese. E allora, quando un Castro o un Chavez qualsiasi fanno a meno di adeguarsi, ecco che si ritrovano con lo zerbino arrotolato e, per evitare di inciamparci, si trovano "costretti" a srotolarlo con qualsiasi mezzo.
con ciò non voglio dire che Castro è la giustizia personificata (i suoi affarucci se li guarda e se qualcuno si mette di traverso certo non ha vita facile e a farne le spese, come spesso accade, è il popolo bue) ma che dubito di tutto: le grandi cose del mondo non potremo mai vederle con i nostri occhi e nascondono tali incalcolabili interessi che solo per puro caso le informazioni che ci passano (che chiunque ci passa) possono coincidere con la realtà
non c'è bisogno di nessun disegnino. ma un segno vicino al nome del candidato presidente. un sistema che resiste a tutte le zoppie della storia (elezioni americane 2000 docent. ma "docet" anche la frettolosa ritirata dei democratici, fino a ora mai studiata a fondo, fatta salva l'attenzione di M. Moore in farenheit). Un sistema che i cubani non conoscono ancora. e che non conosceranno mai finché castro sarà al potere. dal 1991 Castro ha in mano una carta fenomenale per mettere a tacere l'America e il suo antistorico embargo. ma più passa il tempo, più penso che questo embargo non sia poi così sgradito al lider maximo. Soprattutto in considerazione della lunga lista di imprenditori europei a cui del Cuban Democracy Act e dei suoi fratelli legislativi non fa un baffo. Microimprenditori (qualche medio) certo, ma che in qualche modo sostengono economicamente il governo de l'Avana. Lo stesso Fidel non ha mai fatto dell'embargo una lotta con cui coinvolgere l'intero mondo (l'Onu ha votato almeno 11 volte contro l'embargo). Se volesse veramente riuscirebbe a farselo cancellare in ben poco tempo. pensiero non mio. Ma di un tale chiamato Jimmy Carter, che solo la miopia ideologica della destra e una certa supponenza di sinistra continua a etichettare come l'ex presidente che produceva noccioline.
Nei commenti, paradossalmente, si è persa di vista la notizia da commentare che NON è la situazione cubana (con annessi e connessi) sulla quale si è discusso più volte e ognuno rimane fermamente ancorato alle proprie convinzioni, di derivazione soprattutto ideologica: la notizia "scandalosa", sbattuta in prima pagina dai giornali, dai telegiornali e dalle agenzie, è l'espulsione proditoria (?) dei due giornalisti italiani. Il fatto è che i due eroici inviati stavano lavorando "clandestinamente", essendo in possesso del solo visto turistico, buono per fare i bagni e visitare l'Avana. Domanda: qualcuno sa quale trattamento è riservato, sulla base della normativa in vigore, agli extracomunitari che in Italia si fanno beccare in situazione analoga (al lavoro con visto turistico ?). Toglietevi lo sfizio di informarvi e forse scoprirete che esiste un gradino superiore al "trattamento rude".
Eccolo di nuovo: altrove si fa peggio, quindi meglio così. Tanto Repubblica quanto il Corriere della Sera avevano dato pubblicità dell'invio dei due giornalisti col solo visto turistico. Perché era praticamente impossibile ottenere un visto professionale per il periodo in cui si teneva la riunione dei dissidenti. Era l'unico modo per andare a Cuba. E il lavoro dei due inviati era semplicemente assistere alloa riunione e poi dalla camera del loro albergo mandare un file ai rispettivi giornali. E ricordo che le espulsioni non hanno riguardato solo due giornalisti italiani. Peraltro, se il miope governo dell'Avana avesse evitato questa ulteriore figuraccia, non sarebbe stato poi così vilipeso dall'articolo pubblicato ieri su Repubblica, attento a specificare che quella riunione sapeva tanto di "made in Usa", avversata comuqnue da numerosi altri dissidenti che non hanno legami con Miami. Ma si sa, il Potere è spesso masochista e questo è un caso. E' vero, olaf, il problema non è quello della situazione cubana nelal sua interezza. Ma del bilanciamento tra sopravvivenza di una vecchia, elefantiaca classe dirigente con la sostanza del credo politico che la sostiene. E negare di nuovo il diritto di libera manifestazione del pensiero (come punire l'omosessualità o la poesia ermetica, tanto per citare due altri casi che se non avessero creato così tanta sofferenza non potrebbero che suscitarci ilarità) è l'ennesima sconfitta di quel sepolcro imbiancato che si chiama Fidel Castro.
Con tutto il rispetto, caro corrado ori tanzi, già, eccolo di nuovo: perchè polemizzare con ciò che NON si è scritto piuttosto che confrontarsi con l'unica vera domanda che ponevo ? Riassumo: 1-volutamente avevo evitato di riferirmi alla situazione cubana (fra l'altro su alcune tue affermazioni posso tranquillamente concordare) semplicemente perchè volevo attirare l'attenzione sul fatto che in qualsiasi altro democraticissimo paese del mondo chi infrange le leggi sull'immigrazione riceve un trattamento non dissimile (forse peggiore) da quello riservato ai giornalisti espulsi da Cuba;
2-non era possibile avere altro visto, ergo, nel tuo sillogismo, pare che ciò renda lecito violare le leggi del paese ospitante: permettimi di non essere d'accordo;
3-in fondo, poi, cosa volevano fare ? Assistere "semplicemente" alla riunione e successivamente, dalla camera d'albergo "mandare un file ai rispettivi giornali": scusa, sbaglio o questo è "semplicemente", esattamente, il lavoro dei giornalisti ?
Antonio, la mia era solo una provocazione al buon Biraghi che ci ha abituati fin troppo bene...figurati che la mattina appena accendo il pc, prima di visitare le pagine di Corriere e Repubblica, vengo a dare un'occhiata qui. semplicemente mi era sembrato curioso che non avesse speso una parolina una su questa faccenda, tutto qui. lungi da me voler pretendere qualcosa da chi ha le sue idee e i suoi impegni e ha il diritto di gestire lo spazio che gli appartiene come più gli aggrada.
sono d'accordissimo con tonii che dice che la cricca statunitense sia molto più pericolosa di quella cubana per le sorti del mondo intero; ma visto che di due pericoli si tratta, uno su scala nazionale e uno su scala globale, e visto che su bush e soci avremo speso diversi Giga di parole, mi sembrava interessante spendere qualche misero KB sugli accadimenti dei giorni scorsi a cuba, accadimenti che sono un'ulteriore prova lampante che la vita sull'isola non è così semplice come qualcuno ci vorrebbe far credere (mi riferisco anche al fantomatico congresso dei finti dissidenti anticastristi, che solo per il fatto di aver ottenuto un'autorizzazione dal regime, vuol dire che così dissidenti non lo sono affatto). sinceramente quando mi si viene a parlare di "efficienza del sistema sanitario" in un paese non democratico, dove non c'è alternanza, dove non c'è neanche una parvenza di libera informazione, dove di notte i militari del regime hanno il diritto di entrarti arbitrariamente dentro casa a vedere di che colore hai il pigiama, dove la popolazione deve sopportare il peso di un embargo che fa comodo solo a Fidel...mi viene solo da ridere.
come mi viene da ridere quando si parla di sviluppo in cina...sviluppo calcolato in base al solo PIL, lasciando volontariamente da parte un numero infinito di altri indicatori sociali.
il problema, caro olaf, è che i giornalisti dovrebbero avere la possibilità di entrare a Cuba come tali e non essere costretti a soggiornare sotto mentite spoglie, non trovi?? oppure vogliamo ritornare a parlare di positivismo giuridico??
vaffanculo alla becera legge di cuba, vaffanculo ad ogni tipo di regime che mortifica la libertà di espressione...e tu mi vieni a parlare di rispetto della legge in un paese in cui il bene più prezioso, il più elementare e inalienabile diritto dell'uomo, la libertà, viene continuamente calpestato e ignorato in nome della sopravvivenza e della continuità del sistema? i presupposti che legittimino un governo e il rispetto delle leggi che quel governo emana, a cuba non ci sono.
...Viene da pensare a...ai "treni che arrivavano in orario"...ops! No, è una battuta, non sono realtà paragonabili...però spesso le argomentazioni difensive non sono così dissimili, quando si tratta di difendere un regime. Che non può essere difeso per definizione
(il che non vuol dire non riconoscerne i meriti)
olaf, credo di essermi confrontato con il tuo quesito, anche perchè io stesso ho proposto questo argomento. E ho spiegato il perché di quel visto turistico e di come sia stato miope mandare a casa l'inviata di repubblica. Quando vado in inghilterra per scrivere un pezzo non chiedo alcun visto professionale e così quando sono a barcellona piuttosto che a rottenburg. In usa la situazione è leggermente più complicata ma puoi benissimo andare là per i fatti toui e poi mandare a chiunque tu voglia un articolo su ogni scibile umano contenente le idee che vuoi. A Cuba questo non lo puoi fare, tutto qui. Sono contro il giornalismo embedded. Quello voluto da Bush sull'Iraq ad esempio. un altro esempio: quello voluto da Castro su tutto.
A Cuba la sanità funziona perfettamente. D'altronde durante il fascismo i treni arrivavano in orario, ed Hitler era un grande costruttore di autostrade...ogni regime ha il suo fiore all'occhiello!
Per quanto riguarda la faccenda dei giornalisti, io la vedo così: Castro permette minime forme di dissenso interno come l'Asemblea, per darsi una parvenza di democrazia, ma guai se dei giornalisti raccontano al mondo cos'è Cuba oggi.
E poi, espellere uno di Repubblica: suvvia, non si trattano così i compagni... :-)
oppi, cavolo, mi hai bruciato sul tempo la battuta :-)
VIVA la revoluciòn anticastrista!!!!
Così, giusto per dare un contributo...
"L'anomalia del mondo. Appunti sparsi di ritorno da Cuba"
di Wu Ming 4, luglio 2004
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/anomalia_cuba.html
"Cosa può saperne uno yanqui.
Postfazione al libro di Patrick Symmes 'Sulle orme del Che. Un viaggio in moto alla ricerca del giovane Guevara', trad. di Wu Ming 1, Einaudi Stile Libero, ottobre 2002
di Wu Ming 1
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/postfazione_symmes.html
allora, posto che tra di noi non ci sono barbudos ne' terzomondisti che sperano che una rivoluzione fatta altrove possa cambiare la nostra situazione...
perche' tutto questo clamore contro cuba?
forse che il re assolutista e pluriomicida (vi ricordate come ha sistemato la famiglia?) del nepal e' meno pericoloso per il suo popolo?
forse che la condizione delle classi povere nel resto del sudamerica e dei caraibi e' migliore? o di molto peggiore?
forse che cuba minaccia altri paesi come fanno gli usa?
sono situazioni oggettivamente ben piu' gravi. perche' allora cuba?
non e' semplicemente che agli usa sta sulle palle non poter andare al casino' e al casino dell'Avana come ai vecchi tempi quando la mafia comandava? e che pertanto organizza campagne anticubane con la stessa solerzia con cui negli anni 50 e 60 addestrava in colorado i contadini dell'ambdo per paracadutarli pieni di armi in cina? e in questa campagna usa tutti i mezzi, in primis il controllo delle campagne di propaganda martellanti?
non possiamo semplicemente non essere complici di una dittatura, ma nel contempo metterla in prospettiva?
sui cubani che vanno negli usa: anche gli ebrei dopo la distruzione del tempio emigrarono a roma. ma non per questo qualcuno disse che roma era moralmente migliore o avesse fatto bene a trasformare in macerie la citta' santa...
Su uno dei link segnalati da Roberto si legge un messaggio di Fidel a George Bush:
(«Signor Bush), lei sicuramente sa che negli Stati Uniti ci sono 44 milioni di cittadini che non dispongono di assicurazione sanitaria, che in due anni 82 milioni di statunitensi hanno dovuto fare a meno in qualche momento di tale assicurazione non potendo pagare il colossale prezzo dei servizi sanitari essenziali. Un calcolo approssimativo indica che per questo motivo negli Stati Uniti molte decine di migliaia di vite vanno perdute, forse trenta o quaranta volte in più dei morti nelle Torri Gemelle. Qualcuno dovrebbe fare i calcoli precisi. Nel breve periodo di cinque anni, Cuba è disposta a salvare la vita a tremila cittadini statunitensi poveri. Oggi è perfettamente possibile prevedere ed evitare un infarto che potrebbe essere mortale, e risolvere malattie che conducono inevitabilmente alla morte. Tremila statunitensi potrebbero venire nel nostro paese con un famigliare che li accompagni e ricevere cure in modo assolutamente gratuito.»
Ora la domanda che mi/vi faccio - non per essere provocatorio, tantomeno retorico o demagogico, ma perché ci si rifletta tutti - è: conta di più il diritto al dissenso o il diritto alla salute? E' meglio essere curati gratuitamente o morire all'addiaccio col permesso di gridare indisturbati "governo ladro"?
Personalmente non saprei cosa scegliere.
grazie Alberto
anzi, grazie Roberto
meglio essere curati bene e poter gridare governo ladro. Nel nordeuropa è realtà. Sanità non certo gratuita, ma se non sei un benestante non è affatto una tragedia, hai tanti di quei salvagenti che vieni curato (in tempo e bene). Lì tutti pagano le tasse e (cosa orribile!) chi ha una barca di danari paga una barca di quatrini.
Ma il problema resta alla radice: possiamo sostenere un sistema politico che nega il dissenso, nega la libertà, nega il cambio dell'autorità. Io, da sinistra, continuo a dire di no. Se non accetto Bush da un lato, non accetto Fidel dall'altro. E preferisco essere malaticcio ma libero.
Sottoscrivo in pieno
per quanto si possa, da qui, scivolare facilmente in retorica
Io non mi pongo la questione.