Mille di questi inchini
di Marco Travaglio
I lettori facilmente impressionabili si mettano comodi, perchè la notizia è di quelle forti: Porta a Porta compie mille puntate. Qualcuno dirà: «Solo mille? Pensavo 50 mila». Le avrà, le 50 mila. Perchè l'insetto, all'alba dei 61 anni, è come il peperone con la bagna caoda: torna sempre su. Anzi, per la verità, non va mai giù. Bastava guardarlo ieri sera, tutto contento di aver trovato un nuovo infanticidio con cui rimpiazzare la saga di Cogne. La sua collezione di nei sberluccicava come la luminaria di Santa Rosalia.
Oggi, per il millesimo anniversario, serata antologica con le migliori gag: Bellachioma e il contratto con gl'italiani, D'Alema e il risotto, la telefonata del Papa, Prodi in bici, Amato che gioca a tennis con Panatta. Per motivi di tempo, mancheranno altri capolavori della carriera vespiana. Come l'annuncio nel 1969 dalla questura di Milano: «Il colpevole di piazza Fontana è Pietro Valpreda!». O la mitica corrispondenza dalla stazione di Bologna dopo la strage del 1980, quando parlò per ore dell'esplosione delle cucine di un ristorante, e solo la sera ventilò, ma «con estrema cautela», l'ipotesi bomba. O l'intervista sottobraccio a Forlani, l'«editore di riferimento» indagato, nel parco della di lui villa. Pezzi di grande televisione.
Poi ci sono i libri. L'Erodoto d'Abruzzo racconta da anni la storia d'Italia alla sua maniera: sempre dalla parte del più forte. Il fatto è che col bipolarismo il più forte varia di frequente. Ma lui, con agili balzi, riesce sempre a piazzarsi al posto giusto. L' ultima biografia non autorizzata («Vespaio», ed. Kaos) riporta alcuni scampoli della sua tumida prosa alle prese con Antonio Di Pietro nel 1992-'93, quando pareva che vincessero i giudici. L'insetto, ovviamente, stava con Di Pietro. «Le inchieste Mani Pulite - scriveva in "Telecamera con vista" - documentano un sistema di corruzione e di arroganza superiore a ogni attesa. Sono state queste rivelazioni,quasi sempre confortate da prove indiscutibili, a dare al sistema la spallata finale». Poi, con lingua felpata, pittava Di Pietro: «Lo immagino al telefono, i denti bianchissimi e regolari sulla faccia scura. La faccia scura delle mie parti. Di Pietro molisano, io abruzzese... Lo guardo e, nonostante l'accento, mi richiama terre familiari, mi sento emozionato... Mangiare la pastasciutta con lui mi fa un certo effetto. Anche se Di Pietro usa il cucchiaio per arrotolare meglio, come faceva mio padre. Anche se si annoda il tovagliolo al collo perchè deve continuare gli interrogatori dopo pranzo e non vuole farli con le macchie di sugo sulla camicia...Mi sento emozionato fin da quando formo la prima volta il suo numero di telefono... La voce di Di Pietro è diversa, non ancora indurita dalla stanchezza... Sono talmente confuso che riesco a perdermi ... Per dire in tv il mio “Viva Di Pietro” aspetto una settimana... Di Pietro è molto sereno. Finora non ha sbagliato un colpo. Il suo segreto è “colpire e affondare”...».
Il Robespierre del Gran Sasso è, all'epoca, un giustizialista sfegatato: «Dc, Psi, Psdi, Pli, Pri, Pci-Pds, seppure con gradi molto diversi di responsabilità, hanno avallato per lunghi anni il sistema delle tangenti come fonte regolare di finanziamento... Lo scandalo Tangentopoli è stato enorme e ha dato un colpo decisivo a un sistema barcollante. Ma non faremo molta strada se ciascuno di noi non penserà a quello che avrebbe potuto fare e non ha fatto».
Due anni dopo, l'aria è già girata: vincono gli imputati. L'insetto si traveste prontamente da flebo e si prostra al capezzale di Francesco de Lorenzo che fa il moribondo per colpa dei giudici (il ministro della Malasanità guarirà presto: poco dopo verrà sorpreso a banchettare a quattro palmenti ai «Due ladroni»).
Ora l'insetto galleggiante sostiene sul Corriere di essere il più «imparziale» e «equidistante» di tutti. E' sincero. Purtroppo ignora il significato di imparziale e equidistante. Si vanta di esser «amico» dei politici che intervista, «da Bossi a Bertinotti». Spiega che lui propone i giornalisti «e i politici, di destra come di sinistra, dicono sì e no. Nella stessa percentuale». Scelgono loro. Lui li sente colleghi: frequenta i loro stessi salotti, fa la loro stessa vita, li ama.
Ciò che farebbe vergognare un giornalista vero, per lui è una medaglia. Ciò che farebbe licenziare un giornalista vero, per lui fa punteggio.
La posizione fetale, per lui, è quella genuflessa. Se gli dicessero che ha la schiena dritta, lui darebbe querela: è nato curvo.