Cinque idee per la Politica - Rigore morale/1
di Fabio Mussi
È bene non disperdere il significato dell’ordine del giorno «sul rigore morale» approvato - dopo le frasi di Fassino sul «ministerialismo» e sull’«ostentazione del potere», e dopo la presentazione di un documento firmato da Cesare Salvi, Giorgio Napolitano e dal sottoscritto - nel Consiglio Nazionale dei Ds. Approvato all’unanimità, e presumo che sia stato un voto consapevole.
L’ordine del giorno solleva le seguenti questioni:
1) la “moltiplicazione degli incarichi politici ed amministrativi” (anche in Regioni governate dal centrosinistra);
2) le dimensioni inaccettabili assunte dai “ costi impropri della politica”;
3) le “esasperazioni personalistiche della politica” e la “proliferazione di strutture funzionali ad essa” . Tutti elementi da cui deriva - cito ancora - “il rischio dell’emergere di una nuova questione morale”.
Qualche positivo effetto immediato c’è stato, come il congelamento delle nuove e numerose “commissioni speciali” previste (in pieno accordo tra maggioranza e opposizione) per esempio in Campania, o le proposte Ds di riduzione del numero delle Commissioni nella Regione Lazio. Ho visto comunque alcune reazioni alla presa di posizione del massimo organismo dei DS poco meditate, ed altre più attente e intelligenti, come quella di Vasco Errani su l’Unità del 20 luglio.
Vorrei dire però che la campana suona per tutti, non solo per le Regioni e i Governatori. La favola parla di noi, della nuova distorsione globale e crescente del sistema politico - istituzioni, partiti, rappresentanza. La questione è stata messa bene a fuoco in numerosi interventi (e vorrei citare in particolare quelli di Achille Occhetto e di Emanuele Macaluso).
Dopo la grande crisi dei primi anni 90, nel tumulto di inedite epifanie (come l’apparizione di partiti di proprietà personale quali Forza Italia e di neoleadership telecratiche come quella di Berlusconi), ci siamo avventurati in una terra di nessuno, fino agli inesplorati confini di un presidenzialismo duro e diffuso, di una estrema personalizzazione, di una esagerata professionalizzazione della politica. La possibilità, lungo questa via, che decadano i valori della partecipazione, e che i partiti si trasformino in agenzie di promozione di una nuova borghesia di Stato, che a sua volta poi tiene in pugno i partiti, di cui finisce per rappresentare la principale base sociale, è piuttosto elevato. Colpa del maggioritario? Forse no. Ma certamente le forme che il sistema ha assunto devono essere riviste, e alla svelta. Del resto ho trovato più di un riferimento a tale campo di questioni in recenti interventi di Romano Prodi. Sarebbe importante che l’Unione introducesse qualche punto fermo nel suo programma di governo. Un capitolo insomma sulla riforma della politica. Consapevoli tuttavia del fatto che, quando si sia dispersa un'etica pubblica alta e condivisa, e compromessi i conseguenti comportamenti, quando venga dimenticato che il cambiamento della società è prima di tutto una “riforma intellettuale e morale” (Gramsci), non c’è più intervento sulle leggi e sui regolamenti che serva a qualcosa.
Provo a formulare qualche proposta.
1)La riforma del titolo V della Costituzione, che approvammo in extremis, fallita la Bicamerale, alla fine della scorsa legislatura, premuti non senza ragione dai Presidenti di Regione che esigevano un nuovo quadro al quale attingere per i nuovi Statuti regionali, non fu sufficientemente meditata. Non me la prendo con nessuno: allora ero Capogruppo Ds alla Camera, e ne porto la corresponsabilità.
Parlo in particolare degli articoli 122 e 123, che affidano a ciascuna Regione pieni poteri in materia di legge elettorale e forma di Governo.
Non sarebbe però un attentato all’idea federalista e all’autonomia regionale, se invece la legge elettorale fosse ovunque la stessa, e se ci fosse una determinazione nazionale, sulla base del criterio oggettivo del rapporto con gli abitanti, per quanto riguarda il numero dei consiglieri e degli assessori.
2)Presidenzialismo e personalizzazione. Le elezioni dirette si sono moltiplicate. Temo che questo sistema trovi un punto di equilibrio migliore nei Paesi che sono Nazioni da molto tempo, e nei quali è prevalente l’etica protestante, con quello che ne consegue in termini di rapporti con lo Stato e con la cosa pubblica.
In Italia siamo esposti alle ricadute storiche come alle malattie virali. E il ritorno del notabilato e del trasformismo resuscita nel corpo dell’Italia moderna quella crispina e giolittiana.
Mi rendo conto che è irrealistica l’idea di tornare indietro dall'elezione diretta dei Sindaci, e dei Presidenti di Provincia e di Regione. E non lo propongo. Ma bisogna fortemente riabilitare il potere dei Consigli, e limitare la potenza degli “investiti direttamente dal popolo” con adeguati contrappesi. Questo si può fare.
3)Bisogna deprofessionalizzare una parte almeno di incarichi pubblici. Vi racconto un episodio: incontro una volta un ragazzo in procinto di laurearsi. « E dopo, cosa vuoi fare?» - gli chiedo come si usa fare. «Il consigliere di circoscrizione» - mi risponde il ragazzo. Non nascondo una certa meraviglia: «E perché proprio quello ?». Il ragazzo mi guarda come fossi tonto: «Perché si guadagna più di 1.000 euro, e resta il tempo di fare ciò che si vuole».
Ma per quale partito? Il ragazzo mi riguarda come se fossi tonto: «Per quello che mi candida, no?». Non desisto. «Di destra o di sinistra?». Nessuna risposta. La domanda viene ritenuta priva di senso.
Amaro apologo, che mi spinge a dire questo: riportiamo nella sfera del volontariato puro una parte significativa di incarichi elettivi, valorizzando al tempo stesso al massimo il volontariato che ancora si trova diffusamente nei partiti e nei movimenti. Quando si fanno i bilanci, appare evidente che le cose migliori della vita sono quelle fatte gratis.
4)Bisogna ridurre fortemente le indennità di carica . Di tutte le cariche. In un Paese in cui un numero crescente di giovani ha, quando ce l’ha, un lavoro precario con tempi e retribuzioni di tipo schiavistico, in cui un operaio e un lavoratore dipendente riceve spesso un salario sotto i mille euro (ma stanno poco sopra un insegnante o un ingegnere di prima assunzione in un’impresa, per fare solo due esempi), non è tollerabile che il campo del professionismo politico, ineliminabile in uno Stato moderno, sia un’area di speciale privilegio. Si cominci dalla testa, dalle indennità dei parlamentari. C’è una proposta di legge, prima firmataria l’on.le Buffo, che riduce di circa il 40% le voci del trattamento mensile monetario diretto dei deputati (indennità più diaria più rimborso spese per l'attività parlamentare). Propongo di intervenire subito qui, per scendere poi giù per li rami verso Regioni, Provincie, Comuni.
Naturalmente deve invece restare significativo il finanziamento pubblico dei partiti e della attività politica, in un Paese in cui usano “scendere in campo” i miliardari, e dove economia e politica non sono state e non stanno quasi mai in un rapporto sano.
5)La revisione dei trattamenti economici deve essere estesa agli enti pubblici le cui nomine dipendono dall’autorità politica e amministrativa. Capita di sentire cifre da capogiro. Aggiungo che occorre drasticamente ridurre i rapporti privati di collaborazione e i contratti CoCoPro nel pubblico impiego: si sono create reti esagerate di interessi, e rapporti di dipendenza e di fedeltà al Principe, che minacciano tra l'altro il principio costituzionale di terzietà della pubblica amministrazione.
In conclusione. Abbiamo visto i sintomi della malattia. Siamo in tempo per curarla. Enrico Berlinguer, nell’intervista sulla “questione morale” dell’81, indicò la luna. Molti allora osservarono il dito. Guardiamo invece la luna. Ci apprestiamo a governare il Paese, e la nostra responsabilità è grande.
"Ci apprestiamo a governare il Paese, e la nostra responsabilità è grande."
Noi nerazzurri alla fine di ogni estate abbiamo già vinto il campionato.
Vuoi vedere che l'interite è contagiosa?
Per quanto riguarda la campania:
"1) in cinque anni Bassolino ha più che dimezzato il numero di dirigenti regionali, passando da 925 a 423 unità, con un risparmio annuale "strutturale" di oltre 35 miliardi di lire all'anno.
-2) in cinque anni Bassolino ha firmato 3973 nomine, comprese quelle per Province, Comuni, IACP, ASL e comunità montane (quindi in media 775 per ogni anno di governo), contro le 9824 firmate in soli tre anni, dal '95 al '98, dalla giunta di centro destra (quindi in media 3275 per ogni anno di governo). In sostanza, le nomine firmate dagli uomini del fare (...o del malaffare?) viaggiavano ad una media del 322% più elevata di quella del komunista Bassolino...
-3) Le consulenze esterne della Regione Campania sono l'1,5% delle consulenze totali delle regioni italiane; per spesa per consulenze, la Campania è al 16mo posto fra le regioni, pur essendo la seconda regione per importanza..."
piu' che un commento, vorrei dire grazie a mussi, e grazie anche a sensi che ha provato a spalare via un po' di merda (hai scordato di citare la fonte, pero').
La fonte e' il Ministero dela Funzione Pubblica. La pubblicazione dei dati e' stata sollecitata dallo stesso Bassolino.