Mai più condoni
di Simone Collini
Onorevole Bersani, sembra che siamo di fronte al “caso” Zapatero. Dove il “caso” sarebbe che sta mantenendo tutte le promesse che aveva fatto in campagna elettorale.
«La Spagna ha due caratteristiche: capacità di sviluppare politiche di riforma e capacità di decisione. La prima ha come fondamento il fatto di essere stata l’ultimo Paese europeo che ha avuto una dittatura. L’uscita dal regime totalitario ha prodotto una spinta profonda al cambiamento. La capacità di decidere deriva dal tipo di sistema politico, molto aggregato e definito. Hanno grandi partiti con ampia capacità di sintesi, che quindi alleggeriscono le decisioni di governo da esigenze negoziali».
Secondo lei è possibile per il centrosinistra italiano costruire un programma di governo attorno ad alcuni punti chiari e poi attuarlo, come sta facendo il premier spagnolo?
«Il nostro vero vincolo è non avere un fulcro di massa critica sufficiente a determinare la sintesi, che funzioni da sponda e da spinta per il governo. E qui torniamo all’esigenza di fondo che Prodi ha posto, e alla quale dobbiamo dare una risposta. Ma detto questo, non vedo affatto l’impossibilità di essere netti e conseguenti».
Quali potrebbero essere, secondo lei, i punti su cui costruire il programma dell’Unione?
«Basta guardare quali sono le grandi priorità del nostro Paese, cioè le questioni economiche e sociali. Su queste dobbiamo pronunciare parole precise, tipo: mai più un condono, soldi dalla rendita alla produzione, ridistribuire verso chi ha meno, disboscare la giungla delle flessibilità e delle precarietà. Dopodiché, sui temi veramente complessi e articolati, bisogna mantenere le distanze dalle semplificazioni. Neanche Zapatero sul vero problema spagnolo, cioè i Paesi baschi e la possibile deriva autonomistica, ha mai pronunciato slogan facili o ha indicato decisioni univoche».
Perché i governi dell’Ulivo non sono riusciti ad apportare cambiamenti del peso di quelli attuati in Spagna?
«Non credo affatto che sia così. Quando nel ‘96 decidemmo di adottare l’euro, facemmo una scelta che per rilevanza era seconda solo a quella di Kohl. Senza contare, per fare un esempio, che prendemmo noi, allora, la decisione di abolire la leva obbligatoria. Il punto è che tutto ciò usciva con nettezza meno si era coalizionali e più si era progettuali. Coalizionali nel senso di pensare di mediare tra chi vuole rappresentare il nord e chi il sud, chi l’America e chi la Francia. Queste sono logiche che paralizzano. Se invece la logica è quella di un progetto condiviso, dove il punto di equilibrio viene trovato su un’idea di Paese, ognuno ci lascia qualcosa del suo, è evidente, però viene fuori un quadro netto».
peccato che bersani sia molto vicino alla compagnia delle opere...