Alla ricerca dei musulmani del dialogo
di MARCELLA EMILIANI
Quando si discute di Islam moderato ieri ne ha scritto su queste colonne il professor Gaetano Quagliariello in genere ci si dimentica di chiarire che questa espressione è stata coniata in Occidente, o meglio in Europa, per indicare la stragrande maggioranza degli immigrati musulmani non collusi col terrorismo, danneggiati tanto quanto gli occidentali e/o europei dall'azione dei kamikaze o, tutt'al più, disinteressati al dibattito in merito. In Egitto o in Turchia, tanto per citare due dei paesi più colpiti di recente dagli attentati islamisti, a nessuno verrebbe in mente di distinguere tra Islam moderato e Islam radicale, in primo luogo perché la stragrande maggioranza della popolazione è musulmana, in secondo luogo perché gli ulema, cioè i dotti musulmani, discutono senza risparmiarsi su cosa debba intendersi per islamismo terrorista, se questo sia consono al messaggio coranico, se insomma quei kamikaze che immolano se stessi per conquistare il paradiso di Allah (nonché i “cattivi maestri” che li spingono al suicidio fortemente condannato dalla religione di Maometto) siano da considerarsi davvero jihadisti islamici, dunque santi martiri, o non piuttosto apostati che strumentalizzano l'Islam ai loro fini politici.
Limitiamoci dunque a circoscrivere il dibattito sul cosiddetto Islam moderato agli ambienti occidentali/europei in cui è nato e poniamoci correttamente l'interrogativo politico che lo ha generato: come dialogare con le comunità degli immigrati da paesi musulmani o, tanto per essere ancor più chiari, come dialogare con le comunità di immigrati in Italia? Fosse per me, la parola “Islam” non la tirerei neanche in ballo per diversi ordini di motivi:
1) perché, per quanto religione universale, l'Islam che si pratica in Algeria è diverso da quello egiziano e via dicendo. Esistono cioè tanti Islam e non è il rispetto dei 5 pilastri religiosi ad accomunare l'algerino e il marocchino o l'egiziano alle nostre latitudini. Certo, l'Islam è un linguaggio identitario specie quando si va a vivere in paesi non musulmani, ma ad accomunare gli immigrati sono piuttosto i bisogni e le difficoltà che le singole comunità nazionali incontrano quando arrivano in Europa e devono confrontarsi con la way of life francese, spagnola o italiana e i nostri codici di leggi, scritte e non scritte.
2) Perché all'interno delle comunità immigrate da paesi musulmani esistono moltissimi laici che non vogliono e non devono essere rappresentati da un’eventuale Consulta che venga chiamata islamica (moderata o meno, a questo punto non ha importanza).
Il problema dunque è dare alle comunità immigrate degli organi di rappresentanza in maniera che al loro interno si sviluppi un dibattito serio su cosa significhi il confronto con l'Europa/Occidente e lo si traduca poi in una linea politica negoziabile, nella fattispecie, con le autorità italiane. Questo non significa che l'Italia debba condividere eventuali richieste che neghino i suoi valori consolidati. Un solo esempio: una Asl italiana poco tempo fa si è sentita richiedere da una trepida madre proveniente dal Corno d'Africa di far operare di clitoridectomia la figlia poco più che decenne a spese dello Stato, nel nome delle tradizioni del paese d'origine. L'integrità fisica della persona è uno dei pilastri della nostra way of life, come lo è il rispetto per la donna. Il tutto per dire che la nostra democrazia ha delle regole fondamentali per la sua sopravvivenza e certo multiculturalismo o relativismo culturale potrebbe danneggiarla.
Tutto questo, come è ovvio, non metterebbe automaticamente l'Italia al riparo da attentati terroristici di matrice islamica (l'odio terrorista è questione di sette segrete) ma coinvolgerebbe in maniera responsabile e democratica le comunità di immigrati in un'opera di vigilanza e di democratizzazione “dal basso” che potrebbe risultare molto utile nella prevenzione di quelle tante cause socio-economiche che alimentano il terrorismo islamista in Europa.
La domanda è sempre senza risposta: con quale entità religiosa islamica bisogna dialogare per instaurare una relazione socio/culturale accettabile?
Trovo difficile dare una risposta, sopratutto perchè ignoro mente tutte le componenti religiose musulmane presenti in Italia.
Certo che se i "moderati" fanno capo a un certo Mohammed Sayed Tantawi, siamo a posto...
Se siete interessati al dibattito sui musulmani d'italia (moderati, laici, neo-fondamentalisti, ecc.) potete seguire il blog "http://www.bloggers.it/islamicamente". Grazie x consigli e contributi
Ali F.Schuetz, cell: 338.2906999