Confesso che ho fischiato
di Giuliano Giuliani
Martedì scorso ero a Bologna, nella piazza della stazione. Ho applaudito il discorso del rappresentante dei familiari delle Vittime, ho applaudito il messaggio del Presidente della Repubblica, ho applaudito il discorso del Sindaco di Bologna. Poi hanno dato la parola a un vicepresidente del consiglio dei ministri, e ho provato grandissima invidia per tutti coloro che, comprimendosi le labbra con il pollice e l'indice di una mano, sanno emettere sibili altissimi. Per fortuna mia, una ragazza mi aveva prestato un fischietto e ne ho fatto uso smodato, finché mi è rimasto fiato in gola.
Me ne assumo tutta la responsabilità (non è poco di questi tempi) e dichiaro che sono pronto a rifarlo. Cerco di spiegare perché.
Fin dall’antichità, nei teatri, nelle piazze, in ogni luogo aperto al pubblico, l’assenso e il dissenso si esplicitano con l’applauso e il fischio (il Devoto-Oli ci ricorda che negli Stati Uniti, dove spesso le cose vanno a rovescio, i fischi esprimono consenso).
E allora, dov'è lo scandalo? Nei confronti di un individuo arrogante, responsabile di una finanza distruttiva (altro che creativa) e degli autentici buchi nelle casse dello Stato (non quelli inventati per imbrogliare i cittadini), considero il fischio, inteso come innocua espressione di dissenso, un dovere civico (Haidi, la mamma di Carlo, dice giustamente che i fischi non sono pallottole, possono anche fare del bene).
Considero banale, assurda e fuori contesto l'osservazione della terza carica della repubblica e possibile sostituto dell'ex unto, secondo il quale i fischi in quella piazza sarebbero un'offesa alle vittime. Farebbe meglio a chiedersi come evitare le autentiche offese, in primo luogo l'impunità dei mandanti, ma anche le incredibili annuali dichiarazioni di rito (a proposito, non sarebbe il caso di porre qualche limite ai mandati a vita?). Ma mi è parso del tutto fuori luogo, perché persino stucchevole, il coro di disappunto per i fischi, quel rituale andato in onda la sera di martedì, con tutte le facce del panino, non solo quelle sguaiate della destra, tristi e compunte. Perché non è questione di educazione, né tantomeno di civiltà: quel coro ti trasmette l'idea di una casta di intoccabili, di una società politica che nei talk shaw può dirsi di tutto, continuando però a darsi del tu e a frequentare la stessa bouvette; che fa quadrato se il dissenso, nell'unico modo in cui può essere lecitamente espresso, lo esprimono i cittadini quando ne hanno l'occasione. A meno che anche nell'opposizione si sia fatta strada la convinzione che l'unico parere i cittadini lo possano dare ogni cinque anni (se va ancora bene). No, non va bene, meglio difendere, insieme ai pochi altri che ci restano, il diritto al fischio.