«I giornali sul referendum non hanno capito nulla»
Il direttore di «Libero» non usa mezzi termini. «I giornalisti non sanno più cosa sia un lettore»
di Roberto Cotroneo
Ma è proprio vero che i veri sconfitti di questo referendum sono stati i mezzi di informazione? Lo dicono in molti ormai: chi a bassa voce e a denti stretti, chi in modo aperto. L'altro giorno sull’Unità il direttore di "Repubblica" Ezio Mauro ha capovolto questa tesi, sostenendo che è la politica a non essere più in grado di intercettare le idee. Oggi parla il direttore di "Libero" Vittorio Feltri. Un uomo che ha sempre inseguito il lato più popolare dei suoi lettori. Uno che ha sempre pensato di capire quello che con un termine abusato chiamiamo il paese reale.
Feltri, cosa dici, non abbiamo capito niente?
"No, non abbiamo capito niente, siamo completamente fuori. Ma completamente".
Ma perché?
"Perché ci parliamo tra di noi. I giornalisti quando scrivono un articolo non pensano al loro pubblico. Poi ciascuno ha il suo target, ma non siamo capaci neanche di metterci in sintonia con i nostri. Io ho visto tante volte colleghi molto bravi che non sono preoccupati di farsi capire. Sono preoccupati di non farsi criticare dal vicino di scrivania, o dal collega dell'altro giornale".
Vuoi dire che il giornalismo non è abbastanza popolare?
"Guarda che il giornalismo deve essere popolare per definizione. Io mi sono letto nella scorsa settimana gli articoli di Piero Ostellino, che è un amico, al quale sono legato da sentimenti di gratitudine perché mi ha ripreso al "Corriere della sera", ho letto Giovanni Sartori, ma insomma francamente mi veniva voglia di astenermi. Questo è alla base del fenomeno di incomprensione tra noi e quelli che ci dovrebbero comprare".
Hai la sensazione che il lettore tipo del tuo giornale ti sfugga un po'?
"Sì questo sì, certo, è difficile essere in sintonia con tutti. Io credo di poter essere accusato di molte cose, meno di non riuscire a essere diretto con i lettori. Allora io dico: sì anche io ho delle difficoltà, però probabilmente, tra tutti quelli che si occupano di informazione sono tra i pochi che il problema lo sente meno, e in parte almeno lo ha risolto".
Ma tu avresti immaginato un'astensione così forte?
"No".
E questo è già un segnale di non sintonia. Tutti i dibattiti, tutte le trasmissioni, tutte le polemiche, gli editoriali, in realtà interessavano meno di un quarto del paese?
"Però non mi stupisce. Fintanto che la Margherita non si era chiamata fuori pensavo a una affluenza attorno al 40 per cento. Però poi quando la Margherita ha deciso di astenersi io pensavo che non si arrivava a più del 35".
Hai sbagliato di dieci punti, mica pochi.
"Eh lo so. La verità è che questo referendum era inutile. Ma perché è una materia che interessa poca gente. Con un linguaggio tra il burocratico e lo scientifico di difficile comprensione. Se vai a vedere la definizione di "eterologo" sul Devoto-Oli, nel dizionario della lingua italiana, non si capisce niente...".
Il giornalismo in questi anni è cambiato molto, una volta esistevano i cronisti che raccontavano all'incirca quello che vedevano, e andava bene così. Poi i giornali sono andati in direzione di un opinionismo sempre più marcato. E più aumentano gli opinionisti, ovvero quelli che dovrebbero capire il paese, meno si capisce niente. Come te la spieghi?
"Intanto la tradizione del giornalismo italiano è quella del giornalismo francese e spagnolo. Il nostro è un giornalismo che si riferisce più alle idee, che ai fatti. I quotidiani italiani sono nati per appoggiare idee, per appoggiare candidati, o per osteggiarli, non per il business della stampa. Da noi non è mai accaduto. I padroni dei giornali sono banchieri, imprenditori, costruttori...".
Va bene, non ci sono più gli editori puri. Ma non sarà un po' colpa dei giornalisti se non sanno restituire la realtà di un paese?
"L'editore puro non esiste e non è mai esistito. Ormai siamo arrivati a una degenerazione, a un opinionismo sfrenato che però è l'unica cosa che i lettori leggono. Se qualche anno fa chiedevi al geometra di Reggio Emilia qual era il giornalista più famoso d'Italia ti rispondeva: Montanelli. Montanelli era un opinionista, a lui dei fatti non gliene mai potuto importare di meno. E questo vale per tutti gli altri".
Fammi capire. Gli opinionisti non sanno leggere la realtà. Meglio i cronisti?
"Ma no dai. Da molto tempo i cronisti, quando scrivono un articolo, cercano di dargli un taglio che tutto sommato utilizza le interviste per dimostrare una tesi. E allora noi siamo fatti così. Tu rilasci una dichiarazione e io ne riporto una parte che è funzionale a quello che sto scrivendo, e basta".
Però c'è stato un tempo che questo paese si capiva meglio dai giornali. Come possono i media restituire un'immagine attendibile del nostro paese.
"Io ho visto che quotidiani come il "Corriere della sera" sul tema del referendum, hanno sempre fatto intervenire gli esperti, e gli esperti si rivolgono ad altri esperti. Non pensano di fare divulgazione o di spiegare. Nessuno si sforza di usare il linguaggio del bar. Da noi dire "il linguaggio del bar" pare una cosa volgarissima".
Beh, dai, i bar dalle nostre parti non sono proprio degli esempi di raffinatezza intellettuale.
"Perché, secondo te sono meglio gli ermetismi dalla sintassi sgangherata che abbiamo letto in queste settimane? Ha ragione Renato Mannheimer, la quota di indifferenza dell'elettorato andava capita. E i giornali non l'hanno capita".
Vuoi dire che manca la voglia di interpretare un paese.
"C'è una distanza anche fisica tra chi fa il nostro lavoro e il paese. Io l'ho sperimentato facendo l'inviato. La provincia italiana è distante mille anni luce rispetto alle metropoli, e i giornali ignorano tutto questo. Poi, sai, il nuovo diktat nei giornali è che i giornalisti non devono andare in giro. Dal nostro inviato su internet, per intenderci...".
E manca la capacità di guardare semplicemente quello che accade...
"Ma anche di fare una graduatoria di valori. Secondo te alla gente di "Porta a Porta" di Bruno Vespa gliene importa qualcosa? Lo vedono in due milioni e la notte. E stiamo tutti a parlare di Vespa, come fosse la finale dei mondiali di calcio. Ma dai su. E invece prendi un'altra cosa. Il matrimonio di Totti".
Cioè?
"A me del matrimonio di Totti non me ne importa assolutamente nulla, però Sky lo manda in diretta e in esclusiva. Vuol dire che Sky ha un occhio molto più attento e molto più efficace di quello di tutte le altre reti televisive".
E perché secondo te Sky vede l'evento di cronaca che altri non vedono?
"Perché ha meno pregiudizi. Il giornalismo italiano è malato in modo irreversibile dal cancro del pregiudizio. I giornalisti vogliono fare carriera dentro i giornali, e per farla guardano il mondo nell'ottica delle alleanze e del conformismo. Cosa pretendi che da tutto questo, ad esempio per questi referendum, uscisse qualche voce, idea, o visione originale?".
E cosa si può fare?
"Sono pessimista".
Quanto pessimista?
"Abbastanza, molto anzi. A nessuno gliene importa nulla dei giornali. E tutti si dimenticano che un giornale è un prodotto. Ma non lo puoi dire: i giornalisti se gli dici che fanno un prodotto si offendono, L'editore ti dice che a lui interessa vendere case, azioni o che ne so, e l'importante è che non ci perda troppi soldi. E nessuno fa un bel giornale".
Nemmeno tu?
"Se guardo il mio mi viene da vomitare".
Esagerato. Perché?
"Perché mi rendo conto che seguo delle categorie che dovrei abbandonare. Se vuoi fare un giornale diverso devi cambiare il modo di titolare all'interno, tutti facciamo gli stessi grafici, con gli stessi colorini. Mi rendo conto che è sbagliato, ma io non riesco più a inventarmi niente".
Solo tu?
"Secondo me nessuno sa più inventarsi niente".
Non sarebbe meglio guardare davvero le cose, e capirle, prima di inventarsi delle formule?
"Ma per capire, inventare e interpretare ci vuole tempo. Da troppi anni nel giornalismo il tempo è irrilevante. I direttori non lasciano il tempo per capire. Vogliono l'articolo subito. Vogliono tutto subito".
E i giornalisti?
"Non sanno più cosa sia un lettore".
Da dove si ricomincia?
"Bella domanda... proprio non lo so".
Sul fatto che Libero facesse vomitare non avevo dubbi.
Feltri avrà anche una "visione chiarissima", come dici tu, però con il suo giornale da voce e corpo alla peggior mentalità di destra razzista "da bar".
Cioè può darsi che, complice tv spazzatura, decadenza morale e civile dovuta al consumismo,
ignoranza, ecc. ecc. la gente sia effettivamente al livello che dice lui.
Però anche il giornalismo o la comunicazione non deve semplicemente portarsi a questi "bassi" livelli, cioè dar corpo agli istinti viscerali più bassi e più beceri.
In realtà si tratta di capire, e lo deve capire anche e soprattutto la sinistra, che bisogna abbandonare i troppi dibattiti tra intellettuali e "comunicare" con la gente.
Se, tanto per fare un es., siamo capaci di andare in piazza, nei quartieri e fare proposte di miglioramenti urbanistici, è possibile farlo anche orientando in una certa direzione, che ne so spazi verdi e parchi gioco, ciclabili e moderazione del traffico, ecc. ecc.
Non si tratta cioè di assecondare per forza il peggio, come fa Feltri, ma cercare di valorizzare il meglio.
Comunque è un dato di fatto. La stampa in Italia fa schifo. Se sei funzionale ai giochi politici e di potere ti danno spazio, altrimenti puoi anche portare migliaia di persone in piazza ma neppure ti considerano.
Tanto per fare un esempio che io e te ben conosciamo, Alberto, di certe iniziative rilevanti (qualitativamente o per partecipazione) di FIAB o Critical Mass .... su giornali e TV, silenzio aghiacciante. Se però dice una cazzata il tal cretino di turno (politico, attore, calciatore, ecc. ecc.) pagine intere sui giornali.
Magari non è l'esempio più azzeccato, ma anche il "movimento per la bici", ne suo variegato complesso, è una novità che si muove.
Altri movimenti lavorano e si muovono nel buio mediatico; cioè di quel che si muove nella società alla stampa/Tv/ecc. (anche a quella di sinistra) poco importa.
Il mio giudizio positivo sull'articolo deriva dal fatto che Feltri dà un'immagine perfettamente calzante dell'informazione. E trovo anche elegante il modo con cui si mette nel mucchio. Evidentemente non può arrivare ad autodenunciare il suo sostegno quotidiano all'Italia più becera, xenofoba, razzista e retrograda (anche perché lui è un po' così), ma è evidente che il suo grido di allarme contiene affermazioni totalmente condivisibili.
Prima tra tutte, la denuncia dello scadimento del giirnalismo, che ha abdicato alla sua missione di "scoprire la notizia e informare" per ridursi al ben più comodo e redditizio mestiere di "cassa di risonanza".
Il movimento per la bici è un esempio azzeccatissimo e io ne aggiungo un altro: le primarie giocose che raggiungi col banner la sopra. Nonostante numeri che cominciano a essere significativi, siamo stati "coperti" solo da Radio Popolare e Libero. Come la spieghi?
a prima vista sembrano lacrime di coccodrillo ma forse e` peggio. Quando parla di "non riesco più a inventarmi niente" mi fa venire in mente Marino "E' del poeta il fin la maraviglia".
la verità, caro alberto, è che il giornalismo è a questi livelli perchè alla ggente NON GLIENE FREGA UN CAZZO ASSOLUTO DI NIENTE!!! e non parlo di noi che riempiamo queste pagine e ancora ci incazziamo perchè Ruini ficca il naso dove non deve o perchè berlusconi dice che il PIL è giù perchè a pasquetta siamo andati a fare il pic-nic. la stragrande maggioranza delle persone non ha a cuore nessuna questione di pubblico dominio, perchè non arriva a capire che le questioni di pubblico dominio riguardano ogni singolo cazzo di uomo su questa terra, oppure è troppo pigra per accettarlo; interessarsi, informarsi, pensare, proporre, ADDIRITTURA AGIRE...hai idea di quanto siano faticose tutte queste cose per l'italiano medio??? ognuno guarda al SUO portafogli, alla SUA casa, alla SUA salute, ai SUOI affari, a prendere per SE' tutto e subito fottendosene del prossimo; ognuno si crea il SUO MICROCOSMO entro il quale operare...tutto quello che c'è fuori, che poi creerebbe i presupposti per far funzionere ogni singolo microcosmo, può anche morire...chissenefrega!! Tocqueville lo diceva duecento e passa anni fa qual'era il male della democrazia e delle passioni egualitarie...gli esseri umani si rifiutano di capirlo!!
perchè mai i giornalisti dovrebbero fare un prodotto migliore?? per chi?? chi lo leggerebbe questo prodotto migliore?? chi sarebbe in grado di capire che il prodotto è migliore e chi eventualmente apprezzerebbe un'informazione migliore e, magari, più seria e noiosa?? ma soprattutto, essendo i giornalisti uomini come tutti gli altri, la maggior parte di loro è accorta solo al proprio microcosmo sopracitato, come anche rilevava Feltri; perchè pretendere che loro siano diversi dalla ggente??
non è una questione di linguaggio o di difficoltà di comunicazione tra stampa e lettori, è una questione di indifferenza, di egoismo e di pigrizia; il motto è: quello che è di tutti o che interessa tutti, non è di nessuno e non interessa nessuno in particolare, quindi...sti cazzi!
ma dove vogliamo andare??!!
che la democrazia (nel senso pieno del termine: potere del popolo) sia dipendente dalla moralita' e dalla cultura - intesa come continua ricerca della conoscenza - non ci piove. e che il retto comportarsi sia dettato dall'educazione (in senso ampio) lo diceva tempo fa anche il buon confucio. a maggior ragione l'anarchia necessita di gente interessata, che si sbatte e che ha voglia di migliorare e rimettersi sempre in gioco.
con questa democrazia rappresentativa succede esattamente il contrario.
il problema e' sempre quello: dobbiamo forzare la mano politicamente o aspettare le masse che si educhino? essere come la Narodnaia Volia?
ora il problema e' reso piu' complesso dall'uso deliberatamente schiavistico dei mezzi di informazione, volti a conseguire la piena sudditanza consumistica e (soprattuto) valoriale di ombre di zombi, gia' cittadine/i. la battaglia e' anche e soprattutto linguistica.
se lasciamo fare saremo circondati dai prodotti subumani della defilippi e soci della p2. se ci diamo da fare siamo sempre a rischio repressione.
che fare? ogniun ci pensi colla propria testa. ma si sappia che fare come fa il feltri, cioe' mettersi al servizio del padrone e buttare la propria coscienza nello sterco, e' sicuramente la via milgiore per perdere la dignita' verso se stessi e da parte degli altri.
radersi avendo tutte le mattine il coraggio di guardarsi allo specchio. ricordatevi che cosa scriveva orwell.
i tempi sono cupi. ci vuole dignita'.
D'accordo con Tonii, un po' meno con Simone.
Ok la gente è "ipnotizzata" da tv e consumismo e se ne sbatte degli altri (nell'ordine: vicini di casa, quartiere, città, società, mondo .....).
Però se parli con le persone trovi veramente di tutto, anche molta gente che ha ancora voglia di un ambiente migliore, pulizia, giustizia sociale.
Magari non si impegna, magari è delusa e un po' addormentata, ma non sono "zombie", sono persone.
E poi io non mi reputo tra i "migliori", tra chi ha la verità in tasca ..... quindi credo sia necessario ascoltare anche chi la pensa in maniera opposta, vedere se si può trovare almeno dei punti di contatto.
Una certa "umiltà" forse sarebbe necessaria per aprire un dialogo con la gente. Umiltà non è rinunciare alle proprie idee, ma accettare di metterle al confronto, non limitarsi ad enunciarle. Ovviamente mantenendo quella sacrosanta dignità di cui parla Tonii.
Dignità e senso critico ma non disprezzo; d'altra parte occorre costruire dei "ponti" con tutti, non possiamo che ne so fare spaventosi sforzi (e talvolta pirolette verbali ed acrobazie culturali) per "aprirci all'islam" o ad altre culture (cosa che condivido, entro però un minimo di buonsenso, non condividendo chi pur di aprirsi giustifica anche gli aspetti più repressivi di questa o quella cultura) e poi evitare di dialogare con la nostra gente, per quanto profondo sia l'abisso in cui riteniamo che sia caduta (ma che poi è un abisso nel quale tutti noi siamo, più o meno, caduti).
Il problema quindi non è la gente, non sono le persone .... c'è un sistema che con i suoi mass media spara baggianate a raffica e nasconde o peggio criminalizza (o al contrario, se ci riesce, banalizza ed assimila nel sistema) ogni alternativa, dissenso, o "corpo estraneo" .....
Non è facile uscirne o capire cosa fare. Io, oltre al dialogo personale (lo ripeto con chiunque) credo che che ci siano ancora pochi altri spazi: internet, i movimenti, l'associazionismo, ecc. Al momento non vedo altro.
Ditemi voi se avete altre idee.
condivido.
solo un punto pero' commento.
il disperezzo che tu percepisci e' vero.
ma e' motivato.
non sono davanti a persone povere che non hanno mezzi per istruirsi. io sono circondato da persone ricche che spendono follie per vestiti (credo si tratti del 40% di economia in nero di cui parla il piduista) ma che esibiscono case brillantemente prive di libri.
e conosco, di contro, dei senza casa che frequentano abitualmente biblioteche.
concedimi il disprezzo per i primi e l'ammirazione per i secondi. :-)
anch'io, libri o non libri (mi sembra un discorso limitato ... bisogna anche vedere cosa leggi e cosa capisci), più che disprezzo provo noia e disinteresse verso certi stili di vita.
Per necessità lavorative o familiari frequento alcuni così, però mi si addormenta il cervello, mi prende l'abbiocco, mi metto a farfugliare tra me stesso, mi metto a dire banalità come "buon giorno, buona sera, bel tempo eh? non ci sono più le mezze stagioni".
L'ideale sarebbe, come dicevo, provare ad aprire un dialogo, qualche piccola discussione o provocazione.
Invece tu disprezzi e io dormo.
Evidentemente non siamo adeguati a provocare un cambiamento. ;-)
Mah. Secondo me i giornali potrebbero cominciare a pubblicare notizie. Allora la gente se li comprerebbe, e magari farebbe uno sforzo per capire anche un linguaggio più complesso di quello a cui li ha abituati il bar sotto casa o la televisione. Sono anni e annorum che non trovo notizie nei quotidiani, e quelle poche sono raffinate allusioni a cose che conoscono in tre, e capiscono solo quei tre. Di solito dietro c'e un velato ricatto, o un avviso a qualche potentato. Il resto è letteratura, o scopiazzatura da stampa estera e note di agenzia mai verificate. E' per questo che si vendono pochi giornali.Ci mettessero le notizie, vedrebbero come si impenna la tiratura, altro che gadget!