Una follia allegorica, un lunapark di effetti speciali, braccia che si torcono come elastici, proiettili bloccati con due dita, salti tra le nuvole.
Eppure, Kung Fusion (titolo originale Kung Fu Hustle, per una volta incredibilmente meno brillante di quello italiano) è tutt'altro che una puttanata estiva. Diretto e interpretato da
Stephen Chow (espertissimo mestierante dei film d'azione di Hong Kong, diventato famoso in occidente con
Shaolin Soccer), prende in giro con garbo genere e argomento, ma senza venir meno a un profondo rispetto per quel mondo e per i suoi miti (in particolare
Bruce Lee, che Chow cita continuamente nei gesti, nelle espressioni, nell'abbigliamento).
La storia è quella solita, un grande esperto di kung fu che per una qualche ragione non detta ha dimenticato le sue capacità e vive di espedienti. da qui si dipana una storia di buoni e cattivi che è solo una scusa per divertire e stupire lo spettatore, compreso quello occidentalea cui manca il background culturale per comprendere citazioni e riferimenti.
L'uso delle tecnologie digitali consente di superare i limiti classici dei "wuxiapian", in cui salti e pirolette sono realizzati meccanicamente. Qui si vola in cielo, si rimbalza cadendo terra, si arrotolano braccia e colli come fossero di gomma, si deformano lasre d'acciaio prendendole a pugni.
Ma al di là della spettacolarità, ci sono (incredibilmente) anche alcuni contenuti interessanti, tra cui l'omaggio alla donna cinese: solida, tenace, determinata, coerente.
Una nota non di disappunto, ma di autentico e profondo fastidio, per l'imbecille che ha deciso di doppiare dei cinesi mettendo loro in bocca un illogico accento siculo. Non c'è fine al peggio che il movie business italiano propina ai suoi spettatori. Irreggibile anche il sito ufficiale in Flash, che non funziona. Troppo scarna la pagina di
Imdb.
Citazione per tre interpreti molto diverse tra loro, che impersonano tre esperti di kung fu a riposo che coraggiosamente affrontano i "cattivi" per primi, per difendere il villaggio.
Yuen Wah, uno dei più noti stuntman di Hong Kong, che nel lontano 1972 commise l'errore di ordinare a Briuce lee di camminare a quattro zampe, come un cane, nel film
Fist of Fury (Dalla Cina con furore).
Chiu Chi Ling (nella foto più consona con i pantaloni gialli, invece che con le mutande rosse che indossa nel film), estroverso maestro di boxe cinese erede di un ramo cadetto della
famiglia Hung, nella quale ho l'onore di di far parte della
discendenza diretta.
Terzo e ultimo,
Bruce Leung, bravissimo nelle scene d'azione, vecchia gloria dei film minori, di cui si erano perse le tracce e che ritorna dopo oltre 20 anni (in realtà per durare poco, perché è il primo a fare una fine tanto triste quanto spettacolare).
Da vedere, ma solo se si entra nel cinema con l'intento di cercare di capire un mondo magico, che benché doppiato in siciliano, resta comunque difficilmente comprensibile dagli occidentali.